A distanza ormai di 20 anni dalle “giornate di luglio a Genova 2001”, ripercorro questa brutta storia. Una vicenda quella dei CS non solo mia, ma comune a migliaia, decine di migliaia di persone.
Certo, apparentemente una piccola cosa a confronto delle brutali percosse e torture di Diaz e Bolzaneto. Ma ci ricorda che per reprimere l’insubordinazione popolare le classi dominanti sono disposte a ricorrere a qualsiasi cosa. Anche alla guerra chimica. Meglio conoscere e possibilmente prevenire.
TESTIMONIANZA DI UN GASSATO (COSTRETTO SUO MALGRADO A RIPENSARCI)
Sinceramente. Nei mesi immediatamente successivi alle giornate del luglio 2001 non avevo più intenzione di ripensare a Genova . La sensazione di “scampato pericolo” (dopo aver conosciuto nei dettagli quale fosse stato trattamento subito dagli arrestati a Bolzaneto, le conseguenze dell’attacco notturno in stile militare alla Diaz) era stata molto forte e aveva alimentato il desiderio di rimozione. In effetti, come molti altri, probabilmente mi ero illuso di esserne uscito illeso. Tuttavia, dopo aver trascorso il peggior inverno della mia vita (2001-2002), avevo dovuto prendere in seria considerazione la possibilità di aver subito danni biologici significativi (per quelli morali si può soprassedere) avendo inalato ( ma la contaminazione sembra avvenire anche attraverso la pelle, gli occhi…) i famigerati CS.
Con il senno di poi, non credo sia eccessivo parlare di un “esperimento di guerra chimica a bassa intensità in tempo di pace”.
Ma andiamo con ordine.
Sabato 21 luglio 2001 sono arrivato a Genova in pullman. Facevo parte della numerosa delegazione di membri di varie associazioni vicentine che intendevano portare – pacificamente – la loro protesta al G8:
Gocce di Giustizia, Movimento UNA (Uomo-Natura-Animali), Lipu, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli, Rifondazione Comunista, diversi pacifisti della Casa per la Pace di Vicenza, Collettivo Spartakus, Centro Sociale “Ya Basta!”, alcuni sindacalisti della Cgil e della Cisl vicentine sensibili alle problematiche del Terzo Mondo.
Era inoltre mia intenzione raccogliere testimonianze da utilizzare per eventuali articoli. Durante il viaggio ho avuto una lunga conversazione con il compagno Arnaldo Cestaro, militante maoista dei primi anni Sessanta, sempre in prima linea in tutte le battaglie pacifiste e antimperialiste. Ricordo in particolare che per decenni l’ho visto picchettare ogni domenica, o quasi, la base militare “Pluto” di Longare.
Parlando dei vecchi tempi, gli avevo chiesto informazioni su tutti quei militanti di buona famiglia – spesso arroganti e autoritari – che dopo gli entusiasmi giovanili, erano rientrati nei loro ovili dorati. Mi spiegò che “uno era diventato dentista, un altro ingegnere, un altro ancora imprenditore…” E fin qui niente di strano, ovviamente. Però, aggiunse, la maggior parte di loro- incontrandolo – fingeva di non conoscerlo.
“Su quali basi – gli avevo chiesto – si permettono questo atteggiamento?”
Risposta: “Caro Sartori “te me pari bauco”. Ossia, tradotto dal veneto “mi sembri ingenuo” (ma tanto).
“Ma xe logico. In base all’articolo quinto: chi che ga fato i schei ga vinto” (non penso di doverlo tradurre).
Purtroppo per lui, l’ottimo e saggio Cestaro la sera non rientrava con noi in pullman ma si fermava a Genova (il giorno dopo voleva portare dei fiori sulla tomba di un vecchio amico) e andava a dormire alla Diaz. Ancora oggi, dopo tanti anni, porta i segni e le conseguenze delle percosse subite (braccia e gambe rotte).
Lo rividi,, sempre indomabile, soltanto l’anno dopo, a Firenze (mentre entrambi uscivamo dalla Fortezza da Basso per unirci al corteo del 9 novembre 2002) e poi in tante altre occasioni: dalle manifestazioni “NO-DALMOLIN” alle iniziative contro i rifiuti tossici sepolti sotto la A31.
