La prescrizione del reato di tortura è incostituzionale, se a compierla sono funzionari pubblici. La Corte costituzionale deve intervenire cambiando le leggi dello stato italiano per adeguarle ai principi della Corte europea dei diritti umani. La procura generale di Genova ha deciso di puntare su questa richiesta l’appello alla corte di cassazione presentato nei giorni scorsi dopo la sentenza che lo scorso 18 maggio aveva condannato a 98 anni di carcere agenti e dirigenti della polizia per l’assalto al dormitorio allestito nella scuola Diaz (durante le manifestazioni contro il G8 del 2001) durante il quale erano stati picchiati e feriti donne e uomini.
“La giurisprudenza della Corte europea dei Diritti umani ha da tempo e costantemente espresso un principio – scrivono i sostituti Enrico Zucca e Franco Castaldi nel documento firmato anche dal procuratore generale Luciano Di Noto – “Ogni qualvolta un rappresentante dello stato è stato incriminato per fatti di tortura o maltrattamento è di estrema importanza che i procedimenti penali e i giudizi non siano soggetti a prescrizione e che non sia possibile concedere amnistia o condono”. Dunque, l’articolo 157 del codice penale – quello che regola la prescrizione e i cui tempi furono tagliati nel 2005 per volere del secondo governo Berlusconi – è in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, cioè con l’obbligo di adeguarsi all’ordinamento comunitario.
Perché anche se in Italia il reato di tortura non esiste, i comportamenti contestati agli imputati sono assimilabili a quelli citati dalla Corte europea come “causa di una sofferenza molto grave e crudele” e “anche nelle modalità meno gravi e non assimilabili alla nozione di tortura sono da considerarsi inumani e degradanti”, tanto più che l’Italia non si è mai adeguata neppure al principio Ue per cui “il rappresentante dello stato posto sotto processo deve essere sospeso e se condannato rimosso”.
L’eccezione di legittimità costituzionale vale solo per l’allora comandante del VII reparto mobile Vincenzo Canterini, il vicequestore Michelangelo Fournier e gli agenti del reparto mobile accusati di lesioni personali “semplici”. Quelli responsabili di lesioni gravi rischiano di veder confermata la condanna anche in cassazione, visto che il reato si prescrive nel 2012. E la eventuale pronuncia della corte costituzionale non interverrebbe comunque sulla prescrizione che ha salvato dirigenti importanti della polizia di stato come Gilberto Caldarozzi, Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, condannati per falso e calunnia. Ma un intervento della Corte costituzionale potrebbe cambiare radicalmente il modo di giudicare fatti come quelli di Genova.
Marina Della Croce da il manifesto
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