G8, la sentenza della Corte Europea " Carlo Giuliani ucciso per legittima difesa"
La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha comunicato oggi per scritto il giudizio della camera nel caso Giuliani e Gaggio c. l’Italia (richiesta n. 23458/02). La Corte ha concluso:- all’unanimità, per la non-violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per quanto riguarda l’uso eccessivo della forza;- con cinque voti contro due, per la non-violazione dell’articolo 2, per quanto riguarda gli obblighi dello Stato di proteggere la vita;- con quattro voti contro tre, per la violazione dell’articolo 2 riguardanti gli obblighi procedurali conseguenti a questo articolo;- all’unanimità, per la non-violazione dell’articolo 38 (contraddittorio).
DI SEGUITO LA TRADUZIONE DEGLI ARTICOLI PRINCIPALI DELLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA (dal n. 247 al n. 254) CHE RIGUARDANO LA VIOLAZIONE DELL’ART.2 DELLA CONVENZIONE EUROPEA SOTTO L’ASPETTO PROCEDURALE:247. La Corte rileva in primo luogo che è stata effettuata un’autopsia il giorno successivo al decesso di Carlo Giuliani da parte di due medici nominati dalla procura. Questi hanno constatato che la vittima era stata colpita da un solo proiettile che ne aveva causato la morte. Benché lo “scanner total body” effettuato sul cadavere avesse rilevato la presenza di un frammento metallico conficcato nella testa, i due periti non l’hanno menzionato nella loro relazione tecnica e non hanno estratto il frammento in questione. Nella sua deposizione nel corso del “processo ai 25”, Salvi ha dichiarato di aver tentato di estrarre il frammento di cui si tratta. Inoltre, i proiettili sparati da M.P. non sono stati ritrovati e, peraltro, non c’è alcuna prova che siano stati svolti dei tentativi per ritrovarli. L’analisi di questo frammento metallico sarebbe dunque stato importante per una valutazione balistica e per la ricostruzione dei fatti. Quanto alla traiettoria seguita dal proiettile di cui si tratta, i medici hanno indicato che andava dall’alto verso il basso, da davanti a dietro e da destra a sinistra, e che la distanza dello sparo era stata superiore a 50 cm. Tuttavia, non è stato espressamente precisato se il tiro era stato diretto.248. Condividendo i dubbi della procura relativi al carattere superficiale delle informazioni raccolte durante l’esame, la Corte reputa deplorevole che il termine di sole tre ore lasciato ai ricorrenti tra la notificazione dell’avviso di autopsia e l’autopsia stessa abbia impedito loro di nominare un perito di parte.249. Non si può sostenere che l’autopsia svolta o le constatazioni contenute nella relazione medica fossero tali da costituire un punto di partenza per un’indagine efficace o che fossero tali da soddisfare le esigenze minime di un’indagine su un caso di omicidio manifesto, e ciò in quanto hanno lasciato troppe questioni cruciali senza risposta. Queste lacune appaiono ancora più gravi se si considera che il cadavere è stato in seguito consegnato ai ricorrenti e che è stata data autorizzazione per la sua cremazione, ciò che ha impedito qualsiasi ulteriore indagine, in particolare per quanto concerne il frammento metallico che si trovava nel corpo.250. La Corte reputa increscioso che la procura abbia autorizzato la cremazione del cadavere il 23 luglio 2001, ben prima di conoscere i risultati dell’autopsia, e mentre la vigilia aveva concesso ai consulenti tecnici termine di 60 giorni per consegnare la loro relazione, tanto più che la stessa procura ha giudicato “superficiale” il rapporto d’autopsia. Che la mancata conservazione del corpo sia stato un ostacolo enorme per le indagini è peraltro confermato dai quattro consulenti tecnici d’ufficio, che non hanno potuto ricostruire i fatti e, conseguentemente, la traiettoria precisa dello sparo mortale non ha potuto essere determinata.251. Tenuto conto delle lacune dell’esame medico-legale e della mancata conservazione del corpo, non è sorprendente che il procedimento penale si sia concluso con l’archiviazione. La