Non è un fermo come gli altri quello della Sea-Eye 4. Per la prima volta è stata applicata la recidiva: la detenzione durerà due mesi. E non è la notizia peggiore per l’Ong: il terzo grado della reiterazione prevede la confisca del mezzo
di Giansandro Merli da il manifesto
Non è un fermo come gli altri quello disposto ieri dalla capitaneria di porto di Reggio Calabria contro la Sea-Eye 4. Per la prima volta dall’introduzione del decreto Piantedosi, a gennaio 2023, è stata applicata la recidiva: così la detenzione non durerà 20 giorni, come nei 20 casi precedenti, ma due mesi. E questa non è la notizia peggiore per l’Ong: il terzo grado della reiterazione dell’illecito prevede la confisca del mezzo.
LA SEA-EYE 4 è stata acquistata alla fine del 2020 grazie al sostegno della coalizione United4Rescue e alle donazioni di migliaia di cittadini. La spesa complessiva, tra passaggio di proprietà e adattamento della nave, fu di circa 850mila euro. È lunga 53 metri e larga 12. La sua prima missione umanitaria risale al maggio 2021, al termine dello scorso anno aveva già salvato la vita a quasi 3mila persone.
L’ULTIMA operazione nel Mediterraneo centrale è stata impegnativa. La mattina del 7 marzo l’equipaggio ha portato al sicuro 84 persone in fuga dalla Libia. Il centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha assegnato il porto di Ortona. Durante la navigazione la nave ha realizzato altri due interventi: prima ha assistito un barcone in pericolo, su cui è intervenuta la guardia costiera italiana, e poi salvato direttamente altre 61 persone. In questi due casi ha operato sotto il coordinamento italiano. A essere incriminato è il primo soccorso. L’accusa è la stessa mossa ad altre Ong: non aver obbedito ai libici. Che nell’evento della Sea-Eye 4 erano presenti sulla scena con due motovedette, donate dall’Italia, tra le più attive nelle intercettazioni forzate di migranti: la Morzak e la Fezzan.
LA NOVITÀ, quindi, non sta nelle motivazioni del fermo ma nell’applicazione della recidiva. Secondo le autorità italiane sarebbe giustificata dal fatto che lo stesso comandante della nave aveva commesso un’analoga violazione a giugno dello scorso anno. In quel caso per aver compiuto un secondo soccorso senza autorizzazione durante il tragitto verso il porto lontano. In realtà lo stesso capitano sulla stessa nave aveva già subito un secondo fermo, lo scorso ottobre. Quella volta, però, la detenzione era stata disposta comunque per 20 giorni.
IL DECRETO ANTI-ONG di Piantedosi è un testo pieno di ambiguità che lasciano ampio spazio alle interpretazioni (e all’arbitrio). Vale anche per la recidiva. Cerando di restare sul piano giuridico c’è una circostanza che potrebbe ad aver fatto scattare la reiterazione: di recente Sea-Eye ha ricevuto l’ordinanza del prefetto che stabilisce l’ammontare della multa relativa al primo dei quattro fermi. Questi provvedimenti stanno arrivando anche alle altre Ong e sono esecutivi nonostante vengano impugnati perché mancano i requisiti per la richiesta della sospensiva.
QUANDO SI PARLA di navi che salvano le vite dei migranti nel Mediterraneo centrale, però, i tecnicismi giuridici rischiano sempre di essere il dito che nasconde la luna. Basti pensare che i provvedimenti amministrativi giustificati sulla base di una presunta disobbedienza ai libici sono continuati anche dopo la sentenza, di ben altro peso giuridico, con cui a febbraio la Cassazione ha ribadito che Tripoli non è un porto sicuro e riportare lì i migranti è un crimine.
DI RECENTE LA FREQUENZA è persino aumentata. Il fermo amministrativo numero 20 era arrivato soltanto due giorni prima: sabato scorso, contro la Sea-Watch 5, in seguito a una missione drammatica terminata con il cadavere di un 17enne sul ponte. A pensar male si direbbe che le europee si stanno avvicinando e al governo farebbe comodo uno scalpo da esporre. Anche perché il progetto di detenere i richiedenti asilo, in Italia o in Albania, deve superare il vaglio e i tempi della Corte di giustizia Ue. Mentre a Trapani tra cinque settimane il giudice per l’udienza preliminare potrebbe scrivere la parola fine sul maxi-processo alle Ong e su anni di criminalizzazione mediatica e giudiziaria. Così ha chiesto la procura.
SUL DECRETO Piantedosi, poi, incombe la decisione del tribunale di Brindisi prevista per dopodomani: è la prima volta che un giudice si pronuncia nel merito di un fermo amministrativo ai sensi di quel provvedimento. Lo stesso giudice, 20 giorni fa, aveva espresso anche la prima decisione cautelare: Ocean Viking liberata e valore costituzionale delle attività delle Ong messo nero su bianco.
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