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Genova: Sorveglianza speciale per due studenti

A tre anni di distanza dall’ultima volta in cui è stata richiesta e respinta la “sorveglianza speciale” a Genova, alcuni giorni fa la questura, sostenuta dall’attività del noto procuratore Scolastico e della Digos genovese, riprova di nuovo ad applicare questa misura a due amiche e compagne anarchiche, tentando di aggiungerla all’armamentario repressivo con il quale si sta cercando di fermare il dissenso e di colpire chi lo esprime attivamente.
Tre anni fa la “sorveglianza speciale” veniva proposta all’interno di un contesto caratterizzato da iniziative spontanee contro la presenza dell’esercito in strada, contro esponenti politici e movimenti xenofobi e guerrafondai, un contesto decisamente ostile a istituzioni e polizia.
Negli anni successivi si sono aggiunte le mobilitazioni avvenute in città contro il TAV, le occupazioni di case, i cortei di lavoratori e studenti. Non sono bastate le denunce generalizzate, gli avvisi orali, gli sgomberi, l’obbligo delle firme e gli arresti domiciliari, non sapendo più che pesci prendere, hanno tirato nuovamente fuori dal cilindro un provvedimento che risale all’epoca fascista, la “sorveglianza speciale” appunto.

Si tratta di una misura preventiva che viene richiesta a chi è ritenuto dagli inquirenti “socialmente pericoloso”, ossia accusato di mantenere una condotta antisociale, delittuosa, moralmente pericolosa. Di fatto è una misura poliziesca che mira a reprimere il dissenso e colpisce persone che si ribellano alle nefandezze commesse quotidianamente da chi sta al potere.
Persone che esprimono liberamente le proprie idee e le mettono in pratica senza farsi intimidire dai mezzi
repressivi. Una volta sottoposte a “sorveglianza speciale” queste persone non possono uscire di notte, allontanarsi dal luogo di residenza, partecipare a iniziative, incontri politici e a manifestazioni di piazza. In poche parole cercano di blindarne l’esistenza, restringendo concretamente e brutalmente la libertà personale.

La “sorveglianza speciale” altro non è che un’inaccettabile, infame stratagemma che tenta di fermare chi si ribella. È, inoltre, un inganno che cerca di mascherare una realtà ormai evidente a tutti, ossia che sono le istituzioni, insieme ai loro scagnozzi, ad essere socialmente pericolosi.
Tutti lo provano quotidianamente sulla propria pelle: sono le scelte calate dall’alto, imposte dalla violenza della polizia, ad essere dannose e pericolose per le nostre vite. Ribellarsi è l’unico modo per rispondere alla minaccia della repressione!
Solidarietà a Evelin e Marika

VENERDì 14 GIUGNO DALLE ORE 17 PRESIDIO-VOLANTINAGGIO


IN PIAZZA BANCHI IN VISTA DEL PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ


LUNEDÌ 17 GIUGNO DAVANTI AL TRIBUNALE DALLE ORE 9