Menu

Giocamondo querela Melting Pot e il giornalista Riccardo Bottazzo per l’articolo di denuncia delle condizioni presenti nel centro di accoglienza Oasi di Carpineto, Ascoli

“Voi chi? Voi chi? Voi chi?”. Ben quarantamila visualizzazioni in appena due giorni e la risposta al giornalista diventa un vero e proprio tormentone, tanto da dar vita perfino ad una pagina facebook intitolata “Voi chi?” a suggellarne la viralità con una lunga serie di battute e immagini ironiche. È questo l’effetto prodotto dall’intervista realizzata da Maurizio Bargiacchi, personaggio scomodo e molto conosciuto ad Ascoli Piceno per le sue inchieste ambientaliste e sugli scandali legati al terremoto, nonché per altre battaglie sul fronte dei diritti, a Marco Fioravanti, presidente del consiglio comunale della città marchigiana eletto nelle liste di Fratelli d’Italia, nonché manager della società Giocamondo.

 

La domanda che Bargiacchi avrebbe voluto fare a Fioravanti a margine di un convegno organizzato dello stesso presidente del consiglio comunale sui temi dell’immigrazione (i cui ospiti principali erano Giorgia Meloni e Matteo Salvini) riguardava un’inchiesta svolta da Melting Pot e Lasciateci Entrare firmata dalla penna pungente di Riccardo Bottazzo alcuni mesi fa, che evidentemente ha innervosito parecchio il golden boy della destra picena. [qui l’inchiesta integrale]

E si potrebbe dire non a torto. L’inchiesta, infatti, nata a seguito di alcune segnalazioni ricevute da Melting Pot, riguardava alcune gravi irregolarità consumate all’interno di un Centro di Accoglienza Straordinaria di Ascoli Piceno e gestito proprio da Giocamondo nelle strutture dell’hotel Oasi di Carpineto.
L’articolo aveva già destato una certa attenzione intorno alla vicenda, ma non abbastanza, forse, da scuotere le istituzioni locali e tanto meno la soporifera opposizione presente in consiglio comunale. Fortunatamente a ridargli slancio è intervenuto proprio il clamoroso autogol di Fioravanti, che con la sua reazione al limite dell’isterismo non solo sta facendo letteralmente impazzire dalle risate l’intero Piceno, ma ha risollevato l’interesse dell’opinione pubblica per il caso e, speriamo, anche quello degli organi preposti al controllo su ciò che avviene all’interno del Cas.

Chi certamente si è divertito meno, invece, sono i gestori della struttura. Infatti, la grande eco sollevata nel web dall’intervista di Fioravanti, ha spinto Elisa Farina e Stefano De Angelis, rispettivamente direttrice del Cas e direttore di Giocamondo, a querelare Bottazzo e Melting Pot, nel goffo tentativo di fermare la viralità del video e della nostra inchiesta, e diffidando la redazione a rimuovere l’articolo, pena gravi ripercussioni. Secondo i due, l’inchiesta “sarebbe avvulsa dalla realtà ed i contenuti lesivi alla loro onorabilità e proffesionalità.”

Quello che né i dirigenti di Giocamondo, né il loro avvocato, sanno è che Melting Pot è in possesso di una ricca documentazione a sostegno della veridicità di quanto scritto da Riccardo Bottazzo. Tale documentazione, fornitaci dagli stessi operatori di Giocamondo e costituita da foto, appunti e particolareggiati racconti, non è stata pubblicata all’epoca dell’inchiesta perché ci sembrava che quanto detto fosse sufficiente a denunciare la mala gestione del Cas. Pubblichiamo oggi la documentazione (che è in possesso sia di Meltingpot che di LasciateCIEntrare) in nostro possesso a conferma della veridicità di quanto scritto. Siamo certi che la querela temeraria di Farina e De Angelis produrrà un effetto boomerang peggiore del video, perché l’impressione è che più si approfondisce più vengono fuori scheletri dall’armadio di Giocamondo.
Non crediamo, quindi, di dover dare risposte al legale della società, che ci intima di dare spiegazioni sul contenuto dell’inchiesta. Anzi, diciamo subito che se c’è qualcuno che deve dei chiarimenti, è proprio Giocamondo, che, tanto per iniziare, dovrebbe rispondere alle domande che a suo tempo Bargiacchi aveva chiesto di fare ai gestori del Cas.

Per esempio, a quale fine all’interno della struttura viene somministrato ai beneficiari l’olio di ricino? In una loro chat i dirigenti del centro ne raccomandano l’uso

JPEG - 588.9 Kb
Invito all’uso dell’olio di ricino

e infatti la dispensa è piena di flaconi contenti la famigerata purga fascista,

JPEG - 220.7 Kb
Olio di ricino e altri farmaci

A suggerire la risposta sono le pagine di una sorta di diario medico redatto dagli stessi operatori del centro, che ne annotano l’uso a scopo punitivo.