Per quanto riguarda i gas CS di Genova 2001, personalmente ho subito una prima esposizione nel punto in cui il corteo, provenendo da Corso Italia, ha svoltato a destra, in prossimità dei Giardini Martin Luther King, e poi lungo Corso Torino in direzione di Piazza Ferraris, dove si doveva concludere – almeno ufficialmente – la manifestazione.
Come unica protezione avevo prima un fazzoletto e poi una maschera di carta (di quelle vendute in farmacia) che mi era stata data da un altro manifestante, il compagno Giorgio Fortune scomparso pochi anni dopo. Niente per gli occhi. Questo perché avevo considerato di partecipare ad una manifestazione pacifica e autorizzata, non pensando di dovermi attrezzare in alcun modo (in quanto ritenevo di potermi tenere il più lontano possibile da ogni eventuale “casino”).
Con il senno di poi, ovviamente, ho peccato di ingenuità (“baucaggine” direbbe Arnaldo) e di eccessiva fiducia nelle istituzioni.
Sono rimasto in zona per qualche minuto, il tempo necessario per scambiare qualche impressione con alcuni baschi che inalberavano una ikurrina listata a lutto (per Carlo Giuliani ovviamente).
Quindi rispetto al vero e proprio “casino” in atto, mi trovavo a qualche centinaio di metri di distanza anche se zaffate di gas arrivavano con una certa regolarità (presumo da Piazzale Kennedy), ma sul momento gli effetti non sembravano particolarmente intenso (avvertivo solamente una leggera irritazione agli occhi).
Ci tengo a precisare che in passato mi ero ritrovato altre volte in prossimità di lacrimogeni (di tipo “normale”, presumibilmente), sia alla fine degli anni Sessanta che poi negli anni Settanta (quasi sempre in Italia). Successivamente, come fotografo e giornalista freelance negli anni Ottanta, Novanta e oltre, in vari “conflitti a bassa intensità” (come in Irlanda del Nord e nei Paesi Baschi), ma senza particolari conseguenze.
Al momento della carica che doveva spezzare il corteo in due sono riuscito a passare , anche se di poco.
Altro ricordo “fotografico”: un drappello di bandiere galleghe – bianche con la striscia diagonale blu e la stella rossa – illuminate dal sole che sfilavano in velocità davanti alla carica appena in tempo per non esserne travolte (come invece accadde all’improvvisato cordone).
Dopo poche centinaia di metri mi sono accorto che alle nostre spalle c’erano grossi problemi, sia per il fumo dei lacrimogeni (riocrdo il tunnel già intasato), sia per le “ondate” di persone in fuga che – ad ogni carica successiva – si mettevano improvvisamente a correre disordinatamente mettendo in moto tutto il corteo davanti (come un’onda , appunto), nonostante gli appelli alla calma.
Riuscivo comunque ad arrivare in piazza Ferraris e perfino a seguire i vari interventi (Hebe Bonafini, Giuliano Giuliani il padre di Carlo, Agnoletto, Bovè…) fino alla fine.
In questo momento di pausa ho avuto anche modo di apprezzare la grande eterogeneità della “moltitudine” presente. Citando alla rinfusa: il già intravisto drappello di bandiere bianche con striscia diagonale blu e stella rossa della Galizia; diverse bandiere gialle con le quattro strisce rosse dei catalani; bandiere con i quattro mori di un movimento indipendentista sardo (NON un partito, ci tengono ndr); qualche ikurrina basca (sia autentica che “apocrifa”, quelle dell’Askatasuna di Torino); i famigliari dei militanti della sinistra turca all’epoca in sciopero della fame (alla fine i morti saranno oltre cento) con le foto degli hunger strikers; i Sem Terra del Brasile; alcuni comunisti greci che cantavano “Bella ciao” (in greco, ovviamente); gli animalisti della LAV di Bassano e gli antispecisti dell’UNA di Vicenza; il comitato di Bolzano a sostegno degli indiani U’wa della Colombia; molte bandiere curde (del PKK) e ritratti di Ocalan . E anche in mezzo a un esercito di militanti di Rifondazione Comunista, un solitario con la bandiera occitana; alcuni membri di un movimento autonomista trentino con due genziane sulla bandiera (ho poi controllato: all’epoca c’erano due fazioni; quella con le due stelle alpine vicina al centro destra, quella con le due genziane al centro sinistra); uno striscione in memoria di Edo e Sole (compagni anarchici militanti NO-TAV), bandiere corse, scozzesi, bretoni (tutte di movimenti autonomisti o indipendentisti di sinistra … Oltre ovviamente alle varie tribù dell’anarchismo (CNT iberica, CNT francese).
