Tra chi ha sfilato e chi era in piazza, c’erano almeno mille persone Manifestanti di allora e delegazioni da Vicenza, Val Susa, Ferrara
«Lo stesso caldo di allora», dice Marina che sei anni fa era infermiera del Gsf mentre ripercorre la strada che porta in Piazza Alimonda dallo stadio Carlini. Pensa ad alta voce Marina e, come chi le sta attorno, misura la distanza da quel 20 luglio 2001, il giorno della furia assassina di migliaia di poliziotti-finanzieri-carabinieri, persino forestali di cui dal tentato golpe Borghese nessuno aveva più sentito parlare. Poco prima della partenza del corteo le gradinate dello stadio s’erano ripopolate di testimoni di quei giorni. Seduto più o meno dove dormì nel 2001 c’è Gennaro Migliore, ora capogruppo alla Camera per il Prc. Dice che proprio qui sono cambiate molte cose, dentro e fuori di sé. Ricorda l’assemblea la sera in cui fu ucciso Carlo, quando le notizie arrivavano col contagocce e si doveva decidere come scendere in piazza il mattino dopo. Ricorda l’intervento di Daniele Farina, allora portavoce del Leoncavallo, oggi vicepresidente della commissione Giustizia a Montecitorio. Anche lui tornato ieri in Piazza Alimonda. «Fu lui a convincerci di restare calmi, eravamo molto determinati. Nessuno decise di ripartire». Veniva da Napoli, Gennaro Migliore, dove il 17 marzo 2001 la polizia aveva assalito un grande corteo no global. «Non credevamo proprio si potesse ripetere in grande quell’orrore che avevamo attribuito all’impazzimento della questura».In parecchi hanno issato le tende al Carlini, oggi giocheranno a pallone, condivideranno lo spazio anche per discutere, proiettare video e stare ancora insieme. Ma ieri era il giorno del ricordo più dolente, del ritorno in Alimonda, del minuto di silenzio quando le lancette si appuntano sull’ora in cui la pistola di un carabiniere mise fine alla vita di un ragazzo di 23 anni che aveva raccolto un estintore proprio per difendere se e gli altri, dopo tre ore di scontri nella trappola di Via Tolemaide. Quando l’ordine pubblico fu violentato proprio da chi avrebbe dovuto tutelarlo. E’ un rito collettivo che si ripete ogni anno con minime variazioni. E si ripeterà fin quando non ci saranno verità e giustizia. Qualcuno continuerà a cantare, leggere poesie, lasciare piccole cose e striscioni sulla grata all’angolo della chiesa. Un ritorno «bello, doloroso e necessario nello stesso tempo», spiega Betta Piccolotti, una dei due coordinatori nazionali dei Gc. Ieri, in una piazza ingombra dalla invasiva postazione di La7, circolavano anche copie della mostra sui Luoghi resistenti, le lotte di comunità, ideata e realizzata dai milanesi del Progetto comunicazione, gli stessi che avevano fatto il Libro bianco a un anno da quel luglio, in collaborazione con Socialpress. Pochi o tanti, Haidi Giuliani esorta a non farsi venire il complesso dei numeri. «Bisogna esserci e qui e dove serve: Vicenza, la Val Susa, Ferrara…».Ieri, comunque, si era almeno in mille, tra chi ha sfilato e chi ha atteso in piazza. E c’erano manifestanti di allora, vittime dei pestaggi, militanti politici e sindacali, parlamentari della sinistra radicale, cittadini genovesi e delegazioni da altri luoghi dove hanno scavato i social forum (Bologna, l’Abruzzo, Firenze, Asti), c’era Rosa Piro, la mamma di Dax ucciso anche lui a 26 anni dalle coltellate fasciste, come Renato Biagetti a Roma solo un anno fa, c’era Francesco Barilli, l’animatore del sito delle Reti meno invisibili, c’era Italo Di Sabato dell’osservatorio contro la repressione (un’iniziativa dei gruppi parlamentari Prc), c’era Paolo Beni, leader dell’Arci che consegnerà in serata al comitato PiazzaCarloGiuliani, con Roberto Presciutti, l’amministratore delegato di Liberazione, il ricavato della distribuzione del video-denuncia che ricostruisce la vicenda di Piazza Alimonda. C’erano parecchi dei portavoce del Gsf, da Raffaella Bolini (Arci, reduce dalla cerimonia della dedica ad Angelo Frammartino della sala dei deuptati del Prc) ad Alessandra Mecozzi (Fiom), da Alfio Nicotra a Luciano Muhlbauer e poi Luca Casarini, Francesco Caruso, Antonio Bruno fino a Vittorio Agnoletto, all’epoca “portavoce dei portavoce”, adesso eurodeputato Prc, promotore dell’assemblea di domani contro il progettato G8 in Sardegna, e firmatario, tra gli altri, di una lettera ai parlamentari dell’Unione, polemica sull’avvicendamento De Gennaro-Manganelli e che chiede una vera inchiesta parlamentare.”De Gennaro ha Amato i Mangnelli” si leggere sullo striscione, felice per sintesi ed efficacia, di centri sociali genovesi e Network delle comunità in movimento, tirato fuori nell’inatteso fuori-programma: un corteo non autorizzato, pacifico e senza tensione, fino alla questura dove una delegazione di cinque ragazze, lo porterà fino all’uscio della polizia sotto la quale risuonavano le parole delle due poliziotte che esultavano per l’omicidio di un ragazzo di 23 anni. Sui muri, a segnare il cammino del corteo, volantini che cucivano le foto dei misfatti di polizia al G8 con gli slogan accattivanti della pubblicità di Arma e ps, tipo “vicini alla gente”. «E’ stata la risposta alla provocazione del Coisp, un sindacatino di ps che voleva manifestare in Alimonda – spiega l’altro coordinatore dei Gc, Federico Tomasello mentre il deputato Caruso chiede scusa ai genovesi per l’occupazione temporanea della strada – ma questa iniziativa vuole denunciare la promozione di De Gennaro subito dopo la sua iscrizione al registro degli indagati per la Diaz».
Checchino Antonini
fonte Liberazione 21.07.2007
Share this: