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Giuseppe Casu non era matto Ma morì legato al letto,arrestato il primario dell’ospedale.

Falsificate le prove nel reparto di anatomia patologica
Il primario di “Anatomia patologica” dell’ospedale cagliaritano Santissima Trinità, Antonio Maccioni, da venerdì scorso è agli arresti domiciliari. L’inchiesta della magistratura aperta dopo la morte dell’ambulante Giuseppe Casu, avvenuta il 22 giungo di due anni fa, è giunta a un’altra svolta importante. Insieme a Maccioni è sottoposto a indagini anche il tecnico del reparto Stefano Esu. Secondo il Gip i due sono complici e responsabili della distruzione di parti anatomiche di Casu. Esu e Maccioni sono accusati di soppressione di parti di cadavere, favoreggiamento, falso materiale e ideologico e frode processuale. Domani mattina è stato fissato l’interrogatorio di garanzia degli indagati.La vicenda del venditore ambulante e pensionato di Quartu Sant’Elena, Giuseppe Casu, è drammatica e assurda. La sua famiglia e un comitato spontaneo chiedono «verità e giustizia» dal 15 giugno 2006, cioè dal giorno in cui Casu è stato sottoposto a ricovero coatto e in seguito a contenzione nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Santissima Trinità. Questo il racconto riportato sul sito www.comitatogiuseppecasu.it : «Giuseppe Casu era un pensionato che saltuariamente faceva l’ambulante senza avere la licenza. Non era l’ultimo, né l’unico degli ambulanti abusivi di Quartu Sant’Elena, era piuttosto il soggetto più vulnerabile. Svolgeva questa attività in modo anomalo perché in realtà spesso lasciava la merce e il mezzo incustoditi. Chi passava per la Piazza IV Novembre lo notava per la sua stravaganza o per il fatto che magari era più intento a chiacchierare o talvolta a giocare pacificamente a carte piuttosto che a vendere. Il 15 giugno 2006 in piazza IV Novembre tutto avviene in maniera molto rapida: i carabinieri e la polizia municipale effettuano il ricovero coatto di Giuseppe Casu». La motivazione è: «Agitazione psicomotoria». L’ambulante è trasportato con urgenza nel reparto psichiatrico e qui legato a un letto sino al giorno della sua morte, causata da tromboembolia dell’arteria polmonare. Sette giorni immobilizzato oltretutto senza adeguata terapia farmacologica anti trombosi. Il primario del reparto Gian Paolo Turri, rinviato a giudizio a novembre scorso, è per questo imputato di omicidio colposo assieme al medico Maria Rosaria Cantone. La prossima udienza del processo davanti al giudice monocratico si terrà il 17 novembre prossimo.Il fatto inquietante della sparizione delle parti autoptiche emerge durante le indagini preliminari per la morte di Casu. I reperti dell’autopsia a disposizione dell’autorità giudiziaria spariscono. Il barattolo con le parti anatomiche dell’ambulante sotto formalina è sostituito con un altro contenitore all’interno del quale ci sono reperti di un altro paziente morto sempre per tromboembolia ma a causa di un tumore. È chiaro che l’intenzione di chi ha fatto sparire e sostituito il barattolo è quella di inquinare le prove, o meglio, di eliminare una delle prove più importanti. Ad accorgersi della sostituzione è l’anatomopatologo Giovanni Frau, consulente del Pubblico ministero titolare dell’inchiesta Giangiacomo Pilia. Frau si accorge della non corrispondenza delle parti in seguito al confronto con la documentazione fotografica e con il verbale dell’autopsia. L’indagine della Procura si suddivide quindi in due tronconi: il primo relativo all’accusa di omicidio colposo, il secondo alla frode processuale. Emergono le contraddizioni soprattutto in relazione alla possibilità che Maccioni ed Esu abbiano compilato di loro pugno l’etichetta sul contenitore fasullo. Il medico e il tecnico negano di averlo fatto ma una perizia grafologica dimostra il contrario. Ad inchiodare Maccioni ed Esu ci sarebbe poi la testimonianza della dottoressa Daniela Onnis, colei che materialmente aveva effettuato l’autopsia sul corpo di Casu e compilato la prima etichetta. Gli avvocati dei familiari di Giuseppe Casu, Mario Canessa e Dario Sarigu, dicono che «ovviamente ogni giudizio sulla colpevolezza o meno degli indagati sarà rimesso alla magistratura. Allo stato attuale riteniamo che l’indagine attenta e scrupolosa abbia portato comunque all’acquisizione di un carico giudiziario di notevole spessore». Il legale di Maccioni, Antonio De Toni, ritiene che dall’inchiesta siano stati trascurati alcuni fattori decisivi. Altro elemento che gli avvocati della famiglia Casu aggiungono alla gravità della vicenda è la ritardata notifica del trattamento sanitario obbligatorio. Il sindaco di Quartu Sant’Elena ha disposto il ricovero con l’ordinanza numero 7 del 15 giugno 2006. Per legge il provvedimento del sindaco deve essere trasmesso al giudice tutelare per la convalida entro le 48 ore successive. Invece il giudice riceve la notifica solo il 20 giugno, come risulta dal timbro di deposito della Cancelleria del Tribunale. Cioè cinque giorni dopo l’ordine di ricovero il 21 giugno, con procedimento numero VG 1176/06, avviene la convalida del Tso. Il 22 giugno Casu muore.