Più o meno la stessa molteplicità eterogenea rivista poi a Firenze nel novembre 2002.
Del tutto inaspettato, l’incontro con l’amico “Giaco”, scrittore e giornalista di Radio Popolare (e massimo esperto nel nostro Paese sulla questione basca) intento a fare la doccia con i secchi d’acqua che una pia vecchietta genovese riversava sulla folla dalla finestra. Non poteva poi mancare il mitico Vincenzo Sparagna, inossidabile direttore di “FRIGIDAIRE”, intento a distribuire un particolarissimo numero speciale: “Il testimone di Genova”.
Al termine dei vari interventi avevo creduto di poter ripercorrere a ritroso il percorso del corteo (Corso Sardegna, Corso Torino). Invece, come tanti altri, dovevo ritornare velocemente verso piazza Ferraris a causa della forte irritazione alla gola e della lacrimazione agli occhi dovute ai gas ancora abbondantemente presenti nelle strade.
Infatti la coda del corteo, praticamente quasi fino a piazza Ferraris, era stata ripetutamente caricata e attaccata con i lacrimogeni.
In questa occasione, dal momento in cui il bruciore acuto mi ha costretto a tornare indietro a quando l’irritazione è diventata sopportabile, saranno passati circa venti minuti. A questo punto, temendo di perdere il pullman per il ritorno, ho cercato di aggirare le strade dove ancora stagnava il pestilenziale gas.
Ho seguito altre persone dirigendomi verso una strada in salita (forse via dell’Orso). Anche qui, salendo, di tanto in tanto ho avvertito bruciore agli occhi. Siamo arrivati nei pressi di una chiesa (presumibilmente San Fruttuoso) dove alcuni frati ci hanno offerto molta acqua (“dar da bere agli assettati”) e la possibilità di utilizzare i bagni.
Poi ci hanno indicato una stradina raggiungibile solo a piedi che ci avrebbe portato in Corso Europa per raggiungere i pullman. Deve essere stato nel tardo pomeriggio, forse un paio d’ore dopo la fine del comizio.
Un genovese, amico dei frati, ci ha fatto da guida. Ad un certo punto una parte della stradina era crollata e per pochi metri si poteva procedere solo in fila indiana, praticamente aggrappati al muretto. Alla fine il vicolo sbucava in una strada che in quel momento era percorsa da gruppi di persone, evidentemente di ritorno dal corteo. Eravamo arrivati a pochi metri di distanza quando tutti hanno iniziato a correre, a scappare.
Temendo di rimanere bloccato, mi precipitavo in strada entrando nel flusso di persone in fuga. A quel punto, piuttosto agitato ormai, sentivo ancora che una forte presenza di gas proveniva da dietro le nostre spalle. L’esposizione durava, credo, solo una decina di minuti, ma mi sembrò più intensa delle altre. In questi frangenti non avevo protezione e subito dopo ho iniziato a provare un forte senso di nausea. Come tanti altri, sono scappato salendo una scala che si rivelò completamente intasata da chi cercava di fuggire. Non saprei dove collocare esattamente questo episodio, comunque tra San Fruttuoso (sotto la Chiesa) e gli Ospedali Civili. Come ho detto dopo questa fuga ho iniziato a provare nausea, sensazione di vomito e mal di stomaco che mi ha accompagnato per tutto Corso Europa. I pullman avrebbero dovuto stazionare su un lato di Corso Europa (via Isonzo,) ma invece il punto di incontro era stato spostato di circa un chilometro. Sono arrivato dopo le 19 (giusto in tempo per non dover restare a Genova), attraverso altri vicoli, ancora una volta grazie ad un cittadino genovese che si è offerto come guida.
Nel complesso l’intensità dell’esposizione non avrebbe dovuto essere troppo elevata (anche se non saprei dire rispetto a quali parametri vista la particolare natura del CS) ma ripetuta più volte, per un totale di circa un’ora di esposizione. Come ho detto ho provato bruciore agli occhi, lacrimazione, irritazione alla gola, nausea anche se al momento nessun sintomo appariva con violenza.
