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G8 Genova: Sipario sul caso Covell, l’ultima vergogna

L’inchiesta per il tentato omicidio del mediattivista inglese all’ingresso della Diaz verso l’archiviazione. Fu un’infamia forse superiore alle violenze che di lì a poco sarebbero avvenute all’interno della scuola. I pm accusano la polizia: non collabora per “malinteso senso dell’onore”. I vertici di polizia hanno tradito i propri compiti istituzionali
Conviene leggere la notizia (clicca qui) ignorata dalla stampa nazionale – per capire meglio di che cosa parliamo, quando diciamo che i vertici di polizia dell’ultimo decennio hanno tradito i propri compiti istituzionali, aggravando, anziché lenire, la ferita aperta dagli abusi commessi dalle forze dell’ordine durante il G8 di Genova.
La notizia è che il fascicolo per il tentato omicidio di Mark Covell, il mediattivista inglese massacrato dalla polizia di stato all’ingresso della scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001, si avvia all’archiviazione, per l’impossibilità di procedere con l’inchiesta. I pm anche stavolta puntano il dito sulla mancata collaborazione della polizia di stato, parlando di “malinteso senso dell’onore” e di “una certa volontà di nascondere fatti e responsabilità”.
Mark Covell fu aggredito e sfiorò la morte, senza che vi fosse la benché minima giustificazione per la violenza che gli fu inflitta: stava uscendo dalla Diaz-Pertini mentre il plotone di polizia stava entrando per compiere una delle più vergognose operazioni che la storia del corpo ricordi, almeno negli ultimi decenni. Era inerme, solo, inoffensivo. Fu pestato a sangue, a più riprese, da più agenti e lasciato a terra agonizzante. Solo un agente- rimasto anonimo! – si diede da fare per fermare la furia dei suoi colleghi; i ritardi nei soccorsi misero a rischio la vita di Mark, che arrivò in ospedale in codice rosso, cioè con rischio di morte. Si può ben dire che questo episodio supera per infamia quello che sarebbe avvenuto pochi minuti dopo all’interno della scuola.
Su quest’episodio la polizia di stato ha fatto muro. Non ha contribuito alla ricerca dei responsabili, non ha preso provvedimenti interni, non ha compiuto alcun gesto di contrizione, non ha chiesto scusa né a Mark né ai cittadini, che dovrebbero sentirsi tutelati da una polizia di stato che affronta così i propri errori e i propri abusi.
Mark dall’estate scorsa è cittadino onorario della città di Genova: per chi guida la polizia italiana dovrebbe essere anche questo un motivo per arrossire di vergogna.