Genova G8: la procura chiede 225 anni per 25 no global Il pm: "Fu devastazione e saccheggio"
Due anni e mezzo di processo, due secoli e mezzo di galera. 25 imputati, 180 testimoni, migliaia di foto, decine di ore di video. E’ senz’altro un processo dai grandi numeri quello contro i manifestanti di Genova del luglio 2001 rincorsi dall’accusa di devastazione e saccheggio. Accusa pesante, inventata per i vandali in azione dopo terremoti e bombardamenti, rispolverata all’indomani delle giornate del luglio per un procedimento che a molti è sembrato essere un contrappeso a quelli che si sarebbero dovuti aprire a carico delle forze di polizia. L’Italia era scossa davvero da quella violenza vista in diretta, immane, contro migliaia di manifestanti per lo più inermi. Così venne fuori una prima retata di manifestanti cattivi, che neppure si conoscevano tra loro ma furono considerati in compartecipazione psichica. Ma l’accusa pesante poteva reggere solo se le loro azioni fossero state congelate, staccate dal contesto determinato dalla furia di reparti in assetto da guerra che andarono a guadagnarsi la giornata, marciando, con armi nuovissime, i tonfa, comprate apposta per Genova, e anche con armi improprie, illegittime, illegali, come le mazze di ferro del Battaglione Lombardia e la carica che partì a freddo contro un corteo regolarmente autorizzato che scendeva dal Carlini verso una zona rossa che nessuno avrebbe potuto violare, col patto di non usare violenza alla città e, naturalmente alle persone. Era necessario, sganciare quelle cariche e quelle azioni dalla mano che spuntò dal retro di un defendere con la pistola impugnata da professionista e che lasciò a terra un ragazzo di 23 anni che l’aveva vista e s’era chinato a raccogliere un estintore per difendersi. E questa è stata proprio la strada battuta dai pm che ieri hanno concluso la requisitoria a Palazzo di Giustizia. Due soli imputati presenti. Tutti devastatori e saccheggiatori. Massimo della pena, 16 anni, richiesto per Marina Cugnaschi, lecchese, considerata una black bloc. 15 gli anni chiesti per il romano Alberto Funaro e il catanese Francesco Puglisi, 14 per il bergamasco Vincenzo Vecchi, 12 per Luca Finotti di Pavia e il calabrese Carlo Cuccomarino, 10 per i palermitani Antonino Valguarnera e Carlo Arculeo, 9 per Massimiliano Monai, che era in Piazza Alimonda, “l’uomo della trave”, 8 anni e sei mesi per il toscano Mauro Degl’Innocenti e i siciliani Dario Ursino e Ines Morasca. Per gli altri 13 le pene chieste vanno dai 6 ai 7 anni e 6 mesi.Interpretazione dei fatti e quadro giuridico vengono contestati con vigore dai difensori. «Sedici anni, quelli chiesti per Cugnaschi, non li prende nemmeno chi commette un omicidio», dichiara l’avvocata Laura Tartarini.Ma il pm Canciani, che aveva iniziato la requisitoria da alcune udienze, ha chiesto di «avere il coraggio di chiamare le cose col loro nome, come avremo il coraggio di definire massacro quello che è avvenuto alla Diaz» prima di reclamare «pene severe» augurandosi che «analoga severità venga usata in altri processi perché l’interesse comune è che quello che è avvenuto nel 2001 a Genova non accada più». Eppure è stato proprio il suo impianto a minimizzare le responsabilità delle forze dell’ordine negli scontri che precedettero l’omicidio (archiviato tre anni fa) di Carlo Giuliani, a scollegare i fatti in oggetto «dalla militarizzazione della città – ricorda la segreteria del Supporto al legal forum – l’utilizzo di reparti speciali, di spranghe al posto di manganelli, la completa incapacità di gestire l’ordine pubblico». «Se chi si difende da violenze ingiustificate o ruba un prosciutto merita 225 anni quanti se ne dovrebbero pretendere per chi ha rotto teste, denti, costole, per chi ha torturato, ucciso?», si domanda amaramente Haidi Giuliani, la mamma di Carlo che ora siede a Palazzo Madama sui banchi di Rifondazione. «E quale condanna andrebbe chiesta per il responsabile principale di quelle giornate, il capo della polizia?», aggiunge Salvatore Cannavò, deputato Prc. «Costernata e offesa», Haidi esprime tutta la sua solidarietà ai 25 imputati. Pene «ingiustificate e sproporzionate» anche per Graziella Mascia, capogruppo Prc alla commissione Affari costituzionali della Camera dove è in esame la proposta di una reale commissione di inchiesta su fatti definiti da Amnesty, parte della più immane sospensione dei diritti costituzionali in un paese occidentale dalla fine della seconda guerra mondiale. «Contestare quei reati è fuori dalla storia, chiedere pene così pesanti è delirante», dice Mascia. Sulla stessa linea il suo collega Francesco Caruso: «La procura invoca una sentenza che sia un monito intimidtorio per i movimenti futuri». In questo senso la richiesta di Canciani e Canepa si inserisce a pieno titolo nella mole di processi politici in corso lungo la Penisola contro precari, pacifisti, disobbedienti, studenti, antifascisti. «Non dobbiamo dimenticare il clima tragico e violento in cui maturarono gli scontri», ricordano Alberto Burgio e Claudio Grassi, parlamentari entrambi del Prc. Che la maggioranza non resti «neutrale o equidistante», avanza Paolo Cento, sottosegretario verde all’Economia, ma il timore è che si voglia dare «un colpo al cerchio e uno alla botte, salvando i responsabili politici dei misfatti», ribatte il consigliere lombardo del Prc, Luciano Muhlbauer, all’epoca tra i portavoce del Gsf che si autodenunciarono in solidarietà coi manifestanti accusati. Ma le parole di Canepa e Canciani, viceversa, sono musica alle orecchie delle destre. A sentire Iole Santelli, di Forza Italia, si sarebbe rotto un tabù dimostrando che i manifestanti erano tutt’altro che pacifici. Edmondo Cirielli, deputato di An, ribuca gli schermi, dopo aver legato il suo nome a uno dei tentativi di leggi ad personam per Berlusconi, dicendo quanto sarebbe «vergognoso» chiedere una vera inchiesta parlamentare, forse in dirittura d’arrivo. Lui la farebbe contro i manifestanti. Ma lui è dello stesso partito di Fini e Ascierto che non hanno mai spiegato cosa ci stessero a fare nella caserma dei carabinieri mentre partiva la carica illegittima che avvelenò l’aria di Genova.
fonte: Liberazione
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