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Genova G8: Il medico di guardia a Bolzaneto si sentiva in guerra

Al processo genovese di scena il dottor Toccafondi, imputato per le violenze nella caserma di Bolzaneto: avevamo i sacchi per i cadaveri, è andata bene che non c’è scappato il morto.

Il dottor Giacomo Toccafondi è uno degli imputati per le violenze di Bolzaneto con il più alto numero di capi di imputazione, diciassette: avrebbe omesso di denunciare l’uso di gas urticante contro una ragazza in cella, costretto alcune vittime a cantare «viva il Duce», puntato un manganello alla bocca di una ragazza con la mandibola sfasciata. Insieme a questo e altro, ci sono gli abusi d’ufficio e la mancata redazione di diari clinici, come invece richiesto dalle disposizioni pre-G8. Toccafondi – che oggi esercita la professione nel carcere femminile di Pontedecimo, nonostante i fatti a lui contestati e una condanna in primo grado per omicidio colposo, per il decesso di una detenuta – è stato ascoltato a Genova: due udienze lunghe, nelle quali il medico che coordinava i servizi di assistenza sanitaria nel carcere provvisorio del G8, si è difeso dalle accuse della procura e delle vittime.Il dottore a Bolzaneto per farsi riconoscere indossa i pantaloni mimetici e la maglietta blu della polizia penitenziaria. Effettua i primi controlli, l’ormai celebre triage – «inventato dai chirurghi di Napoleone dopo le battaglie per capire chi doveva essere curato e chi si doveva lasciare morire», ha specificato – con guanti di pelle e tramite «manate» sulla testa delle vittime, per capirne lo stato sanitario. Poi, una volta giunti all’infermeria, gli è sufficiente uno sguardo per capire che tutti possono essere tradotti in carcere. Non effettua la verifica di compatibilità delle lesioni con gli scontri di piazza o con botte ricevute in caserma, ovvero non chiarisce la natura delle ferite. Il dottor Toccafondi descrive Genova come una guerra: «Era così abnorme l’afflusso di arrestati che è andata bene non ci sia scappato il morto». Avevano anche preparato i sacchi per raccogliere i cadaveri, ha riferito. Eppure lui, nelle sue missioni in Kosovo e Albania, deve averne viste di emergenze. Toccafondi ha intercalato la sua doppia deposizione con «positivo» e «negativo» anziché «sì» o «no»: secondo i testimoni era lui il medico che al termine del triage esclamava ai feriti «abile e arruolato».Il dottore in mimetica si è difeso, citando termini in inglese, raccogliendo immagini dalla sua memoria di quei giorni. Ha ricordato di avere utilizzato anche una tuta verde, proprio come ha raccontato una delle vittime (con frattura mandibolare, ma idonea ad essere tradotta in carcere, anziché in ospedale, per il medico). Proprio la ragazza, A.K, aveva ricordato in aula il suo passaggio in infermeria e lo scherno dei dottori presenti. Toccafondi si ricorda i detenuti con la faccia rivolta al muro, le braccia e le gambe larghe, ma nega trattamenti inumani, i cori fascisti, le offese e le minacce di stupro alle ragazze. La «Bolzaneto dei fantasmi», come ebbero a dire i pm durante le prime fasi delle indagini, ritorna nelle parole degli imputati: nessuno ha visto né sentito niente. Gli insulti a lui attribuiti, «dovevano ammazzarvi tutti alla Diaz», «bastardi», «vai a morire in cella», sono negati con estrema decisione: la banalità del male e il clima di impunità di Bolzaneto sembrano riecheggiare ad ogni udienza.Percepibili sono anche le tensioni del processo Diaz, contro 29 funzionari e dirigenti di polizia. Il procedimento domani giungerà ad una nuova interruzione, per la dismissione del mandato di uno dei difensori. I legali dei poliziotti hanno proseguito ad attaccare procura e processi, tra esposti sulle spese dei pm e richieste di documenti non agli atti: segno della posta in palio, alta, nel procedimento alla polizia italiana non solo di allora, viste le promozioni ottenute dagli imputati in soli sei anni. Nell’attesa di capire se l’ex questore di Genova Colucci ritratterà o meno la propria deposizione, che aveva inguaiato lui e anche l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, oggi capo gabinetto dell’Interno, finito tra gli indagati con l’accusa di aver invitato alla falsa testimonianza proprio Colucci, nei prossimi giorni sono previste interrogazioni parlamentari su alcuni aspetti a margine dei processi: la presenza di un’ispettrice dello Sco – già in servizio a Bari con Gratteri e Fabbrocini, entrambi imputati – durante le udienze Diaz e i presunti esborsi dello Stato per la difesa dei poliziotti.