Guerra in Ucraina: Vertice Lavrov-Kuleba in Turchia. Combattimenti intorno a Mariupol e Sumy
È durato circa un’ora e mezza l’incontro fra il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, e il suo omologo russo, Sergej Viktorovič Lavrov, concludendosi con un nulla di fatto, soprattutto riguardo la cessazione del fuoco. «I negoziati principali restano in Bielorussia», ha detto Lavrov, aggiungendo: «Non abbiamo attaccato l’Ucraina, si è creata una situazione di minaccia a Mosca. Abbiamo fatto appelli, ma nessuno ci ha ascoltato». Il ministro degli Esteri russo ha poi aperto alla possibilità di un incontro, che «andrebbe prima preparato», fra Putin e Zelensky.
Sono più di 2,3 milioni le persone che ad oggi, a causa della guerra in Ucraina, sono state costrette a fuggire dal Paese ed a recarsi nelle nazioni confinanti. A renderlo noto è stata l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) delle Nazioni Unite tramite un tweet, con il quale ha altresì precisato non solo che 112 mila profughi appartengano a Paesi terzi ma che essi abbiano “bisogno di supporto umanitario vitale e di protezione”.
Sul terreno Kiev parla di un bombardamento russo che avrebbe causato 4 vittime civili a Slobozhanske, vicino alla città di Kharkiv, nel sud-est del Paese. Altri raid russi invece sono segnalati nella regione di Sumy: qui i morti sarebbero tre. Tre anche le vittime denunciate dall’Ucraina dopo il bombardamento, ieri, sull’ospedale di Mariupol, la città portuale del sudest dove più violenti sono gli scontri. Al riguardo il ministro degli Esteri russo Lavrov ha sostenuto oggi che l’ospedale non ospitasse più pazienti, ma fosse diventato una base del battaglione ultranazionalista ucraino Azov. Sempre il governo russo, tramite il ministero della Difesa, ha detto di avere preso il controllo di “diversi quartieri di Mariupol: il quadrante occidentale della città è stato liberato”. A Kiev, invece, intorno a mezzogiorno sono tornate a suonare le sirene antiaeree.
Sul bombardamento dell’ospedale di Mariopol e la situazione in questa città sentiamo il racconto di Mario Pietri che ha raccolto una testimonianza di una famiglia russofona di Mariopul e riporta la versione russa Ascolta o scarica
Intanto stamattina ad Antalya, in Turchia, si è svolto l’incontro tra i ministri degli Esteri russo e ucraino Lavrov e Kuleba, primo vertice tra ministri da quando Mosca ha invaso l’Ucraina. Anche il ministro degli Esteri turco Cavusoglu era presente al vertice, oltre ai vertici dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, dopo gli allarmi per la tenuta delle centrali nucleari in Ucraina. All’incontro nessun passo avanti concreto. Si è parlato di un possibile cessate il fuoco, ma senza accordi precisi tra le parti. Forse ci sarà un nuovo vertice, ma non è chiaro dove e quando: Lavrov ha ribadito che “il vero tavolo negoziale è quello in Bielorussia”.
Sul vertice Lavrov-Kuleba, il commento ai nostri microfoni di Murat Cinar, giornalista turco che vive da anni in Italia e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
Sul fronte profughi salgono a oltre 2,3 milioni le persone fuggite dall’Ucraina verso i paesi confinanti da quando è iniziata l’invasione russa. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite. Tra questi, 112 mila sono di paesi terzi, precisa l’Oim, ricordando che queste persone “hanno bisogno di supporto umanitario vitale e protezione immediata”.
Sul fronte internazionale gli Usa minacciano la Cina: la Segretaria al Commercio, Gina Raimondo, ha avvertito che “se la Cina, come ogni altro Paese, non rispetterà le sanzioni imposte dagli Stati Uniti sulle esportazioni verso la Russia pagherà un prezzo alto”. Raimondo ha avvertito Pechino che l’amministrazione Biden è pronta “a impedire alla Cina di ottenere apparecchiature e software americani o europei necessari a produrre semiconduttori”. “Perseguiremo qualsiasi azienda, in Cina o altrove, che violi le regole”, ha affermato. “Quindi ci aspettiamo che Pechino non violi le regole o ci saranno conseguenze”, ha detto. La Russia nel frattempo annuncia che non prenderà parte al Consiglio Europeo informale di oggi e domani a Parigi, mentre la Ue si dice pronta a inasprire le sanzioni su Russia e Bielorussia.
