I silenzi della guardia di finanza sui droni impiegati nel Mediterraneo
Droni in dotazione alla Guardia di Finanza in grado di decollare verticalmente dalle navi e saranno utilizzati lungo le rotte dei migranti. Non è chiaro in che modo. Quello che sappiamo dall’esempio di Frontex, però, è preoccupante: potrebbero facilitare i respingimenti in Libia e Tunisia
di Riccardo Coluccini, Paolo Riva da Irpi Media
Al Villaggio Difesa, un evento organizzato dal ministero della Difesa al Circo Massimo di Roma nel novembre 2024, uno degli ultimi mezzi acquistati dalla guardia di finanza (Gdf) fa bella mostra di sé. È nero, con sulle ali la scritta gialla «guardia di finanza».
È un V-Bat, un drone che può decollare verticalmente in spazi limitati, volando per diverse ore. La guardia di finanza non ne aveva avuti a disposizione prima. Un video istituzionale spiega che servono per «il pattugliamento aeromarittimo», «soprattutto in relazione alle attività di prevenzione e contrasto all’immigrazione clandestina».
L’inchiesta in breve
- La guardia di finanza italiana ha acquistato nuovi droni a decollo verticale, che dice di usare per la sorveglianza marittima al fine di contrastare la migrazione irregolare. Sono finanziati con fondi Ue, ma non è chiaro se siano già in uso, perché le nostre domande non hanno avuto risposte. Per capirne di più, serve quindi guardare a come si muove Frontex, che da più tempo fa un uso massiccio di droni
- I nuovi acquisti della Gdf arrivano in un momento in cui la sorveglianza aerea, in particolare tramite droni, rappresenta un elemento sempre più centrale delle politiche di esternalizzazione delle frontiere Ue
- Frontex dal 2022 ha fatto volare aerei e droni almeno 9.400 ore all’anno. Questi velivoli, negli ultimi cinque anni, hanno individuato più di 195mila migranti. Ma per il direttore Leijtens servono ancora «più sorveglianza» e «più droni»
- I mezzi aerei di Frontex volano sempre più vicini alla sponda sud del Mediterraneo, facilitando le intercettazioni delle guardie costiere della Tunisia e, soprattutto, della Libia, che riportano i migranti in Paesi dove le violazioni dei diritti umani sono estremamente diffuse
- I nuovi droni della guardia di finanza potrebbero fare lo stesso, ma decollando dalle navi del corpo militare e non dalla terra ferma, come fanno quelli di Frontex. Se confermato, si tratterebbe di uno sviluppo importante nella sorveglianza dei confini europei
- Nel 2022, i vertici di Frontex hanno detto che i droni servono «soprattutto a prevenire la perdita di vite umane». Eppure il modo in cui l’agenzia li usa non massimizza le possibilità di salvataggio delle imbarcazioni di migranti che individua
Il nuovo arrivo in Gdf combacia con un momento in cui la sorveglianza aerea e, in particolare, l’uso di droni, rappresenta un elemento sempre più centrale delle politiche di esternalizzazione delle frontiere Ue.
È stato dimostrato da inchieste giornalistiche e Ong che Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, dal 2020 ha condiviso i dati raccolti dai suoi droni fuori dal perimetro Ue. Dal 2022 ha fatto volare aerei e droni almeno 9.400 ore all’anno. Il dato registra una crescita se comparato al 2020 e agli anni precedenti. E il trend non sembra destinato a cambiare: il direttore di Frontex Hans Leijtens, lo scorso settembre, ha chiesto al Parlamento europeo «più sorveglianza»: «Abbiamo bisogno di più aerei, elicotteri», «abbiamo bisogno di più droni», ha detto. Negli ultimi cinque anni aerei e droni hanno individuato più di 195mila migranti.
V-Bat e Radon X, i nuovi droni della Gdf
Il drone V-Bat ha un’apertura alare di quasi tre metri, può superare i 4.500 metri di altezza e può volare per più di otto ore a circa 80 chilometri orari di velocità. Martin Uav, la società che lo produce, lo descrive come perfettamente adatto a «operare rapidamente a sostegno di missioni dinamiche in mare». Nel 2021, la società è stata acquisita da Shield AI, una start-up della difesa e dell’intelligenza artificiale con sede nella Silicon Valley che ha appena raggiunto una valutazione complessiva da cinque miliardi di dollari soprattutto grazie al finanziamento di un colosso statunitense del settore tecnologico, Palantir
La guardia di finanza ha acquistato il V-BAT con un appalto aggiudicato nel 2021. Nella stessa procedura di gara si è dotata anche di un altro tipo di drone, il Radon X, prodotto dall’azienda italiana Siralab Robotics. Ha dimensioni e prestazioni leggermente inferiori rispetto al V-BAT ma è anch’esso in grado di «atterrare o decollare in aree estremamente ridotte come quelle di un’imbarcazione», spiega l’azienda produttrice sul suo sito.
