Dopo l’introduzione della legge Minniti-Orlando Genova, infatti, ha rappresentato una sorta di laboratorio, colpendo con la misura del cosiddetto daspo urbano cinque militanti antifascisti che nel mese di febbraio si erano generosamente opposti al convegno della destra europea che Forza Nuova aveva promosso in città. Per due dei cinque militanti il tar della Liguria ha accolto poche settimane fa la sospensiva dei daspo, di fatto stracciando l’iniziativa del Questore che mirava a contenere la libertà delle pratiche di movimento e conflittuali: «Nei casi in questione non emergono legami tra un avvenimento sportivo e i fatti reato ascritti ai ricorrenti – spiega il Tar -. Pare difettare, ad un primo esame, il presupposto che giustifica l’applicazione della contestata misura di prevenzione».
Una situazione molto vivace dunque, che ha portato negli ultimi mesi in città ad elaborare la necessità di una risposta ampia ai tentativi di normalizzazione sociale attraverso le misure di polizia. Nel mese di aprile ha preso corpo una Rete Cittadina contro il Decreto Minniti che ha visto anche alcune assemblee degli operatori sociali indisponbili ad accettare la trasformazione del proprio ruolo in quello di controllori di polizia. Questi operatori il 7 aprile, in occasione di una visita del ministro a un convegno dell’Anci a Genova, hanno tenuto in concomitanza un presidio di protesta. Per queste ragioni dunque il corteo antifascista è stato anche un corteo contro questo governo e l’iniziativa del ministro Minniti. Questa dimensione di critica politica e di allargamento è stata elaborata nel contesto di un’ampia assemblea antifascista che ha organizzato e promosso il corteo di ieri.
La partecipazione alla manifestazione è stata al di sopra delle aspettativa. Circa duemila genovesi hanno risposto all’appello sfilando da piazza Alimonda fino a piazza De Ferrari dove la giornata si è conclusa con un concerto. Molti giovani e giovanissimi in corteo. Una nuova generazione in cerca di dimensioni di contrapposizione politica saldatasi a più livelli della memoria politica genovese: quello della storica città antifascista, quella del 2001 non disponibile ad accettare la provocazione dell’apertura di una sede fascista nei pressi di piazza Alimonda, quella che ha bisogno di rispondere all’avanzata della Lega in città con l’elezione di Bucci, quella della passione calcistica cittadina attraversati, negli ambienti del tifo organizzato, da passioni politiche forti e dalla necessità di rispondere alle iniziative repressive.
Qui e qui due interviste a caldo in piazza de Ferrari di valutazione sulla giornata.
da InfoAut