Tuttavia dall’inizio di settembre 2001 ho cominciato ad avere problemi respiratori. Nonostante i molti anni di pratica sportiva e di allenamento costante (escursionismo, alpinismo, ciclismo) con buoni risultati. In particolare – sottolineo – fino a pochi giorni prima del 21 luglio avevo effettuato varie ascensioni nelle Dolomiti senza alcuna difficoltà o disturbo.
Da allora ho dovuto usare medicinali e sottopormi a vari trattamenti.
Dopo una serie di visite mediche ho dovuto riconoscere che il danno c’era e anche dopo tanto tempo la situazione rimaneva problematica.
Ho quindi ritenuto mio diritto e dovere sporgere denuncia (tramite l’avvocato Canestrini di Trento) contro gli autori dei delitti deducibili da quanto detto.
Successivamente ho raccolto varie testimonianze di altre persone che dopo Genova si sono trovate con problemi di salute, più o meno acuti. Si tratta di solito di problemi respiratori: asma, bronchite ricorrente (anche in estate), raucedine, difficoltà respiratorie. Tuttavia, ho avuto l’impressione che molti sottovalutassero la gravità della questione (quasi una forma di rimozione), forse sperando che “col tempo andrà tutto bene”. Personalmente credo che ogni caso andava considerato, ricostruendo nel dettaglio quanto accaduto, cercando di specificare luogo, tempo, circostanze e sottoponendosi a opportune visite mediche in modo da poter quantificare con precisione quante persone (sicuramente centinaia, probabilmente migliaia), esposti a CS, hanno subito conseguenze dopo essere state irrorate con il micidiale aerosol. Soprattutto pensando al futuro,
E il futuro – a venti anni di distanza – è ancora molto incerto, soggetto sempre più a decisioni prese da altri. Anche la semplice partecipazione ad un evento autorizzato per esprimere democraticamente il proprio pensiero potrebbe comportare gravi rischi per la salute. Concludo dicendo che, a mio avviso, l’uso massiccio di sostanze altamente tossiche ha rappresenta (almeno per l’Italia) un vero salto di qualità in campo repressivo.
Gianni Sartori
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*nota 1: qualche dato scientifico sul micidiale aerosol a base di CS che la polizia ha usato a Genova in maniera massiccia e spregiudicata (si parla di almeno 60.000 lacrimogeni) contro manifestanti inermi. Sui bossoli in alluminio raccolti (che ricoprivano a migliaia le strade) era ben evidente la scritta: “cartuccia 40 mm a caricamento lacrimogeno al CS,S TA – 1 – 98”.
Il CS non è una sostanza qualsiasi. È stato messo al bando dalla convenzione mondiale sulle armi chimiche (ma solo per il suo uso in tempo di guerra). È considerato estremamente dannoso, può provocare danni permanenti e può avere effetti sui cromosomi delle persone. Secondo i dati raccolti da uno studio del Parlamento europeo, ad alti livelli di esposizione, il CS può causare polmonite ed edema polmonare fatale, disfunzioni respiratorie, oppure gravi gastroenteriti ed ulcere perforanti. Sperimentazioni in vitro hanno dimostrato che il CS è clastogenico, causa cioè la separazione dei cromosomi, e mutageno, cioè può causare mutamenti genetici ereditabili, mentre in altri casi il CS aveva dimostrato di poter causare un aumento nel numero di cromosomi abnormi.
Il CS era già noto per essere stato usato in Vietnam e per essere una delle sostanze sotto accusa tra quelle in possesso dell’Iraq. Inoltre viene studiato con preoccupazione negli Usa ed è stato oggetto di una proposta di messa al bando da parte dell’associazione dei medici sudcoreani che hanno richiesto una “ricerca indipendente per comprenderne gli effetti acuti e subacuti, cronici e di lungo periodo, in particolare su soggetti a rischio, bambini, neonati, anziani, soggetti con malattie croniche preesistenti e pazienti in degenza”.
Come ha scritto il senatore verde Francesco Martone (vittima dei CS e autore di una inchiesta sui fatti di Genova) “chi era a Genova lo ricorda. Ricorda il fiato mozzato, il cuore in gola, l’impossibilità di respirare, la pelle bruciata e gli occhi pieni di lacrime. Ricorda la sensazione di vomito e nausea, immediata, ed il bruciore allo stomaco, i dolori al fegato”. Nella sua inchiesta Martone ha anche ricostruito la storia dell’uso repressivo di questo gas. Il CS è stato usato a Seattle, a Québec, a Genova, in Irlanda del Nord, a Waco, a Seul, in Palestina, in Malesia, in Perù.