Il decollo verticale rende i nuovi droni compatibili con un altro mezzo acquistato con fondi Ue di recente: il pattugliatore d’altura P.04 Osum, un’imbarcazione realizzata dalla Cantiere navale Vittoria (CNV). In servizio dal 2022, con i suoi 60 metri circa, «è la nave più grande nella storia del servizio navale della guardia di finanza», dice un video di presentazione del corpo militare. «Dispone di un’area, che consente il decollo e l’atterraggio di un sistema aeromobile a pilotaggio remoto in grado di aumentare notevolmente la capacità di scoperta e di intervento a largo raggio» e, continua il video, «sarà chiamata a coordinare l’attività di prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare e degli altri traffici illeciti via mare».
Prima del 2021 la guardia di finanza possedeva solo una trentina di piccoli droni con ali rotanti. I nuovi mezzi, molto più potenti, «dovranno essere in grado di operare in missioni di esplorazione a medio raggio», si legge nel disciplinare della gara di appalto. Dovranno montare videocamere e sistemi a infrarossi ad alta definizione, camera termica con zoom e capacità di tracking e targeting automatico, strumentazione in grado di identificare e fornire la posizione di imbarcazioni (o di altri aeromobili) nelle vicinanze e luci di posizione disattivabili. Saranno impiegati nel «quadrante operativo maggiormente interessato dal traffico di migranti irregolari e, più in generale, dagli altri traffici illeciti via mare».
Non è però chiaro esattamente quanti siano questi nuovi droni: IrpiMedia ha ricostruito che sono stati acquistati due V-Bat e tre Radon-X grazie a un progetto del programma nazionale 2014-2020 del Fondo sicurezza interna Ue. Altri documenti fanno però ipotizzare che i velivoli senza pilota a disposizione siano più numerosi.
La guardia di finanza ha confermato di avere a disposizione i droni individuati da IrpiMedia, ma le «modalità di impiego dei droni e i dettagli relativi alle singole operazioni rivestono carattere di riservatezza, in quanto rientrano nelle tecniche di polizia ovvero sono tutelati da segreto di indagine», si legge nella risposta via mail.
Quanti sono i droni della Gdf?
Per il momento, i nuovi droni sono apparsi solo in occasione di eventi pubblici, come il Villaggio Difesa di Roma o come le celebrazioni per i 250 anni del corpo militare, tenutasi a Gaeta nel luglio 2024.
In un articolo della testata specialistica Ares Osservatorio Difesa si legge in particolare che il V-Bat dovrebbe essere in dotazione «al Comando operativo aeronavale di Pratica di Mare», «alla sezione aerea di manovra di base a Catania del gruppo aeronavale di Messina e alla sezione aerea di manovra di Grottaglie del gruppo aeronavale di Taranto». Le organizzazioni umanitarie che si occupano di prestare soccorso in mare però hanno raccontato a IrpiMedia di non avere mai sentito parlare o aver visto questi nuovi modelli di droni.Questa nuova tipologia di mezzi è stata al centro di un test di Frontex avviato insieme al Portogallo e l’Italia nel 2023, con droni della stessa categoria di peso di quelli forniti da Siralab alla guardia di finanza, scelti per la loro capacità di decollare e atterrare verticalmente anche in spazi ristretti, come il ponte di una motovedetta. Da qui, l’interesse dell’agenzia europea che, nei documenti di accompagnamento del test, scrive che l’impiego di droni a decollo verticale fino a 25 chili di peso massimo «non è stato coperto dai progetti pilota Frontex attuali o passati e rappresenta una potenziale lacuna di capacità operativa».
Sorvegliare i cieli: l’esempio di Frontex
Infatti ad oggi Frontex utilizza solo droni Heron, più grandi e potenti di quelli acquistati dalla guardia di finanza. Decollano però in orizzontale e quindi hanno bisogno di una pista. Secondo documenti dell’agenzia, nel 2023 erano attivi due droni di questo modello mentre, a dicembre 2024, solo HERON 1, operativo dalla base di Luqa, a Malta. Per il resto, alla fine dello scorso anno, la sorveglianza aerea di Frontex era garantita da dieci aerei, tra cui alcuni Eagle e Sparrow in partenza da Lamezia e Lampedusa.
Nel 2024, i mezzi aerei dell’agenzia hanno effettuato complessivamente più di 10.800 ore di volo, di cui oltre 6.200 con velivoli partiti da Malta e dall’Italia. In totale, l’intera sorveglianza aerea di Frontex ha individuato più di 33mila migranti (oltre 30mila in mare). Quest’ultimo dato è in calo rispetto ai migranti individuati nel 2022 e 2023 anche perché nel 2024 si sono registrati 239mila ingressi irregolari in Ue, contro i 380mila dell’anno precedente (anno record dal 2016). Di questi 380mila, circa 150mila provenivano dalla rotta del Mediterraneo centrale.
