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Quando gli abusi sono commessi dalle forze di pace

Dodici gruppi per i diritti umani hanno reso pubblica una lettera indirizzata al sottosegretario generale per le operazioni di pace delle Nazioni Unite Jean-Pierre Lacroix, in cui veniva espressa preoccupazione sull’utilizzo delle Rapid Action Battalion (RAB) del Bangladesh nelle missioni di pace.

di Enrico Phelipon

Secondo questi gruppi, ci sarebbero infatti prove concrete che, dalla loro creazione nel 2004, le RAB sarebbero state responsabili di esecuzioni extragiudiziali, torture e sparizioni forzate in territorio bengalese. Già nel 2006, un report dell’organizzazione per la tutela dei diritti umani Human Rights Watch, evidenziava le responsabilità delle RAB per le uccisioni extragiudiziali di 350 persone detenute. Inoltre, secondo diverse organizzazioni non governative (ONG) firmatarie della lettera, dal 2018 ad oggi le RAB avrebbero commesso circa 600 omicidi extragiudiziali.

Le denunce relative all’operato delle RAB non arrivano esclusivamente dalle ONG, anche gli Stati Uniti lo scorso dicembre, avevano sanzionato diversi ali ufficiali delle RAB per abusi e diffuse violazioni dei diritti umani. Nella lettera a Lacroix, in particolare veniva sottolineato il fatto che le Nazione Unite non avessero in alcun modo applicato le misure che prevedevano i controlli relativi al rispetto dei diritti umani per le forze di pace (caschi blu) impiegati nelle missioni.

Dal 2012, infatti esiste una politica che prevede che gli Stati membri che nominano o forniscono personale per servire con le Nazioni Unite siano tenuti a effettuare controlli sul loro personale, certificando che non abbiano commesso reati e/o violazioni dei diritti umani.

Nonostante la lettera fosse stata inviata l’8 novembre scorso, ad oggi, dalle Nazioni Unite non è ancora giunta alcuna risposta in merito. Il silenzio per quanto riguarda la questione delle RAB, probabilmente deriva dal fatto che il Bangladesh nel 2020, con 6.731 soldati, è stato uno dei principali “fornitori” di personale per le varie missioni.

Al momento sono 12 le missioni di pace attive in varie zone del mondo che vedono impegnati oltre 70.000 caschi blu. Che le forze di pace non siano sempre state un esempio di integrità morale è tristemente cosa risaputa.

Accuse di violenze sessuali da parte dei caschi blu sono emerse già durante gli anni ’90 con la missione delle Nazioni Unite in Cambogia. Seguite poi da denunce simili, relative alle missioni in Bosnia Erzegovina, Haiti, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Timor Est. Queste accuse sono diventate più comuni con l’aumento della portata di queste missioni.

Nel 2006, ad esempio, ci sono state 357 denunce di sfruttamento e abusi sessuali che hanno coinvolto le forze di pace delle Nazioni Unite. Tuttavia, le forze di pace colpevoli di violenze sessuali e altri crimini di guerra perpetuati durante le operazioni hanno goduto sempre di un certo livello di impunità sia nei loro paesi d’origine che da parte delle Nazioni Unite. Sarebbe infatti controproducente per le Nazioni Unite indagare in modo approfondito tutte le denunce di violazioni, con il rischio di andare a compromettere quella che è “l’immagine” dei caschi blu, come stabilizzatori e portatori di pace.

Bisogna inoltre considerare che una ampia parte dei caschi blu proviene da paesi, dell’Asia e dell’Africa , in cui la tutela e il rispetto dei diritti umani non è certo una priorità. Purtroppo, abusi e crimini sono stati commessi anche da soldati di paesi occidentali, nel 2014, truppe internazionali in servizio come forze di pace nella Repubblica Centroafricana avrebbero abusato sessualmente bambini in cambio di cibo o denaro.

I presunti colpevoli provenivano in gran parte da membri dell’operazione militare francese Sangaris, che operava su autorizzazione del Consiglio di sicurezza ma non sotto il comando delle Nazioni Unite . Stando ad un’indagine di Associated Press, negli ultimi 12 anni sarebbero oltre 2.000 le denunce di violazioni e abusi da parte dei caschi blu.

Per il momento le Nazioni Unite hanno fatto poco per porre un freno a tali crimini, non avendo un vero e proprio potere legale per punire i colpevoli, anche nei casi in cui le indagini abbiano confermato abusi da parte dei caschi blu non si è andati oltre alla segnalazione ai governi dei paesi di provenienza. Se poi siano stati presi provvedimenti verso questi soldati nei loro paesi non è dato saperlo.

Le missioni di pace delle Nazioni Unite svolgono un ruolo fondamentale nello scenario internazionale come strumento utile a mitigare i conflitti, e negli anni queste missioni hanno ottenuto anche diversi successi.

Essendo parti terze al conflitto e provenendo da paesi diversi, i caschi blu, sono spesso molto più tollerati dalla popolazione locale rispetto alle operazioni militari guidate da un singolo stato. Proprio per mantenere questo ruolo fondamentale, servono maggiori controlli sulle truppe dispiegate e che le denunce di abusi non vengano “nascoste sotto il tappeto” ma affrontate per punire i colpevoli.

da L’Indipendente