JPEG - 233.2 Kb
La somministrazione dell’olio di ricino e di altri farmaci

Per quanto concerne la professionalità della struttura, che secondo Farina e De Angelis sarebbe stata lesa dall’inchiesta di Melting Pot, le immagini in possesso della redazione parlano abbastanza chiaramente e, come dire, l’idea che ci si fa non è propriamente quella di aver a che fare con personale altamente qualificato. Anche in questo caso, è interessante leggere alcune chat interne in cui i beneficiari vengono ripetutamente offesi con insulti razzisti e si auspicano punizioni corporali per chi si comporta male. L’aspetto particolarmente scandaloso è che tale considerazioni non provengono da semplici operatori, ma in larga parte dai dirigenti del centro.

JPEG - 951.8 Kb
Prese in giro verso i destinatari
JPEG - 295.7 Kb
Professionalità
JPEG - 804.8 Kb
Frasi razziste

Potremmo poi parlare della qualità dei servizi erogati all’interno del Cas e, in particolare, del servizio di refezione, su cui ciascuno può trarre le proprie considerazioni osservando semplicemente alcune foto sullo stato di conservazione degli alimenti

JPEG - 199.5 Kb
Cibo avariato
JPEG - 418.8 Kb
Pulizia
JPEG - 278.4 Kb
Psicofarmaci alla portata di tutti

e sulla pulizia della cucina. Solo en passant, e giusto per richiamare l’attenzione sui discutibili meccanismi con cui vengono affidate le gestioni dei Cas, vale la pena ricordare che a fine febbraio è atteso il giudizio del processo in cui lo stesso De Angelis è imputato con l’accusa di imprudenza, imperizia e mancata cura delle procedure sanitarie e di igiene nella manipolazione e preparazione di prodotti alimentari, a causa delle lesioni riportate da 104 persone dopo la consumazione di cibi contaminati da salmonella in occasione di un capodanno organizzato proprio da Giocamondo all’Oasi Carpineto (chi volesse aggiornamenti anche questa vicenda può seguire la pagina Facebook “Avvelenati al ristorante”).

Con gli amici di Lasciateci Entrare, Melting Pot aveva anche indagato l’aspetto dei diritti legali e sanitari che qualsiasi centro di accoglienza dovrebbe essere chiamato a garantire ai richiedenti asilo, e per il quale si rimanda all’articolo di Bottazzo.

Ragionando sull’intera questione alla fine ci si chiede come sia possibile che esistano strutture in cui non solo non vengono rispettati gli standard minimi di accoglienza, ma che addirittura diventano luoghi di applicazione di metodologie punitive. E’ all’interno di tali contesti di precarietà e assenza delle fondamentali garanzie che si generano e si diffondono gli episodi di maltrattamenti e di tortura, puntualmente denunciati nel rapporto di Amnesty “Hotspot Italia. La risposta è sotto gli occhi di tutti e, rispolverando un vecchio motto, si potrebbe dire “il sistema è malato alla radice”.

È assurdo, infatti, che le politiche di accoglienza continuino a essere gestite dal ministero dell’Interno, rafforzando in tal modo nell’opinione pubblica l’immagine del migrante come un mero tema di ordine pubblico e sicurezza che spinge la gran parte della popolazione a disinteressarsi o voltare lo sguardo altrove anche di fronte alla palese violazione dei più elementari diritti o a leggi oggettivamente razziste, varate e applicate in base agli umori della classe politica. In tal senso, il recentissimo piano presentato dal ministro Minniti ne è una ulteriore riprova e, anzi, rappresenta un innalzamento del livello repressivo che porta a definire il migrante non come soggetto titolare di diritti, ma come forza lavoro gratuita o individuo da destinare a strutture detentive.

Altrettanto certo, però, è che se la società civile latita, anche le istituzioni territoriali non brillano per la volontà di contribuire alla costruzione di un sistema che, quanto meno, provi a essere umanamente sostenibile. Nel caso specifico, pare piuttosto inverosimile, considerata anche l’alta attenzione che i sindaci dedicano oggi alla presenza di centri di accoglienza nei loro territori, che nessun sentore di ciò che stava accadendo nel centro di Carpineto sia mai giunto ai vertici dell’Amministrazione di Ascoli Piceno dove, ricordiamolo, Marco Fioravanti, il signor “Voi chi?” e manager di Giocamondo, ricopre l’incarico di presidente del consiglio comunale e appartiene alla stessa maggioranza del sindaco Guido Castelli e del vicesindaco, con delega all’Immigrazione, Donatella Giuseppina Ferretti. Di sicuro, almeno per il momento, c’è che l’assordante silenzio dell’Amministrazione è un indicatore abbastanza veritiero del clima d’imbarazzo che serpeggia per le stanze del Palazzo. Ora, però, la bomba è scoppiata e difficilmente il Comune, così come tutta la filiera istituzionale che si occupa di immigrazione, potranno continuare a eludere la questione.

Melting Pot e LasciateCientrare non si faranno certo intimidire dalle querele. Continueremo a denunciare la mala accoglienza, a fare ciò che va fatto ed a scrivere ciò che va scritto.

L’articolo è frutto di un lavoro collettivo della redazione di Melting Pot con la campagna LasciateCIEntrare e l’Ambasciata dei Diritti di Ancona.

da MeltingPotEuropa