Verso il 7 ottobre. A Berlino saranno schierati oltre duemila agenti. Sono 160 invece gli obiettivi blindati
di Sebastiano Canetta da il manifesto
Al ministero dell’Interno quanto all’Ufficio per la protezione della Costituzione (Bfv) – l’agenzia di controspionaggio – l’allarme generale per l’anniversario del 7 ottobre lampeggia ormai da giorni.
Il piano «anti-rivolte» della polizia federale per contrastare la «settimana di azione» annunciata dagli attivisti pro Palestina scatterà dunque nelle prime ore di questa mattina con gli oltre duemila agenti provenienti da otto Land già schierati ieri lungo i punti-chiave capitale tedesca: l’hot-spot della protesta con i suoi quartieri caldi Neukoelln, Kreuzberg e Wedding che da un anno i media locali non definiscono più come «turchi» ma «arabi». Nella pratica a Berlino non serve neppure il divieto alle manifestazioni non autorizzate né la lunga lista di «slogan antisemiti» che oggi costeranno come al solito l’arresto immediato per chi li scandirà in pubblico: «Le autorità potranno procedere con azioni preventive», taglia corto la polizia. Blindati nella capitale tedesca 160 edifici considerati potenziali obiettivi di attacchi; dalle undici sinagoghe della città alle strutture di enti e imprese israeliane. Obiettivo: «Reagire rapidamente contro gli assembramenti spontanei, i reati e tutti gli altri pericoli» sintetizza il portavoce della polizia.
Spetta invece al presidente del BfV, Thomas Haldenwang, avvocato nell’orbita della Cdu (che ha vissuto in un kibbutz ai tempi della formazione scolastica) tradurre questi rischi: «L’anniversario può diventare l’evento scatenante per gran parte del movimento di protesta. C’è un grande potenziale di emotività, polarizzazione e radicalizzazione anche da parte di chi finora è stato su posizioni moderate». Non un cenno, ovviamente, sulle cause politiche della crescente estremizzazione; la ragione di stato qui impone a qualunque carica istituzionale di ridurre la questione palestinese sostanzialmente a un problema di ordine pubblico. Mentre alla vigilia del 7 ottobre incombe su Berlino l’altro grande silenzio: sull’aiuto militare tedesco all’esercito israeliano mai interrotto nonostante i moniti della Corte penale internazionale. Grazie alla deputata Sevim Dagdelen (ex Linke passata a Bsw) è di pubblico dominio la nota ufficiale del governo Scholz per cui «dal 7 ottobre 2023 solo il 2% del nostro export bellico verso Tel Aviv è rappresentato da armi; il resto sono elmetti, giubbotti protettivi e strumenti di comunicazione».
Così si giustifica la coalizione semaforo anche se la percentuale che davvero pesa e conta a Berlino è solo il numero degli elettori disposti a sostenere i vari fronti di guerra aperti da Netanyahu. Ad appoggiare la difesa incondizionata di Israele è ormai solo il 19% dei tedeschi ed è assai sintomatica la divisione per partito fotografata dall’ultimo sondaggio di «Ard-Deutschland Trend». Contrari al supporto militare illimitato della Germania a Tel Aviv è il 62% dei simpatizzanti dei Verdi, il 65% dei militanti della Spd e il 56% degli iscritti a Fdp, giusto per rimanere nel recinto politico della maggioranza. All’opposizione il muro del rifiuto è ancora più granitico con la Cdu (68%) e i due partiti che dominano il consenso nella Germania dell’Est: Afd (80%) e Bsw (77%).
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