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Genova 2001 / Parigi 2022: Se la legge è un elastico La solidarietà sia una fionda

Appello alla mobilitazione contro la richiesta di estradizione per Vincenzo Vecchi

A tre anni dal giorno della sua cattura in Francia – e a più di vent’anni dalle manifestazioni contro il G8 di Genova per cui è ricercato – Vincenzo è nuovamente a forte rischio “estradizione”.

Se nel 2020 i giudici di Corte d’Appello di Anger avevano deciso di non consegnarlo all’Italia per il controverso reato di Devastazione e saccheggio, lo scorso 14 luglio la Corte di Giustizia Europea si è espressa a favore della sua consegna, nonostante le evidenti incompatibilità tra questo particolare articolo di reato e codice penale francese.

La decisione definitiva spetta ora alla Corte di Cassazione di Parigi convocata per il prossimo 11 ottobre, ma gli spazi per una decisione contraria si sono notevolmente ridotti se non azzerati.

In sintesi il ragionamento alla base del verdetto europeo è questo: la regola della Doppia Incriminazione – quella che permette lo scioglimento di un mandato d’arresto europeo quando si è perseguiti per reati che non esistono nel paese ospitante – è da considerarsi un’extrema ratio, da applicare solo in casi davvero eccezionali; questo perché il meccanismo della giustizia comunitaria funziona solo se esiste “mutuo riconoscimento” tra paesi dell’Unione, cioè solo se gli uni si fidano degli altri, in quanto alleati e in quanto “paesi democratici”. Parafrasando: in questo caso la Francia dovrebbe fidarsi del sistema penale italiano e non indugiare troppo sulle sfumature autoritarie della legislazione a cui attinge. Dunque – a dar retta alla Corte di Lussemburgo – poco importa se l’Italia impiega norme ereditate dal fascismo per reprimere il dissenso di piazza, poco importa che la natura stessa di questo anomalo “attentato all’ordine pubblico” sia incompatibile con il codice penale francese, poco importa se in Francia gli stessi episodi contestati a Vincenzo avrebbero comportato meno della metà della condanna e poco importa persino se alcuni di questi episodi in Francia non avrebbero neppure portato a un’incriminazione; secondo la Corte di Giustizia Europea l’applicazione della regola della Doppia Incriminazione è da considerarsi facoltativa e, in ogni caso, deve essere valutata con grande cautela e interpretata in maniera molto restrittiva.

Siamo alle solite: quando si tratta di decidere se condannare qualcuno per un reato come la Devastazione e saccheggio – come avvenuto in Italia da Genova 2001 in poi – i giudici sono pronti a estendere l’interpretazione di vecchie norme (ideate in tempo di guerra per punire sommosse e razzie) per applicarle anche a contesti completamente diversi (un corteo, un centro di identificazione, uno stadio, un carcere) e a comportamenti di scala infinitamente minore (danneggiamento di vetrine, incendio di uno pneumatico o di un materasso…); con la stessa elasticità accettano poi di estendere il “concorso morale” fino a permettere attribuzioni che superano abbondantemente i confini della responsabilità individuale; quando invece si tratta di decidere se consentire l’applicazione di una regola europea che permette di stoppare mandati d’arresto iniqui, ecco che l’elastico della legge torna a stringersi a strozzo, e da estensiva – dove si tratta di comminare pene – l’interpretazione diventa restrittiva – quando si tratta di concedere diritti –.

La legge – ne abbiamo conferma anche ora – non è materia immobile e lineare: piuttosto somiglia a un elastico che segue le tendenze dell’epoca e i rapporti di forza interni alla società. I comitati di sostegno a Vincenzo e gli avvocati della difesa, hanno provato ad agire nel mezzo di queste contraddizioni e, a modo loro, sono riusciti ad aprire una fessura di libertà dentro una spirale repressiva – quella del post Genova 2001 – che a distanza di decenni ancora non trova fine; quella fessura torna ora a chiudersi e da strettoia legale rischia di diventare vicolo cieco.

Si avvia così alla conclusione una storia che intreccia giustizialismo all’italiana e garantismo all’europea; se il primo ha armato la repressione verso i manifestanti che a Genova protestavano contro il nuovo Ordine globale, il secondo disarma ora le difese per garantire una “serena” collaborazione tra Stati in materia di “estradizione”.

Non è stata una buona notizia neppure per Dayvid, arrestato ad Atene proprio lo scorso mese di luglio, con lo stesso capo d’imputazione di Vincenzo, ma ricercato dalle autorità italiane per fatti che risalgono alla manifestazione del 15 ottobre romano del 2011; il 19 agosto, anche a seguito del “parere vincolante” della Corte di Giustizia Europea sulla situazione di Vincenzo, il tribunale greco ha deciso a favore dell’applicazione del MAE, ordinando il suo rimpatrio. Un altro nome che si aggiunge alla lista dei “fuggitivi” agguantati per questo infausto reato in giro per l’Europa. Come Luca Finotti, arrestato nel 2018 a Zurigo e solo oggi vicino al fine pena (scontata per buona parte nel carcere di Cremona di Cà del Ferro). O Francesco Puglisi (detto Jimmi) preso a Barcellona nel 2013 e solo da poco finalmente libero. O ancora quel ragazzo arrestato in Francia al momento della sua iscrizione a una scuola di musica perché ricercato per il 1 maggio milanese del 2015 (poi assolto).

Se una sentenza diversa poteva segnare una discontinuità, quella appena formulata nel caso di Vincenzo difende lo status quo ed evita un precedente che avrebbe costituito un appiglio utile a chi in futuro si fosse trovato inseguito oltreconfine da una condanna per Devastazione e saccheggio.

Si confermano dunque le impressioni ricavate dall’osservazione degli ultimi anni: lo strumento del mandato d’arresto europeo – introdotto nel 2004 – tende nella prassi a spianare la strada verso un sistema di riconsegne rapide e frettolose tra paesi alleati, aggirando ciò che resta delle precedenti tutele in materia di estradizione. Se il caso di Vincenzo ha così a lungo inceppato questo automatismo è stato solo grazie alla sua particolarità e alla solidarietà che si è mobilitata tempestivamente in sua difesa.

Oggi come ieri quella tenace cerchia di amici e solidali è l’unica vera incognita che ancora si frappone tra Vincenzo e la prigione.  Per questo lo scorso 8 agosto a Rochefort en Terre – paesino di poche migliaia di abitanti in cui Vincenzo vive da dieci anni – si sono radunati in quattrocento per ricordare i tre anni esatti dal suo arresto e rilanciare la mobilitazione in suo sostegno.

È arrivato il momento di tornare a far sentire la nostra vicinanza anche dall’Italia.

Come commentava un esponente dei comitati di sostegno francesi di ritorno dalla prima udienza a Lussemburgo: “qui fanno le vacanze insieme, mangiano, ridono, discutono, costruiscono l’Europa. Noi cosa facciamo?”

TROVIAMOCI A PARLARNE Il 18 DI SETTEMBRE PER COSTRUIRE UNA MOBILITAZIONE PER L’8 OTTOBRE.

Appuntamento a Milano, domenica 18 settembre dalle ore 16 al Cox18 di via Conchetta, 18

Assemblea “Sosteniamo Vincenzo” di Milano