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A Gaza mancava solo la poliomielite…

Mentre il numero delle vittime degli attacchi israeliani a Gaza supera la cifra di 40mila, si registra il primo caso confermato di poliomielite

di Gianni Sartori

Notizie di oggi, ma potrebbe trattarsi di un giorno qualsiasi di quotidiana sofferenza a Gaza. Magari poca cosa se confrontate con quanto accadeva solo un paio di settimane fa quando un attacco israeliano in prossimità della scuola al-Tabaìeen di vittime ne aveva provocate più di un centinaio

Il, 24 agosto, un’altra quarantina di palestinesi sono rimasti uccisi a causa dei bombardamenti israeliani a Khan Younis e nell’area del campo di Nuseirat (dati forniti dall’agenzia di stampa Efe che a sua volta cita fonti mediche palestinesi). Un altro attacco si è verificato nel quartiere Al-Amal, nella parte est di Khan Younis, provocando la morte di undici persone (tra cui quattro bambini e almeno una donna).

Ma forse la notizia che aggiunge altro orrore all’orrore è la conferma di un caso accertato di poliomielite. Un bambino di 10 mesi è semi-paralizzato (anche se le agenzie minimizzano dicendo che ora sarebbe in “condizioni stabili”).

Si tratta del primo caso accertato in 25 anni (fonte delle Nazioni Unite). Una brutale conferma di quanto era già stato rilevato in giugno: la presenza del poliovirus di tipo 2 nelle acque reflue della Striscia. Intanto, mentre il direttore generale Oms (“gravemente preoccupato”) torna a chiedere una vasta campagna di vaccinazioni, i bombardamenti proseguono.

È già trascorsa un’altra settimana da quando il Ministero della Salute del governo di Hamas annunciava che il numero di 40mila vittime (cifra ancora impensabile fino a qualche mese fa) era stato raggiunto e superato. Più del doppio quello dei feriti accertati.

Ma appunto, oltre ai morti ammazzati, ai feriti e alle migliaia di invalidi che la guerra lascerà sul campo, forse sarebbe anche il caso di interrogarsi sugli “effetti collaterali”: epidemie, carestie, aggravamento della crisi climatica a causa delle operazioni militari.

Come sintetizzato nello slogan di alcuni ambientalisti: “No Climate Justice on Occupied Land”.

Scoperta dell’acqua calda per chi da decenni subisce un’occupazione militare come appunto i palestinesi (altrove i curdi; in passato emblematico il caso del Vietnam). E conosce da tempo, avendoli sperimentati sulla propria pelle, quali guasti irreparabili comportino per l’ambiente i bombardamenti aerei e i lanci di missili. Con conseguenze drammatiche per la vita delle persone.

Pensiamo alle emissioni di gas serra. Quelle prodotte annualmente dagli eserciti mondiali corrispondono al 5,5%. Più di quelle emesse complessivamente dalle industrie dell’aviazione e della navigazione.

Stando ai calcoli di studiosi della Queen Mary University, quelle prodotte nei primi 120 giorni di guerra condotta da Israele sulla Striscia sarebbero superiori alle emissioni annuali di 26 singoli paesi. E ancora di più (superiori a quelle annuali di 135 paesi) le emissioni della prevista ricostruzione di Gaza.

Per cui, mentre ancora si discute se quello in atto a Gaza sia o meno un genocidio, si dovrebbe prendere coscienza che di sicuro siamo di fronte a un ennesimo ecocidio.

Perché stupirsi allora se poi, in un ambiente disastrato, inquinato, avvelenato…proliferano germi, virus e malattie già debellati in passato (non solo quello della polio)?

Del resto tra i cavalieri dell’Apocalisse, il quarto (quello delle pestilenze, delle epidemie…) è sempre stato considerato il più temibile.

 

 

 

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