Francia: Violenze della polizia, razzismo e islamofobia: FACCIAMO FRONTE!
“Paris 1 mobilisée pour le retrait du projet de Loi Travail“
Giovedì 6 Ottobre, gli studenti e i professori dell’Università Paris 1 (Panthéon-Sorbonne, ndt) aprono le porte della sede di Tolbiac dove si terrà un incontro contro le violenze della polizia, il razzismo, l’islamofobia e la repressione.
Al dibattito, Assa Traoré, la sorella di Adama Traoré, deceduto lo scorso luglio, esempio del livello di repressione subita dai giovani delle periferie, che a volte portano alla morte; Sihame Assbague, del collettivo “Stop le contrôle au faciès” e organizzatrice del “Camp d’été décolonial”; Amal Bentounsi, del collettivo “Urgence Notre Police Assassine” e sorella di Amine Bentounsi, ucciso anche lui dalla polizia; Romain Altmann, sindalistica di info’com-CGT, sindacato che aveva risposto alla ondata di violenze della polizia durante il movimento contro la Loi Travail; un membro del collettivo a sostegno di Abdoulaye, studente di Paris 1 minacciato di espulsione in Guinea; Mickael Wamen,ex dipendente Goodyear, sindacalista della CGT, uno degli 8 lavoratori Goodyear condannati a due anni di detenzione di cui 9 mesi in carcere.
Un incontro, una prima scadenza, per riunirsi, mostrare la solidarietà e fare fronte unito, contro le violenze della polizia nei confronti dei giovani nei quartieri, contro la repressione sindacale e il pestaggio degli studenti universitari e liceali nelle manifestazioni, contro la repressione dei migranti. Un incontro per aprire un ampio fronte di difesa dei diritti democratici: per dire no al razzismo di Stato, alle violenze della polizia, lo stato di emergenza permanente, la militarizzazione dei quartieri e l’impunità della polizia!
Come far sentire la risposta più collettiva e ampia possibile nella situazione politica attuale, contraria all’escalation di impunità della polizia e di repressione? Una prima riunione in un luogo simbolo, una sede dell’Università de La Sorbona, simbolo del pensiero dominante, per dare voce a tutte e tutti coloro che sperimentano e hanno sperimentato la repressione, che denunciando, ogni giorno, alcuni dopo mesi e altri dopo anni, le brutalità della polizia, la violenza di Stato, e che sono consapevoli oggi che abbiamo bisogno di rilanciare l’idea che “siamo tutti preoccupati”.
Adama Traoré e Amine Bentounsi sono due giovani che sono stati uccisi dalla polizia, nei quartieri popolari, due persone assassinate da un sistema profondamente razzista e violento contro la popolazione di colore. Due casi di uccisioni da parte della polizia, tra i tanti – troppi – altri, che, come nel caso di Amine Bentounsi, restano impuniti. “Ripuliti” dalla giustizia, questi agenti dell’apparato repressivo dello Stato sono sempre più protetti, armati, ideologicamente addestrati per violentare, picchiare, pestare tutti quelli che sono indicati come “nemici”, dei “pericoli”, per l’ordine costituito. Mentre questa giustizia cancella gli “errori” della polizia, d’altra parte condanna sempre più pesantemente i giovani di periferia, studenti e sindacalisti che lottano per migliorare le loro condizioni di vita e quelle delle loro famiglie.
La scorsa primavera, molti di noi a cercare ciò che ci unisce, molti di noi a formulare la necessità di “un altro mondo” libero del dalla Loi Travail e del “suo mondo” fatto di ingiustizia, povertà, razzismo. Oggi siamo in grado di creare le condizioni affinché ciò che viene presentato, assimilato come un dato di fatto – la violenza sistematica, razzista, istituzionalizzata – può essere denunciata e respinta ampliamente in blocco. Per questo, abbiamo bisogno di rivelare quando lo Stato e la sua polizia uccidono un giovane di periferia, menano uno studente, ne randellano un altro, partono alla “caccia” ai migranti, condannano i sindacalisti, intervengono brutalmente contro picchetti, quando si sforzano di dispiegare un intero apparato repressivo che può essere utilizzato per caricare contemporaneamente in più luoghi, “siamo tutti preoccupati”. Tutte e tutti preoccupati, quando una grande parte della popolazione di colore, precaria, discriminata, che è particolarmente esposta, viene colpita. Reagire in modo sistematico al controllo su base razziale, all’armamento della polizia, agli arresti anti-Burkini, all’aggressione dei manifestanti contro la Loi Travail. Reagire, ovunque, quando “toccano un capello” di uno studente e di una persona di colore, di un lavoratore, di una donna. Noi dobbiamo capire chi sono i “nostri”, quale è la “nostra democrazia” e denunciare la “loro”, quella dello Stato di emergenza, l’impunità per la polizia, del razzismo di Stato, della repressione e e del 49.3 (l’articolo della Costituzione che permette al governo di bypassare la discussione parlamentare perchè una riforma diventi legge, ndt).
Il mese di ottobre è caratterizzato da numerosi appuntamenti. Il 6 Ottobre è il primo. Il primo per aprire uno spazio di discussione e di costruzione di un fronte unito intorno alla difesa dei nostri diritti democratici, alla fermezza più larga e profonda possibile del rifiuto di ogni forma di violenza di Stato, della polizia, tutti i giorni, permanente, istituzionalizzata, di coloro che rovinano la vita dei “nostri”.
Una scadenza che deve ratificare il nostro rifiuto per l’impunità della polizia, in modo che il grido di Ottobre “Siamo tutti preoccupati” sia più forte e non si lasci soffocare da quello di Novembre “Siamo tutti Charlie”. Ciò che può essere scoperto nel mese di Ottobre, la vera natura della polizia, non deve rimanere nascosto nel mese di novembre; c’è in gioco una presa di coscienza necessaria per le nostre lotte future!
Così gli studenti e gli oppressi, i giovani e le persone di colore delle periferie, i professori, i lavoratori, sindacalisti sono invitati ad incontrarsi giovedì 6 Ottobre a Tolbiac, affinchè la paura passi dall’altra parte.