Genova: Persecuzioni fasciste con codice Rocco
- novembre 23, 2020
- in misure repressive, testimonianze
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Misure speciali e preventive che ci ricordano quanto lo stato di diritto democratico sia una messa in scena che nasconde la perpetua possibilità di tornare alle pratiche da regime fascista (in altre parole il fascismo democratico è d’attualità)
OGNUNO SCELGA DA CHE PARTE STARE
Ormai l’hanno capito anche le pietre che le attuali misure di contenimento della libertà imposte dai vari DPCM poco hanno a che fare con l’emergenza sanitaria in atto, mirano invece a svuotare le strade delle città da qualsiasi attività che non sia produttiva e funzionale al sistema, spianare qualunque dissenso, zittire le voci fuori dal coro dei privilegiati benpensanti, strozzare il conflitto sociale.
Non c’è bisogno di troppe analisi politiche, basta osservare semplicemente la realtà che si presenta brutalmente ai nostri occhi: al di là della retorica del “andrà tutto bene”, dello sforzo comune richiesto per il “bene di tutti”, con o senza pandemia, c’è un solo aspetto nel quale lo Stato si distingue per la sua solerzia, quello repressivo. Si moltiplicano i divieti, sempre più assurdamente indipendenti da qualunque evidenza riguardo all’emergenza sanitaria, si moltiplicano a dismisura i numeri delle forze dell’ordine nelle strade, si moltiplica l’arroganza e la violenza con cui costoro pretendono di imporre le più restrittive limitazioni alla libertà individuale.
Nella nostra città si distingue ultimamente, tra gli altri, l’operato della Polizia Locale: il contagio virale da Covid ha operato in costoro una curiosa e mostruosa trasformazione, da impiegatucci pizzardoni compila multe si sono trasformati in tracotanti sceriffi che spadroneggiano a destra e manca… ma non è sicuramente un caso!
Sono proprio loro l’espressione più diretta e genuina della spocchiosa ed inutile marmaglia di nuovi e vecchi politicanti che si è insediata al governo di questi territori. In questo clima così disteso, alla fine di ottobre, vengo gentilmente omaggiata dalla Questura e dalla Procura della Repubblica di Genova di una richiesta di “sorveglianza speciale”, una tra le più pesanti fra le misure di prevenzione: nel mio caso prevederebbe il rientro notturno al domicilio, il divieto di uscire dal territorio comunale, il divieto di partecipare a manifestazioni pubbliche, il divieto di incontrare pregiudicati o persone sottoposte a misure preventive, il tutto per la durata di 5 anni, pena l’arresto in caso di violazione. La data del giudizio viene fissata in uno stretto lasso di tempo. La sorveglianza speciale viene applicata indipendentemente dal fatto di aver compiuto o no reati specifici ma sulla base di un profilo che le forze dell’ordine stilano a proposito del soggetto, che comprende un giudizio generico sulla sua condotta di vita da cui emergerebbe l’evidente (a loro dire!) pericolosità sociale della persona, tale da doverla sottoporre a misure di prevenzione, cioè prima del compimento di qualsiasi atto, cioè evidentemente un processo alle idee e alle intenzioni. E questa richiesta, da cui scaturirebbe una misura di così rilevante limitazione della libertà individuale, non ha bisogno di essere supportata da prove, a cosa servono le prove! il giudice decide esclusivamente sulla base del profilo che le forze dell’ordine dipingono.
In questo caso la pericolosità sociale che mi viene ascritta, al di là delle tinte fosche che il pubblico ministero Manotti, polizia e Ros spandono a profusione, consiste nell’ideale che sostengo e che mi sostiene, l’anarchia; consiste nell’aver diffuso e promosso idee che coniugano il pensiero e l’azione nella rivendicazione della libertà di autodeterminazione dell’individuo e nell’urgenza di abbattere questo sistema politico ed economico profondamente ingiusto e le discriminazioni che produce; nell’aver praticato solidarietà e sostegno nei confronti degli anarchici imprigionati dallo stato. Non stupisce il fatto di essere oggetto di questa richiesta di restrizione, è sempre stata manifesta la mia posizione sul campo del conflitto sociale, sempre dal lato opposto a quella dei cani da guardia dello stato. Ed è evidente la sua funzione, far fuori chi dia voce al dissenso, evitare pericolose contaminazioni.
Non è certo la prima volta che qualcuno viene sottoposto a questo genere di misura o rischia di esserlo. Io, nel caso, come molte altre compagne e compagni hanno fatto prima di me, affronterò al meglio delle mie intenzioni le conseguenze delle idee in cui mi riconosco. Riflettendo su tutto questo mi sorge, malgrado tutto, un pensiero…stupendo, una sfida contro il condizionamento del giogo quotidiano che di questi tempi è ancora più pesante: che nelle strade, nelle piazze, sui sentieri si riversino in sempre più, insieme o da soli, nell’ombra o in piena luce, a violare senza compromessi le regole e i divieti di questo surrogato di vita che lo stato vorrebbe imporre, con il cuore e l’intenzione fissi sull’orizzonte da raggiungere, la libertà.
Una che non si ravvede
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dio porco