Se un cane morde un uomo, non c’è notizia; se un uomo morde un cane, sì. Non c’è giornalista che sia entrato in una redazione e non si sia sentito consegnare questa massima come primo criterio per districarsi nel mare di segnalazioni e lanci di agenzia che – in questi ultimi anni – scorre sullo schermo del computer.
Le aggressioni di “cittadini italiani bianchi ai neri”, giornalisticamente parlando, equivalgono a “uomo morde cane”. Questo, almeno, secondo gli standard da talk show, i giornali di un po’ tutte le anime del neoliberismo e le più sbrigative cazzate sparate al terzo litro in osteria. Secondo il cosiddetto ministro dell’interno – collezionista e megafono istituzionale soprattutto di queste ultime – non ci sarebbe invece nessun problema di razzismo fascistoide, “perché i reati commessi ogni giorno in Italia da immigrati sono circa 700, quasi un terzo del totale, e questo è l’unico vero allarme reale contro cui da ministro sto combattendo”.
Davvero sfortunato, il vicepresidene del consiglio… Gli capita di dire certe cose mentre si cerca frettolosamente di seppellire un cittadino marocchino ucciso da tre improvvisati giustizieri della notte in quel di Aprilia e la primatista italiana di lancio del disco viene aggredita vicino casa da sconosciuti. Di pelle bianca, mentre lei è nerissima ma altrettanto cittadina di questo paese (al punto da rappresentarlo nel mondo, con la maglia azzurra, in un modo di cui si può certamente essere più orgogliosi).
Prudentemente, in una giornata così, si autotwitta mentre gioca a flipper ed evita di rilanciare la provocazione, com’è solito fare.
Un segno di debolezza, certamente, perché entrambe le aggressioni sono decisamente indifendibili. Dalla poltrona del Viminale, almeno; dal fondo di una bottiglia svuotata magari sì…
E non lo aiuta nemmeno il contemporaneo scivolone del suo pari grado Luigi Di Maio, che spende la battuta sbagliata nel giorno sbagliato (“Non credo ci sia un allarme razzismo, si sta usando questo argomento perché chi vuole sentirsi di sinistra, e non lo è più, lo usa per accusare Matteo Salvini di essere di estrema destra“) dicendo una cosa vera (la “sinistra finta” in stile Pd-Repubblica) per farne passare una falsissima.
Dio li fa e poi li accoppia. Quando si cerca di dire “quel che vuole la gente” capita di dover sostenere una cosa e il suo contrario più volte al giorno, magari all’interno della stessa frase…
Ma non è andando dietro alle dichiarazioni di Tizio o Caio che si può capire cosa va cambiando nel deep state che in ogni caso resterà anche quando questi due raggiungeranno Renzi nel purgatorio delle meteore politiche.
Conviene invece guardare a quel che fanno o dicono carabinieri e polizia, che trovano come sempre ascolto acritico e afasico nei media mainstream. Nel caso di Aprilia, per esempio, hanno semplicemente denunciato due degli aggressori – quelli che materialmente hanno ucciso il cittadino marocchino indicato come “ladro” unicamente perché a bordo di un’auto straniera a tarda notte – lasciandoli a piede libero.
E’ noto che qui non siamo dei giustizialisti e non auguriamo la galera pressoché a nessuno, ma non si può non notare che dopo un inseguimento e un pestaggio (di un uomo comunque uscito da un incidente stradale già ferito!), da cui è derivata la morte della vittima, in qualsiasi altro caso sarebbe immediatamente scattato il fermo giudiziario in caserma in attesa dei provvedimenti della magistratura (conferma del fermo, mandato d’arresto, trasferimento in carcere o ai domiciliari). Se lo avete dimenticato, ve lo ricordiamo noi: in questo paese l’arresto è obbligatorio nel caso di incidente stradale causato in stato di alterazione per alcool o droghe; ovvero per un reato in cui la volontà del reo è sicuramente assente o fortemente alterata.
Qui, invece, due rambo di paese ammazzano un uomo – involontariamente, certo: l’hanno preso a pugni e calci, senza uso di armi proprie o improprie – e vengono rimandati a casa con una semplice denuncia; come non avviene neppure per una “manifestazione non autorizzata”…
Peggio. I carabinieri di Aprilia – proprio come i colleghi di Moncalieri, dopo l’aggressione alla campionessa del disco – hanno immediatamente escluso “il movente razziale”. E dire che solo il differente colore di pelle e di “aspetto” (oltre che una targa d’auto chiaramente straniera) ha motivato una autentica caccia all’uomo lungo le curve della Nettunense, in piena notte.
Un atteggiamento minimizzante che può avere soltanto due motivazioni. La prima – e in fondo la migliore – sarebbe la preoccupazione di non aggiungere benzina al fuoco di imbecillità aggressiva e ormai anche assassina che emerge da molte fogne di questo paese.
L’altra – sicuramente sbagliata – mirerebbe all’opposto ad attenuare le responsabilità penali di chi commette queste aggressioni.
Non ci vuole un fine sociologo della criminalità per capire che, qualsiasi sia la motivazione vera, se si derubrica un omicidio a “reato bagatellare” – uno di quelli per cui certamente non finirai mai in galera – di fatto si lancia un segnale politico chiaro: “ammazzare un negro non è poi così grave”.
Sappiamo tutti, anche voi che leggete, che carabinieri e polizia applicano, con un ben piccolo margine di discrezionalità, le direttive che vengono dal governo. E, tornando ad analizzare la retorica sguaiata e razzista di tutto il governo (Di Maio, diciamolo, usa solo toni più democristiani…), non si possono nutrire molti dubbi sul fatto che – se non “ordini scritti” – lungo le linee di comando dal vertice alla base stiano viaggiando “raccomandazioni” che invitano a non calcare la mano sugli autori di aggressioni razziali.
E’ un calcolo stupido. La quasi impunità moltiplicherà i casi di imitazione, la “concorrenza” tra gruppi e bande a “fare di più”. Aumenteranno – l’abbia detto subito, anticipando i fatti – i casi di cittadini italiani aggrediti perché neri o comunque “troppo scuri”, dunque scambiati per “invasori clandestini”, come recita la vulgata idiota dell’ultradestra.
Là dove comandano le mafie – come in alcune zone del casertano e della Sicilia, dove nelle ultime ore si sono verificate aggressioni fortunatamente con esiti meno gravi – la “caccia al negro” verrà magari usata per selezionare candidati a incarichi più “seri”, e comunque per disciplinare violentemente i braccianti ipersfruttati nelle campagne.
Non il “far west” di cui parla Mattarella, ma una landa del Ku Klux Klan protetta dal governo.
Altro che “ministro della mala vita”, come scritto da Saviano per farsi oculatamente querelare da Salvini (lo spazio bianco spezza la parola e il significato). Questo governo comincia ad assomigliare alle “compagnie della buona morte” (esistono davvero, ‘un ci si crederebbe mai).
Un governo che, nel terzo millennio, aizza l’odio sociale verso chi si porta in giro “segni di riconoscimento” come il colore della pelle, si comporta come un hater che piazza una bomba nella propria auto e poi mettersi a guidare.
L’unica incognita è l’ora dell’esplosione…
da contropiano