Genova: Quattro poliziotti condannati per il pestaggio del cronista
- febbraio 11, 2021
- in malapolizia
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Due anni fa a Genova l’aggressione a un giornalista di Repubblica durante una manifestazione antifascista.
Il giudice decide una pena soft: 40 giorni. “Ma adesso risarciscano i danni alla vittima”. Lui: “Mi aspettavo di più”. La mano ancora non è posto. Non lo sarà mai. Impossibile compiere i gesti quotidiani più banali, aprire una bottiglia, tenersi alla maniglia sul bus. Faticoso lavorare, battere le dita operate due volte sulla tastiera del pc. Poi c’è la tensione nervosa, lo stress accumulato in un anno e mezzo. Soprattutto dopo le udienze, quando “sembrava che il colpevole fossi diventato io. Colpevole di aver fatto il mio lavoro, di essere dove deve stare un giornalista”.
Invece un giudice ha messo un primo punto fermo sulla brutale aggressione del cronista di Repubblica Stefano Origone da parte di quattro agenti del Reparto Mobile di Bolzaneto, il 23 maggio 2019 durante una manifestazione di piazza contro un comizio di Casa Pound. Tutti e quattro i poliziotti rinviati a giudizio sono stati condannati dal giudice per le udienze preliminari Silvia Carpanini. Le pene sono molto distanti da quanto chiesto dal pm Gabriella Dotto: non un anno e quattro mesi, ma quaranta giorni.
Per il giudice gli agenti erano legittimati a usare la forza durante gli scontri di piazza in un momento di tensione, e hanno percepito Origone come un pericoloso manifestante. Ma infierendo sul suo corpo a terra hanno abusato del proprio potere: non più un reato doloso, ma colposo. Quanto scritto, di fatto, nella relazione della Squadra Mobile, organo di polizia chiamato a indagare sulla stessa polizia.
Fra attenuanti generiche e riduzione della pena per la scelta del rito abbreviato, ecco spiegate le lievissime condanne: “Certo mi aspettavo di più, non mi vergogno a dire che in quei momenti ho avuto paura di morire, gridavo sono un giornalista ma nessuno smetteva di picchiare – dice Origone, rappresentato dall’avvocato Cesare Manzitti – ma è stata riconosciuta la responsabilità di un pestaggio e di questo non posso che essere soddisfatto. I poliziotti in quel momento stavano fermando un manifestante e un cronista non può che seguire da vicino un evento del genere”.
Soltanto l’intervento di un altro poliziotto che conosceva personalmente Origone, il vicequestore Giampiero Bove, aveva interrotto il pestaggio, i calci e le manganellate: il referto del pronto soccorso diceva due dita spappolate, lesioni alla testa e alla schiena.
Non è finita qui, l’appello è scontato: “Leggeremo le motivazioni e ci riserviamo di impugnare la sentenza. La tesi della Procura è ben diversa da quella sposata dal giudice”, premette il procuratore aggiunto Francesco Pinto. Mentre Rachele De Stefanis la legale che difende due degli agenti condannati, parla di “una sentenza pilatesca e non coraggiosa, il comportamento dei miei assistiti è stato impeccabile, l’uso della forza in quel frangente era pienamente legittimo e rispondeva ad esigenze di ordine pubblico condivise dallo stesso pm nelle sue controrepliche”.
Il Gup ha stabilito anche il risarcimento dei danni morali subiti da Origone, una partita che si giocherà in sede civile. Per ora, i quattro condannati dovranno pagare 5mila euro di provvisionali. Per ordine dei giornalisti e Fnsi “si conferma che il lavoro dei giornalisti non è mai esente da rischi, ma l’esigenza di raccontare, documentare un fatto non è temeraria o imprudente, bensì fondamentale per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati”.
Marco Lignana
da La Repubblica