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A Gaza operatori umanitari e reporter nel mirino israeliano

Nei giorni scorsi sono stati uccisi dall’esercito israeliano 23 giornalisti e cinque operatori umanitari

di Michele Giorgio da il manifesto

Quasi senza elettricità, con poca acqua pulita, costretti a vivere in tendopoli e rifugi affollati, tra le macerie, oltre due milioni di palestinesi di Gaza temono i bombardamenti israeliani e da giorni lottano con il caldo torrido dell’estate. «Sogno la doccia di casa mia, la casa che non esiste più, gli israeliani l’hanno distrutta», dice Nemer, un insegnante di Beit Hanoun che dallo scorso ottobre è sfollato cinque volte. «Viviamo in condizioni disumane, ammassati, dentro scuole e capannoni. Qui siamo in duemila e abbiamo a disposizione solo cinque bagni. Sappiamo che resteremo in queste condizioni ancora per anni», aggiunge Nemer che da qualche settimana si è sistemato con la famiglia in una scuola di Deir al Balah. A Gaza questa settimana sono previste temperature sopra i 30 gradi. Non è insolito per questa terra, ma in passato, nonostante l’elettricità a singhiozzo, la popolazione comunque riusciva a procurarsi un po’ di refrigerio. Adesso, nella catastrofe umanitaria in cui Gaza è stata spinta dall’offensiva israeliana, è impossibile.

Una letale vampata di calore, improvvisa, con uno forte spostamento d’aria hanno investito ieri una ventina di palestinesi radunati davanti a un chiosco di telefoni e sim di Jabaliya. Una bomba sganciata da un aereo israeliano è caduta a pochi metri uccidendone tre. Altri cinque sono rimasti feriti. Bombardamenti sono avvenuti ovunque nelle ultime ore, a Rafah dove i reparti corazzati israeliani stanno completando l’occupazione di Tel al Sultan rallentati dall’opposizione di dozzine di combattenti palestinesi. Un missile ha colpito un edificio uccidendo due civili. Nel campo di Nuseirat, nella parte centrale della Striscia, i colpi di un carro armato hanno centrato un appartamento, uccidendo cinque persone. A Beit Lahiya, nel nord di Gaza, pesanti raid aerei, come non si registravano da settimane, hanno distrutto case e negozi uccidendo almeno quattro palestinesi e ferendone molti altri. Nelle ultime 24 ore, secondo i dati raccolti dal ministero della Sanità, sono stati uccisi 60 palestinesi.

Restano in primo piano le uccisioni degli operatori dell’informazione a Gaza. Una indagine del Guardian rivela che sono stati uccisi 23 giornalisti di uno stesso organo di stampa, la tv Al-Aqsa legata ad Hamas. Un dato che, sottolinea il giornale britannico, suggerisce che i giornalisti palestinesi, o una parte di essi, sono considerati degli obiettivi. Un sospetto confermato proprio da un alto funzionario israeliano, Olivier Rafowicz. Ha detto a uno dei media partner del Guardian che non c’è differenza tra lavorare per un mezzo d’informazione affiliato ad Hamas ed essere un combattente nelle Brigate Qassam. «Non c’è alcuna differenza tra l’ala politica e quella militare di Hamas», ha aggiunto, costringendo l’esercito israeliano ad affermare che i soldati non prendono di mira i media. Certo i numeri di nove mesi di offensiva militare sono inquietanti. Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, denuncia che sono stati uccisi più di 103 operatori dell’informazione nella Striscia dal 7 ottobre ad oggi. Almeno 152 secondo i dati dell’ufficio stampa governativo di Gaza.

L’esercito israeliano intanto insiste a descrivere il palestinese Fadi Al Wadiya – un fisioterapista di Medici senza Frontiere che ha ucciso due giorni fa – come un militante del Jihad islami, coinvolto «nello sviluppo dei sistemi missilistici». Affermazioni respinte con forza da Msf che sul suo account X, ha postato una foto in camice di Al Wadiya specificando che l’uomo è stato ucciso insieme ad altre cinque persone, tra cui tre bambini, mentre andava in bicicletta alla clinica dove lavorava. «Siamo indignati e condanniamo fermamente l’uccisione del nostro collega», si legge nel post. Si tratta del sesto un membro di Msf ucciso a Gaza dal 7 ottobre.

Secondo fonti palestinesi, non sarebbero svanite del tutto le possibilità che Israele e Hamas possano andare a un accordo di tregua, fondato sulla proposta Usa approvata qualche settimana fa dall’Onu. La proposta prevede il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza in cambio della liberazione di prigionieri politici palestinesi. Il movimento islamico sarebbe convinto che Washington farà pressioni su Benyamin Netanyahu quando Israele terminerà la sua avanzata su Rafah e le operazioni in altre parti di Gaza.  Hamas inoltre ribadisce che il «futuro della Striscia sarà deciso dal popolo palestinese e da nessun altro», in risposta alle affermazioni del Consigliere della Sicurezza israeliana Tzachi Hanegbi che ha parlato di «un governo locale ben disposto a vivere accanto a Israele e appoggiato dai Paesi arabi moderati».

