Nel 2015 185 ambientalisti ammazzati
Ancora piombo, in Honduras, contro i movimenti popolari. Questa volta, a cadere sotto i colpi dei sicari è stato il presidente del Movimiento Unificado Campesino del Aguán (Muca), José Angel Flores. Lo hanno ucciso nella comunità La Confianza, nel dipartimento di Colon. Uomini incappucciati gli hanno sparato nel suo ufficio, ammazzando anche un’altra persona, Silmer Dionisio George. Il dirigente contadino aveva ricevuto numerose minacce e intimidazioni, anche dalla polizia, che a marzo lo aveva prelevato senza motivo insieme alla famiglia nonostante fosse malato. Era sotto la protezione della Comision Interamericana de Derechos Humanos (Cidh), ma questo non ha fermato gli assassini.
Un copione purtroppo già visto. E’ andata così anche nel caso delle ambientaliste Berta Caceres e Lesbia Yaneth, uccise rispettivamente il 3 marzo e il 6 luglio. Entrambe appartenevano all’organizzazione indigena Copinh e si battevano contro lo strapotere delle multinazionali, che rubano e devastano i territori dei nativi. Omicidi di stato, denunciano le organizzazioni popolari, maturati all’ombra di grandi interessi. Organizzazioni indigene e contadine, legittime proprietarie delle terre in base alla riforma agraria del 1992, si scontrano con le imprese dell’agroindustria e con i paramilitari che le difendono.
Secondo Global Witness, dal 2010 a oggi si sono registrati oltre 3.064 casi di persecuzione contro difensori dei diritti umani. Solo nel 2015 sono stati ammazzati 185 ambientalisti. Le violenze sono aumentate dopo il golpe contro l’allora presidente Manuel Zelaya, nel 2009, che avrebbe voluto portare il paese nell’Alba di Cuba e Venezuela.
Geraldina Colotti da il manifesto