È il reparto della Polizia penitenziaria impiegato per operazioni a rischio e, a volte, “lavori sporchi”. Il Gom, Gruppo Operativo Mobile, è un corpo speciale attualmente diretto dal generale Mauro D’Amico, fu istituito nel 1997 con un provvedimento firmato dall’allora capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Michele Coiro, ma soltanto due anni dopo (con il decreto ministeriale del 19 febbraio 1999, firmato dall’allora ministro della Giustizia Oliviero Diliberto) ebbe il suo definitivo riconoscimento.
Il Gom nasce per provvedere al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41 bis, il carcere duro. Tale norma legislativa venne introdotta nel 1992, nel cosiddetto “super decreto antimafia”, come risposta alle stragi mafiose da poco avvenute e che causarono la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e degli agenti delle loro rispettive scorte. Ufficialmente lo scopo del 41 Bis sarebbe quello di recidere ogni possibile contatto del detenuto con l’esterno, e quindi, con l’organizzazione criminale di riferimento. Proprio per far sì che ciò avvenisse, venne creato il Gruppo operativo mobile, che in realtà raccolse l’eredità di un altro reparto, lo “Scopp” (Coordinamento delle attività operative di Polizia penitenziaria), istituito nei primi anni ’90 soprattutto per consentire la sicura esecuzione dei processi, e del “Battaglione Mobile” dell’allora corpo degli Agenti di custodia, che operò a cavallo fra gli anni 70 e 80.
Mansioni “speciali”
Tra le altre funzioni ufficiali di questa struttura vengono indicate il mantenimento dell’ordine e della disciplina negli istituti penitenziari, con priorità a interventi in occasione di “gravi situazioni di turbamento” tipo risse o rivolte dei detenuti; inoltre i Gom sono impegnati nel garantire la sicurezza delle traduzioni e piantonamento relativi a detenuti ed internati definiti ad altissimo indice di pericolosità e con particolare posizione processuale (collaboratori di giustizia e altri), che possono essere effettuati, per motivi di sicurezza e riservatezza, in deroga alle vigenti disposizioni amministrative in materia, con particolari modalità operative.
Infine al Gom competono ì servizi di tutela e scorta del personale in servizio presso l’Amministrazione penitenziaria esposto a particolari situazioni di rischio personale (effettuati dal nucleo Tutela e scorte costituito da circa 50 unità), la traduzione di tutti i detenuti “collaboratori dì giustizia”, ad altissimo rischio, la gestione del servizio di multi video comunicazione (processi in videoconferenza) e gli interventi disposti dal direttore generale nei casi di emergenza previsti dall’articolo 41 bis (irruzioni nelle celle, intercettazioni).
Il Gom, diretto dal generale D’Amico, e costituito da circa 700 uomini alle dirette dipendenze della direzione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Ufficialmente ha compiti di sorveglianza e protezione dei detenuti di massima pericolosità. Insomma è un fiore all’occhiello del corpo di polizia penitenziaria e gode di cospicui finanziamenti. Come abbiamo già scritto, il Gom nasce dalle ceneri dello Scopp, corpo speciale che oltre a sedare le proteste ha avuto la funzione, poi ereditata dal Gom, di acquisire informazioni.
L’operato del Gom è stato sempre messo in discussione per i suoi metodi non propriamente democratici. Nel passato ci furono molte denunce da parte dei detenuti per il modo brutale delle loro ispezioni alle celle. Proprio per questo si era pensato a un coinvolgimento dei Gom nel pestaggio del carcere di Sassari dell’aprile 2000, sebbene sia poi emerso che la presenza di agenti Gom fosse limitata a poche unità. I Gruppi operativi mobili sono coperti dalla più totale impunità in quanto non rispondono delle loro azioni né alla direzione né al comando delle guardie dell’istituto penitenziario in cui intervengono, e godono dell’autorizzazione a intervenire direttamente dal ministero.
Da Pianosa a Opera
Durante gli anni 90 furono aperte due grandi inchieste per maltrattamenti avvenuti nelle carceri di Secondigliano e Pianosa. Vennero rinviati a giudizio 65 agenti dello Scopp diretti dall’allora generale Enrico Ragosa, poi passato al Sisde e successivamente alla direzione dell’Ugap (Ufficio Garanzie Penitenziarie) che dirige l’attività dei Gom.
Il carcere di Pianosa venne in seguito chiuso per intervento dell’ex direttore del Dap, Alessandro Margara. L’ex direttore, davanti alla Corte europea, utilizzò parole inquietanti e di estrema attualità: “I fatti accaduti nella prigione di Pianosa erano stati voluti o quanto meno tollerati dal governo in carica. In particolare i trasferimenti erano effettuati secondo modalità volte a intimorire i detenuti stessi. La famigerata sezione Agrippa era stata gestita ricorrendo ad agenti provenienti da altre regioni (ossia reparti speciali) che disponevano di carta bianca. Il tutto corrispondeva ad un preciso disegno”.
Alessandro Margara fu poi sostituito da Giancarlo Caselli per volere dell’allora ministro Diliberto. Sì, lo stesso ministro che, una volta disciolto il famigerato Scopp, ha istituito il Gom. Non ha fatto in tempo a renderlo operativo che già scoppiarono degli scandali.
Il primo accade nel 1998. Una quindicina di agenti Gom entrarono nel carcere milanese di Opera per effettuare una perquisizione straordinaria dove si arrivò perfino allo scontro con le guardie penitenziarie semplici. In quell’occasione, nei giornali, si utilizzò il paragone cileno: “Detenuti spogliati, qualcuno anche tre volte, costretti a ripetuti piegamenti, pure i cardiopatici e gli anziani; quindi raggruppati nel cortile, al freddo dalle 9.30 alle 13.30, chi in accappatoio, chi scalzo, mentre le celle venivano perquisite”.
“Alcuni agenti di Opera erano sconcertati, ed hanno raccontato di aver rischiato di arrivare alle mani con i loro colleghi del Gom”. Le richieste di scioglimento dei Gom in quell’occasione non portarono a nessun risultato. Anzi, nel 1999, il solito ministro Diliberto, dopo aver posto ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria Giancarlo Caselli in sostituzione di Margara, fece nascere l’Ugap (Ufficio Garanzie Penitenziarie) che attualmente dirige l’attività dei Gom.
A capo dell’Ugap venne messo l’allora generale Enrico Ragosa, già degli Scoop e del Sisde, che guiderà anche la spedizione di funzionari del ministero di Giustizia italiano in Kossovo per procedere alla ricostruzione e riorganizzazione post-bellica del sistema penitenziario kosovaro.
Una fama mondiale
L’altro scandalo prosegue nel marzo del 2000 dove agenti dei Gom intercettarono, in palese violazione della legislazione vigente, le comunicazioni tra un imputato e il suo avvocato durante un processo per associazione camorristica. Arriviamo poi ai giorni terribili del G8 di Genova, repressione definita da Amnesty International “la più grande sospensione dei diritti democratici, in un Paese occidentale, dalla fine della Seconda guerra mondiale”.
Alla caserma Bolzaneto, dove furono trattenuti i manifestanti, avvennero delle indicibili violenze da parte dei penitenziari. In particolar modo la spedizione punitiva (secondo l’allora magistrato, capo del Dap Alfonso Sabella, fu tutto regolare) era composta esattamente dai Gom. Dopo quei fatti, associazioni come Antigone chiesero l’immediato scioglimento del Gom, e magari di sostituirlo con un corpo controllato e trasparente. Insomma più democratico.
Damiano Aliprandi da Il Garantista