L’udienza preliminare per i due funzionari di polizia Pietro Troiani e Salvatore Gava, accusati di falso nell’ambito dei procedimenti per la scuola Diaz, è stata rinviata al 18 dicembre. Pietro Troiani è il postino delle molotov che avrebbero dovuto incolpare i manifestanti e poi rivelatesi una prova falsa. Salvatore Gava, commissario capo, è lo scout alla guida degli agenti che – nel media center della Pascoli – distrussero computer, sala stampa e ufficio legale. Entrambi sono imputati al processo Diaz per calunnia, ma le loro posizioni, in relazione alla firma dei falsi verbali, sono archiviate nel 2005. La procura genovese ritiene la sentenza sovrabbondante e ricorre in Cassazione. Nelle motivazioni del ricorso i pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini contestano l’ipotesi del giudice genovese, per l’occasione fatta propria anche dal procuratore generale di Genova, anch’egli ricorrente, secondo il quale «tutte le risultanze istruttorie sembrano fondatamente deporre per un’azione preordinata e concertata allo scopo di arrestare gli occupanti della scuola Diaz». E’ la tesi della sentenza di archiviazione del gup genovese: Gava e Troiani avrebbero firmato i verbali perché si sarebbero trovati in situazioni decise dall’alto. Si tratterebbe di «un falso inconsapevole». La pensano allo stesso modo le difese dei superpoliziotti imputati per falso e calunnia, che accusano la procura genovese di avere creato un «teorema» contro i vertici delle forze dell’ordine. I pm invece avevano ribattuto a questa tesi, che nel loro ricorso chiamano «terza via». Per Zucca e Cardona Albini le ragioni delle indagini e del processo sono altre: «Lo scenario emerso è adeguatamente rappresentato dall’ipotesi di una consapevole e deliberata azione che, avendo di mira un apparente obiettivo di giustizia, non ha esitato a percorrere ogni mezzo per raggiungere lo scopo sostanziale, dimenticando che la giustizia è risultato che può seguire soltanto l’osservanza di regole». Nessun piano preordinato per la procura, nessuna regia occulta: semplicemente un’operazione all’interno della quale si sarebbero verificati, oltre alla mattanza, anche i reati di falso e calunnia, per giustificare un’azione evidentemente gestita, e finita, male. Un inquinamento che, alla luce delle novità della settimana scorsa, sarebbe proseguito poi durante il dibattimento, attraverso la vicenda delle molotov scomparse, fino ad arrivare all’inchiesta sulla falsa testimonianza dell’ex questore Colucci, all’interno della quale sono indagati anche l’allora capo della polizia De Gennaro e l’allora capo della Digos genovese Spartaco Mortola. La sentenza della Cassazione, infine, suona piuttosto complicata anche per gli attuali imputati del processo Diaz, poiché specifica che, consapevole o inconsapevole (ipotesi ritenuta «poco credibile» dalla Cassazione), si tratta pur sempre di «falso».
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