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Guerra tra nazioni, Resistenze e paragoni improbabili. E neonazismo come questione europea

C’è poco da fare, nel tempo della semplificazione totalitaria bisogna resistere e non mollare il diritto alla complessità. E bisogna pure fare i conti con il benaltrismo che serpeggia pure tra i benintenzionati.

Questa è una guerra tra nazioni. Siamo davanti a uno scontro per la definizione di confini e frontiere tra due nazioni. Una, la Russia di Putin, è indiscutibilmente l’aggressore. L’altra, l’Ucraina, è l’aggredito. È sufficiente questo ad ergere lo Stato ucraino a popolo che imbraccia le armi? No. La retorica guerrafondaia che va in onda ogni giorno – h24 – sulle tv italiane è preoccupante. Impietosire gli animi, alimentare l’odio verso il nemico.

Questo, inoltre, è uno scontro tra “blocchi” che provano a ripristinare la polarizzazione del pianeta. Sempre una questione di confini e frontiere, quindi, per continuare a reiterare questo modello di società: il capitalismo criminale che da tempo si è accomodato nella sua forma di Stato-nazione.

Premesso che chi invoca le armi è un interventista anche se si spaccia per pacifista, la follia dei nostri giorni è l’accusa di chi invoca lo stop alle armi di non avere a cuore la vita umana. Incredibile vero? Il tentativo è quello di spacciare il pacifismo come indifferenza, strafottenza. Mentre i “buoni” sarebbero quelli che invocano le armi, quelli che alimentano lo stato di guerra.

“E allora il Rojava?”, dice qualcuno. I paragoni con l Rojava oggi o la Rivoluzione spagnola di cent’anni fa sono improponibili, se non pretestuosi. Lì era o è in corso una battaglia per la Rivoluzione sociale, chi ha imbracciata o tuttora imbraccia le armi contro l’aggressore lo fa in nome di una società costruita diversamente e non per la definizione geometrica di qualche confine e della conseguente gestione delle risorse.

“E allora la Resistenza” dice qualcun altro. Quando si invocano le armi per l’Ucraina di Zelensky si chiede di inviare arsenali a un esercito regolare. I partigiani italiani erano “truppe irregolari” che combattevano contro un nemico interno: lo Stato fascista. Le potenze democratiche decisero di sostenere la Resistenza in funzione antifascista. Ma poi sappiamo com’è andata: «Inglesi ed americani non sono riusciti a salvare la monarchia, ma sono riusciti a sabotare la repubblica nascente» (Gaetano Salvemini) . Ma ad addolcirci la pillola da soli siamo sempre stati bravissimi.

Infine, la questione nazista. È sufficiente che Putin strumentalizzi la denazificazione per liquidare il ruolo del nazisti in Ucraina? No. l’Ucraina è uno stato liberal-democratico (facciamo finta di non sapere che esclude i partiti di sinistra e comunisti dalle dinamiche democratiche) che non si è fatto problemi a irreggimentare i neonazisti. Così come l’Occidente oggi non si sta facendo problemi ad armarli. L’ormai famigerato battaglione Azov ha una chiara ispirazione neonazista, ha collezionato accuse internazionali di crimini di guerra e tortura e adesso è inquadrato nella Guardia nazionale dell’Ucraina. Può contare su decine di migliaia di volontari neonazisti proveniente da tutto il mondo.

Il neonazismo non è un problema ucraino, ma quantomeno europeo. Di tutte e tutti noi. l’Ucraina piuttosto è il luogo in cui stiamo rischiando di renderli più forti.

Tiziana Barillà