Raid israeliani sul campo profughi di Jabalia, a nord della Striscia. Uccisi almeno otto palestinesi, 30 i feriti nell’area di al-Alami nel campo, il più grande degli otto campi profughi di Gaza. Dal 7 ottobre Israele ha ucciso 37.718 palestinesi ferendone 87mila. 10mila i dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia. Per questo il conteggio dell’ONG indipendente basata in Svizzera EuroMed Monitor rende ancora più drammatico il bilancio del genocidio in corso da quasi 9 mesi: 46.500 morti – tra cui 16550 minori – e 92mila feriti. L’aggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di oltre due milioni di persone, il 95% dei quali, secondo l’Onu, è ogni giorno a rischio carestia e malattie, soprattutto negli ultimi giorni, con la mancanza di aiuti a causa dei valichi chiusi da Tel Aviv – nel silenzio occidentale – e con un’ondata di caldo estivo.

Nella Striscia di Gaza sono attive anche delle realtà italiane: nel corso di questi mesi le attività di SOS Gaza, coordinate da ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà , Gaza Freestyle e Centro Italiano di Scambi Culturali – VIK, sono proseguite senza sosta in varie aree critiche della Striscia, tra cui la zona centrale e occidentale di Rafah. Proprio a Al Mawasi, sulla costa, la cucina da campo è stata bersaglio, il 22 giugno, di un attacco israeliano mentre venivano distribuiti pasti alla popolazione locale. 20 le persone che sono state uccise dall’esercito israeliano mentre andavano a prendere il cibo.

C’è una situazione di assedio. C’è stato questo blocco, l’altro ieri, che è avvenuto proprio dove avevamo la cucina, è stata presa di mira quella zona” racconta ai nostri microfoni Teo di GazaFreestyle “Il campo dove stavamo servendo era in smobilitazione e stavamo dando una mano alle ultime famiglie ad evacuare ma purtroppo non ci siamo riusciti con tutti e tutte.  è avvenuto il bombardamento ma non è il solo: l’altro ieri i nostri compagni che si trovano al nord di Gaza non riuscivano a uscire di casa per raggiungere l’area dove portavamo l’acqua perché c’erano i cecchini. Tutte le aree dove viene distribuito il cibo e portato il Wi-Fi vengono costantemente in qualche modo circondate“.

A Radio Onda d’Urto Teo, di Gaza Freestyle, realtà impegnata nel sostegno dal basso a Gaza Ascolta o scarica

A Gaza in Cisgiordania: almeno 17 soldati israeliani sono rimasti feriti e uno ucciso in un’esplosione avvenuta a Jenin, per un’azione della resistenza palestinese durante l’ennesimo intenso raid terrestre degli occupanti contro la grande città del nord. Durante il rastrellamento israeliano – condotto con il supporto di bulldozer, droni ed elicotteri d’attacco Apache – un palestinese è rimasto ferito gravemente, tre i rapiti, mentre proseguono gli abbattimenti di case: 50 persone senza un tetto a Masafer Yatta, le colline attorno a Hebron dove da anni è attiva una resistenza popolare nonviolenta contro il tentativo israeliano di impossessarsi anche di quei terreni.

Fronte Libano: almeno 19 persone sono state uccise in un attacco israeliano che ha causato la “distruzione totale” di un edificio residenziale a due piani nella città di Nabatieh, nel sud del Libano, e danni a dozzine di case e veicoli vicini. Di rientro da Washington in Israele, il ministro della Difesa Gallant ha minacciato di nuovo l’invasione militare via terra
“Preferiamo la soluzione diplomatica con Hezbollah, ma siamo pronti a ogni scenario. Abbiamo le capacità militari per riportare il Libano all’età della pietra” questa l’affermazione di Gallant, ministro guerrafondaio di Israele, che nella notte ha colpito ancora una volta il sud della Siria, facendo 3 vittime e numerosi feriti.

Dentro Israele: nuova giornata manifestazioni antiNetanyahu bloccando la principale autostrada nel centro del Paese. Per tutta la giornata sono previste proteste in tutto il territorio, compresi blocchi stradali a sorpresa e sit-in fuori dalle abitazioni private di ministri e parlamentari di maggioranza. Obiettivo: dire sì all’accordo Usa sugli ostaggi ed elezioni immediate. Pochi invece gli attivisti, pur combattivi, della sinistra che aggiungono anche la necessità di un cessate il fuoco stabile.

 

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