In un libro di Gore Vidal (La fine della Libertà – verso un nuovo totalitarismo?) si parlava della strage di Waco, quando il 19 aprile del 1993 gli agenti dell’Fbi posero fine al lungo assedio alla sede della setta dei Davidiani, usando gas CS e carri armati. Secondo le successive ricostruzioni, fu proprio il CS a innescare l’incendio nel quale morirono 82 persone.
Il CS, sigla per chlorobenzylidene malonitrile, in italiano “ortoclorobenzalmalonitrile” è stato sviluppato negli anni ‘50 dal Chemical Defence Experimental Establishment [Porton, Inghilterra]. In Italia i candelotti al CS li produce la ditta Simad s.p.a. di Carsoli, in provincia dell’Aquila. È una sostanza cristallina usualmente mescolata con un composto pirotecnico in una granata o candelotto. Si diffonde sotto forma di nebbia o fumo di particelle sospese. La sua efficacia deriva dalla proprietà irritante, molto forte, per la pelle e le mucose, e di agente lacrimante anche in dosi minime. Gli effetti caratteristici sono una congiuntivite istantanea con blefarospasmo, irritazione e dolore. Il CS micronizzato e mescolato con un antiagglomerante o trattato con idrorepellenti a base di silicone (formule note come CS1 e CS2) può rimanere attivo per giorni e settimane, se polverizzato sul suolo. A Québec, dove si fece uso di CS per reprimere le manifestazioni contro il Trattato dell’Area di libero commercio delle Americhe (aprile 2001), l’ufficio di igiene pubblica avvisò i residenti di indossare guanti di gomma e lenti protettive nel trattare i residui, di gettar via il cibo contaminato (anche quello dentro ai contenitori), rimpiazzare i filtri dell’aria condizionata, e lavare l’esterno delle abitazioni.
Non risulta che nel 2001 gli abitanti di Genova abbiano mai ricevuto suggerimenti del genere.
A livelli più alti il CS è stato associato con disfunzioni cardiache, danni al fegato e morte. Dal punto di vista tossicologico, molte associazioni mediche hanno raccomandato lo svolgimento di maggiori analisi di laboratorio ed epidemiologiche, per avere un quadro completo delle conseguenze mediche derivanti dall’esposizione di componenti quali il CS. Il Journal of the American Medical Association concludeva che la “possibilità di conseguenze mediche di lungo termine quali formazione di tumori, effetti sull’apparato riproduttivo e malattie polmonari è particolarmente preoccupante, considerando l’esposizione alla quale vengono soggetti dimostranti e non dimostranti in caso di operazioni di ordine pubblico”.
L’azienda che fornì il CS al cloruro di metilene, la Defense Technology Corporation (Wyoming) si è poi unita alla Federal Laboratories. Questa ditta, nel 1992, insieme alla TransTechnology Corp, fu oggetto di una causa civile da parte delle famiglie di nove palestinesi uccisi da esposizione a CS, usato massicciamente dagli Israeliani contro l’Intifada.
Va anche ricordato che l’Italia ha ratificato nel 1925 il protocollo di Ginevra contro l’uso di sostanze soffocanti o gas e che nel 1969 almeno ottanta paesi hanno votato per la messa al bando di gas lacrimogeni in operazioni di guerra. Per quanto riguarda l’Italia: come si giustifica la discrepanza sul regime di uso di CS, proibito in guerra ma permesso in tempo di pace, considerando che l’Italia è firmataria ed ha ratificato il protocollo di Ginevra? Secondo alcuni esperti, esisterebbe al riguardo una grave scappatoia legale nella Convenzione sulle armi chimiche, poiché la Convenzione non proibisce l’uso di gas tossici in operazioni “pacifiche” come ad esempio quelle di “law enforcement” (ripristino della legge).
A questo punto è lecito chiedersi quali siano le garanzie per un cittadino che esercita il suo diritto inalienabile all’espressione delle proprie opinioni.
O forse il diritto alla salute di un civile vale meno di quello di un militare?
Il 31 dicembre è venuto a mancare Luciano, il “signore” che, insieme alla ragazza (francese se non ricordo male) riuscì a entrare nella zona rossa.
Il mondo ha perso, oltre a un compagno, una delle persone più speciali che abbia mai conosciuto.
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