La richiesta del pm nel processo per il famoso pestaggio di Marco Mattana
Sguardo di dolore e rabbia, volto tumefatto, occhio sinistro gonfio e sanguinante. La foto ha fatto il giro del mondo, triste testimonial delle violenze delle forze dell’ordine contro i manifestanti anti-G8 di Genova. Sette anni fa. Marco Mattana, il ragazzo di Ostia che quel 20 luglio 2001 offrì – suo malgrado – quello sguardo agli obiettivi dei fotografi, oggi ha 23 anni. Studia da sommelier, lavora nei ristoranti e da allora «non ne ha voluto più sapere di politica», dice il suo avvocato Mario Stagliano. Due anni e 3 mesi di reclusione ha chiesto la procura di Genova per uno dei poliziotti che conciarono Marco in quel modo: Alessandro Perugini, all’epoca vice capo della Digos di Genova, immortalato mentre sferra un calcio al volto del ragazzo già a terra.
Perugini, che nel frattempo ha fatto carriera (vice questore) come altri dirigenti delle forze dell’ordine imputati nei processi sui fatti di Genova, è accusato di lesioni personali aggravate. A Mattana ha offerto un risarcimento e per questo ieri la difesa del ragazzo ha ritirato la querela («Un buon gesto da parte sua», dice Stagliano). Ma in aula il vice questore ha continuato a respingere le accuse, negando l’evidenza, ribadendo di non aver colpito il ragazzo: «La violenza ha superato ogni previsione. Noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio…». Il pm Francesco Cardona Albini ha chiesto la stessa pena di 2 anni e tre mesi di reclusione per Antonio Del Giacco, all’epoca dei fatti ispettore capo della Digos di Genova, mentre 2 anni e 1 mese sono stati chiesti per il sovrintendente Sebastiano Pinzone, un anno e 8 mesi sia per l’agente scelto Enzo Raschellà che per l’assistente Luca Mantovani (Digos Padova). Sono imputati per falso, calunnia, abuso in atti d’ufficio (reati contestati anche allo stesso Perugini). Hanno accusato Mattana e altri cinque ragazzi poi arrestati in corso Barabino (lì dove è avvenuto il pestaggio di Marco) di aver lanciato sassi e bottiglie contro la polizia schierata in assetto anti-sommossa. «In realtà, i ragazzi stavano solo facendo un sit-in di fronte a un centinaio di poliziotti», precisa l’avvocato Emanuele Tambuscio, del Genoa Legal Forum. «Meno male che c’erano i filmati e le foto – dice Tambuscio – Senza quelle prove schiaccianti, questo sarebbe stato solo un processo contro i sei arrestati».A carico di Perugini e degli altri agenti, c’è un’intera sequenza fotografica, famosissima. Marco viene bloccato dagli agenti. Colpito, frana sull’asfalto. Tra i poliziotti presenti, spicca Perugini, in abiti civili e senza casco: rincorsa e calcio sul volto del ragazzo. Un primo piano di Marco riesce ad essere intercettato dai fotografi, prima del trasferimento alla caserma Bolzaneto. «Dove gli hanno puntato una pistola contro», continua Tambuscio. In caserma, Marco è uno dei tanti manifestanti fermati e torturati, insultati da poliziotti, agenti della penitenziaria. Quarantacinque di loro sono finiti alla sbarra, ma 30 sono stati assolti, 15 i condannati a un totale di 24 anni di reclusione (i pm avevano chiesto complessivamente 76 anni, 4 mesi e 20 giorni). E tra i 15 c’è anche Perugini, imputato anche nel processo Bolzaneto: per lui i pm avevano chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi. La sentenza – si ricorderà – è stata emessa a luglio e ha fatto molto discutere. Di certo, ha pesato e in negativo il fatto che in Italia non esista il reato di tortura, il fatto che il nostro paese non abbia mai adeguato il proprio codice penale alla convenzione dell’Onu contro la tortura, pur ratificata ben 20 anni fa, nel 1988. Da luglio si attende ancora che i giudici depositino le motivazioni di quella sentenza shock su Bolzaneto.«Il clima è cambiato e non solo a Genova, ma in tutt’Italia – ragiona l’avvocato Stagliano – E’ vero che la giustizia deve essere giusta e non esemplare, ma se oltre la metà degli imputati nel processo su Bolzaneto è stata assolta… Penso che non ci sia del buono da aspettarsi dai successivi gradi di giudizio, in questo e altri processi sui fatti del G8». Al di là del merito delle sentenze, l’unica nota positiva sta nel fatto che entro la fine dell’anno tutti i processi in corso arriveranno al primo grado di giudizio (tranne uno su quattro poliziotti imputati per un arresto ingiustificato in piazza Manin, altro punto nevralgico della protesta anti-G8). Oltre a quello di Bolzaneto, si è concluso (e male) il procedimento sull’omicidio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda: archiviato, gli imputati Mario Placanica e Filippo Cavatatio agirono per llegittima difesa, dicono i magistrati. Mentre al processo sul massacro alla scuola Diaz (29 imputati, tra cui dirigenti e alti vertici della polizia come Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore dello Sco e vice direttore dell’Ucigos) si attende che finiscano di parlare gli avvocati della difesa, la sentenza di primo grado dovrebbe essere emessa a novembre. Per il pestaggio di Mattana e i fatti di corso Barabino la prossima udienza è fissata per il 10 dicembre, parleranno gli avvocati dei poliziotti, la sentenza dovrebbe comunque arrivare entro la fine del 2008. Le varie tempistiche sono l’unica buona notizia. Perchè da Genova è passato del tempo e a gennaio 2009 scatta la prescrizione per molti dei reati contestati.
Perugini, che nel frattempo ha fatto carriera (vice questore) come altri dirigenti delle forze dell’ordine imputati nei processi sui fatti di Genova, è accusato di lesioni personali aggravate. A Mattana ha offerto un risarcimento e per questo ieri la difesa del ragazzo ha ritirato la querela («Un buon gesto da parte sua», dice Stagliano). Ma in aula il vice questore ha continuato a respingere le accuse, negando l’evidenza, ribadendo di non aver colpito il ragazzo: «La violenza ha superato ogni previsione. Noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio…». Il pm Francesco Cardona Albini ha chiesto la stessa pena di 2 anni e tre mesi di reclusione per Antonio Del Giacco, all’epoca dei fatti ispettore capo della Digos di Genova, mentre 2 anni e 1 mese sono stati chiesti per il sovrintendente Sebastiano Pinzone, un anno e 8 mesi sia per l’agente scelto Enzo Raschellà che per l’assistente Luca Mantovani (Digos Padova). Sono imputati per falso, calunnia, abuso in atti d’ufficio (reati contestati anche allo stesso Perugini). Hanno accusato Mattana e altri cinque ragazzi poi arrestati in corso Barabino (lì dove è avvenuto il pestaggio di Marco) di aver lanciato sassi e bottiglie contro la polizia schierata in assetto anti-sommossa. «In realtà, i ragazzi stavano solo facendo un sit-in di fronte a un centinaio di poliziotti», precisa l’avvocato Emanuele Tambuscio, del Genoa Legal Forum. «Meno male che c’erano i filmati e le foto – dice Tambuscio – Senza quelle prove schiaccianti, questo sarebbe stato solo un processo contro i sei arrestati».A carico di Perugini e degli altri agenti, c’è un’intera sequenza fotografica, famosissima. Marco viene bloccato dagli agenti. Colpito, frana sull’asfalto. Tra i poliziotti presenti, spicca Perugini, in abiti civili e senza casco: rincorsa e calcio sul volto del ragazzo. Un primo piano di Marco riesce ad essere intercettato dai fotografi, prima del trasferimento alla caserma Bolzaneto. «Dove gli hanno puntato una pistola contro», continua Tambuscio. In caserma, Marco è uno dei tanti manifestanti fermati e torturati, insultati da poliziotti, agenti della penitenziaria. Quarantacinque di loro sono finiti alla sbarra, ma 30 sono stati assolti, 15 i condannati a un totale di 24 anni di reclusione (i pm avevano chiesto complessivamente 76 anni, 4 mesi e 20 giorni). E tra i 15 c’è anche Perugini, imputato anche nel processo Bolzaneto: per lui i pm avevano chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi. La sentenza – si ricorderà – è stata emessa a luglio e ha fatto molto discutere. Di certo, ha pesato e in negativo il fatto che in Italia non esista il reato di tortura, il fatto che il nostro paese non abbia mai adeguato il proprio codice penale alla convenzione dell’Onu contro la tortura, pur ratificata ben 20 anni fa, nel 1988. Da luglio si attende ancora che i giudici depositino le motivazioni di quella sentenza shock su Bolzaneto.«Il clima è cambiato e non solo a Genova, ma in tutt’Italia – ragiona l’avvocato Stagliano – E’ vero che la giustizia deve essere giusta e non esemplare, ma se oltre la metà degli imputati nel processo su Bolzaneto è stata assolta… Penso che non ci sia del buono da aspettarsi dai successivi gradi di giudizio, in questo e altri processi sui fatti del G8». Al di là del merito delle sentenze, l’unica nota positiva sta nel fatto che entro la fine dell’anno tutti i processi in corso arriveranno al primo grado di giudizio (tranne uno su quattro poliziotti imputati per un arresto ingiustificato in piazza Manin, altro punto nevralgico della protesta anti-G8). Oltre a quello di Bolzaneto, si è concluso (e male) il procedimento sull’omicidio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda: archiviato, gli imputati Mario Placanica e Filippo Cavatatio agirono per llegittima difesa, dicono i magistrati. Mentre al processo sul massacro alla scuola Diaz (29 imputati, tra cui dirigenti e alti vertici della polizia come Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore dello Sco e vice direttore dell’Ucigos) si attende che finiscano di parlare gli avvocati della difesa, la sentenza di primo grado dovrebbe essere emessa a novembre. Per il pestaggio di Mattana e i fatti di corso Barabino la prossima udienza è fissata per il 10 dicembre, parleranno gli avvocati dei poliziotti, la sentenza dovrebbe comunque arrivare entro la fine del 2008. Le varie tempistiche sono l’unica buona notizia. Perchè da Genova è passato del tempo e a gennaio 2009 scatta la prescrizione per molti dei reati contestati.
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