Oggi, infine, consiglio direttivo della Bce, pronta a tornare in modalità d’emergenza. L’Fmi approva aiuti per 1,4 miliardi di dollari a Kiev. L’Eni segue la linea dell’inglese Shell e annuncia che sospenderà l’acquisto di petrolio dalla Russia. Tornano a crescere i prezzi dei carburanti, del grano, del mais, mentre Arera annuncia un’inchiesta sui prezzi del teleriscaldamento, schizzati negli ultimi mesi, già da prima della guerra. Secondo Arera, “a partire dall’ultimo trimestre 2021, si è verificata una crescita significativa dei prezzi di teleriscaldamento per effetto dell’incremento delle quotazioni del gas naturale”.
Chi paga la crisi energetica?
Il ritorno del conflitto in Europa e l’epidemia di Coronavirus hanno scombussolato la politica economica europea e mondiale, mostrando le inefficenze e le basi fragili su cui poggiava la sua economia.
Ciò ha portato alla necessità di misure straordinarie, tra cui la la proroga della sospensione del “Patto di stabilità e crescita” fino al 2023 per fronteggiare le crisi ed evitare un tracollo nella ripresa economica dell’UE. Il Patto – che limita il deficit pubblico al 3% e il debito al 60% del PIL – era infatti già stato sospeso durante l’epidemia di Covid-19. Il livello medio del debito UE superava già il 60%, arrivando oggi al 90,1%, aggravando la situazione di paesi già pesantemente indebitati, tra cui l’Italia (155,3%), così come Grecia, Spagna, Portogallo e Francia.
Da uno studio della Commissione europea, realizzato prima della crisi ucraina, era già emerso che prezzi del gas e dell’elettricità sarebbero rimasti “alti e volatili” almeno fino al 2023. “Un’immagine fosca di un mercato destinato anche in futuro ad alimentare l’inflazione, penalizzando le famiglie e le aziende”, anche se la crisi ucraina ne sta contribuendo a peggiorare le previsioni.
Se già la crisi energetica precedeva il conflitto, bisogna ora considerare i danni alle forniture di gas e petrolio, in particolare quelle destinate a gran parte dell’Unione europea: in primis all’Italia, che nel corso degli anni si è resa fortemente dipendente dal gas russo e che in questi giorni sta subendo l’enorme aumento del prezzo del gasolio, metano e gpl, a carico di consumatori e consumatrici. E’ dal tempo della grande crisi del petrolio degli anni ’70 che l’Italia sa di essere vulnerabile, ma ha continuato a dipendere dalle importazioni di combustibili fossili dall’estero.
Non va dimenticato che la Russia e l’Ucraina sono due grandi produttori di grano, indispensabili per l’Africa, l’Europa e il Medio Oriente. La Russia è inoltre tra i principali esportatori mondiali di palladio, un metallo fondamentale per la fabbricazione di moltissimi prodotti, tra cui automobili e smartphone. Grazie all’abbondanza di gas, infine, il Cremlino controlla attività che consumano molta energia, come la produzione dell’alluminio e quella dei fertilizzanti. I paesi del medioriente sono tra i maggiori importatori di derrate alimentari, tra cui il 20% di tutto il grano venduto nel mondo arriva in buona parte da Russia e Ucraina.
Intanto Arabia Saudita ed Emirati Arabi non hanno risposto al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che in questi giorni incalzava gli Stati del Golfo per aumentare la produzione di petrolio, che potrebbero approfittare dell’aumento dei prezzi dell’energia e prendere il posto nel mercato finora occupato dalla Russia in Europa.
Dal punto di vista energentico quali fragilità ha evidenziato questa guerra? Chi ci sta guadagnando da questa crisi e chi sta perdendo? Cosa potrebbe cambiare nello scenario internazionale a seguito di questo conflitto? Una trasmissione con Giuseppe Acconcia, giornalista, docente all’Università di Padova ed esperto di Medio Oriente e Umberto Mazzantini giornalista del quotidiano ecologista online Greenreport.it Ascolta o Scarica.