Corte conclude che le autorità non hanno condotto un’adeguata indagine sulle circostanze del decesso di Carlo Giuliani.252. In secondo luogo, la Corte osserva che le indagini a livello nazionale si sono limitate all’esame della responsabilità di F.C. e M.P. Per la Corte tale approccio non può essere considerato conforme alle esigenze dell’articolo 2 della Convenzione poiché le indagini dovevano essere approfondite, imparziali e rigorose e dovevano concernere tutte le circostanze che avevano accompagnato la morte.In alcun momento è stata posta la questione di esaminare il contesto generale e verificare se le autorità avevano pianificato e gestito le operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico in modo da evitare il tipo di incidente che ha causato il decesso di Carlo Giuliani. In particolare, le indagini non hanno avuto di mira la determinazione delle ragioni per le quali M.P. – che era stato giudicato incapace dai suoi superiori di continuare il suo servizio in ragione delle sue condizioni fisiche e psichiche- non fosse stato immediatamente condotto all’ospedale, fosse stato lasciato in possesso di una pistola carica e fosse stato messo a bordo di una jeep priva delle protezioni e ritrovatasi isolata rispetto al plotone che aveva seguito.253. La Corte reputa che le indagini avrebbero dovuto concernere almeno questi aspetti dell’organizzazione e della gestione delle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico, poiché la Corte vede uno stretto legame tra lo sparo mortale e la situazione nella quale M.P. e F.C. si sono ritrovati. In altre parole, le indagini non sono state adeguate nella misura in cui non hanno ricercato quali fossero le persone responsabili di detta situazione.254. Per quanto sopra detto, vi è stata violazione dell’art. 2 della Convenzione sotto l’aspetto procedurale.
Per leggere il comunicato della Corte vai al sito http://www.echr.coe.int/echr/
COMUNICATO DELLA FAMIGLIA GIULIANI
La Quarta sezione della Corte europea dei diritti umani ha reso nota oggi la sua decisione sul ricorso presentato dalla famiglia Giuliani, assistita dall’avvocato Nicolò Paoletti, in relazione all’omicidio di Carlo.La Corte ha rilevato che “l’inchiesta non ha esplorato le ragioni per cui Mario Placanica – ritenuto dai suoi superiori incapace di proseguire il suo servizio in ragione del suo stato fisico e psichico – non sia stato immediatamente condotto all’ospedale, sia stato lasciato in possesso di una pistola carica e collocato in una jeep priva di protezione che si è trovata isolata dal plotone che aveva seguito”. La Corte considera che l’inchiesta avrebbe dovuto valutare aspetti dell’organizzazione e della gestione dell’ordine pubblico, “poiché c’è un legame tra il colpo mortale e la situazione nella quale si sono ritrovati Filippo Cavataio e Mario Placanica. In altri termini l’inchiesta non è stata adeguata nella misura in cui non ha ricercato quali siano state le persone responsabili di questa situazione”.Sono proprio due delle questioni principali sulle quali abbiamo insistito da sempre: individuare le responsabilità politiche e della catena di comando, quelle che hanno portato alle violenze di Genova e all’omicidio di Carlo.La Quarta sezione ha infine deciso un risarcimento nei confronti dei genitori e della sorella, risarcimento che verrà devoluto al Comitato Piazza Carlo Giuliani per lo svolgimento delle sue iniziative di documentazione e di verità sugli avvenimenti genovesi.I genitori e la sorella di Carlo
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Ancora una volta i crimini di Stato ottengono l’assoluzione, lasciando impuniti i colpevoli, coloro che hanno legittimato che quei giorni Genova bruciasse.
Chi doveva pagare non è Placanica.
Lui era un ragazzo come lo era Giuliani.
Si sono trovati l’uno di fronte all’altro uno con un estintore e l’altro con una pistola.
Chi deve pagare è chi ha fatto in modo che si arrivasse a questo.
Chi per il potere manda a morire i nostri fratelli, in ogni modo ed in ogni contesto.