Confronto tra le caratteristiche tecniche dei droni in uso alla Guardia di Finanza e a Frontex. V-Bat e Sr-Radon X sono stati acquistati nel 2021 mentre l’Heron di Frontex è stato testato per la prima volta nel 2018
V-Bat
La diminuzione degli arrivi (-58% sull’anno precedente) è stata però più accentuata di quella dei migranti morti percorrendo questa rotta nel 2024 (1.699, circa -32% sull’anno precedente – dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, Oim). Significa quindi che il tasso di mortalità del Mediterraneo centrale, il rapporto tra il numero di persone decedute lungo la rotta e il numero totale di persone che intraprendono il viaggio, è aumentato tra 2023 e 2024.
Tutto il materiale raccolto da droni e aerei serve a descrivere il quadro della situazione ai confini dell’Unione europea. Per avere dati più chiari, sono monitorate anche le aree di pre-frontiera, ovvero quelle zone situate oltre i confini esterni dell’Ue.
I droni impiegati da Frontex
Per fare un esempio pratico, quindi, se un drone di Frontex avvista un barcone carico di migranti nel Mediterraneo centrale, avvisa le autorità competenti italiane e maltesi, ma anche quelle libiche o tunisine. Nessun altro attore. Solo le autorità statali: è loro – e non dell’agenzia Ue – il compito di coordinare i soccorsi.
Nel caso, però, in cui vi sia un pericolo imminente per le vite umane «i velivoli di sorveglianza di Frontex trasmettono anche una comunicazione di mayday sul canale di emergenza marittima a tutte le navi, comprese le navi mercantili e le Ong, che si trovano nell’area per prestare assistenza», scrive Frontex sul suo sito. Quest’ultimo punto è cruciale.
Perché l’uso dei droni alle frontiere Ue è problematico
Negli anni, l’agenzia europea ha spiegato di non avere il mandato di coordinare le operazioni di ricerca e salvataggio e di seguire il diritto internazionale in ogni sua procedura per la diffusione di allarmi. Ha sottolineato che qualsiasi uso improprio di mayday via radio potrebbe creare una pericolosa confusione e mettere a repentaglio altre vite. Nel 2022, l’allora direttrice ad interim di Frontex Aija Kalnaja, rispondendo a un’interrogazione europarlamentare scritta, ha anche affermato che i velivoli senza piloti aiutano «a combattere la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale, e soprattutto a prevenire la perdita di vite umane in mare».
Quanti migranti attraversano il Mediterraneo centrale. E quanti non ce la fanno
Nel 2024, per ogni cento migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale, almeno due sono morti. Il dato è più basso rispetto ai picchi di 2018 e 2019, ma è in crescita rispetto a 2022 e 2023. Come dimostrano i dati dal 2019, a un minor numero di attraversamenti non corrisponde una minore mortalità
«Frontex dovrebbe adottare e pubblicare linee guida interne su come reagire alle emergenze marittime rilevate dalla sorveglianza aerea di Frontex, anche per quanto riguarda l’emissione di messaggi di mayday ed eventualmente anche di altri segnali di emergenza», è stata la conclusione, nel febbraio 2024, dell’inchiesta sul ruolo dell’agenzia europea nel naufragio di Pylos (giugno 2023) svolta dall’allora mediatrice (ombudsman) europea Emily O’Reilly .
La campagna #WithHumanity, lanciata a fine 2024 da Human Rights Watch, chiede a Frontex di trasmettere sistematicamente alle navi di soccorso delle Ong la posizione delle imbarcazioni in difficoltà avvistate dai suoi velivoli. Perché questa condivisione ad oggi avviene saltuariamente.
«Non c’è assolutamente niente nel diritto internazionale che proibisca a Frontex di avvisare direttamente una nave di una Ong nella zona di una barca in difficoltà», spiega Judith Sunderland, vicedirettrice per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch. Dalla riforma del 2016, peraltro, Frontex ha cambiato nome aggiungendo alla sua definizione anche il compito di guardia costiera: agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Allora «perché – si chiede Sunderland – l’agenzia non massimizza le possibilità di salvataggio delle imbarcazioni di migranti che individua?».
In termini di sorveglianza aerea, ad oggi le Ong che fanno soccorso e ricerca si possono affidare principalmente alle informazioni che ricevono dai propri droni: li lanciano «per sorvegliare il mare cercando imbarcazioni in difficoltà oppure per avere maggiori informazioni quando ricevono un allarme», spiega Philipp Borgers, uno dei membri di SearchWing, un’Ong tedesca attiva dal 2017 che sviluppa e costruisce droni per poi fornirli ad alcune delle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti in mare.
Nel 2020, Frontex ha rilevato in totale 175 casi di imbarcazioni in difficoltà, gli «eventi Sar», di cui «119 localizzati nell’area libica e che sono stati comunicati al Centro di coordinamento dei soccorsi libico». Era il primo anno di pandemia e i flussi di migranti erano notevolmente calati.
Nel 2021 solo i casi nel Mediterraneo centrale sono saliti a 433, con 22.696 migranti coinvolti, un numero di poco inferiore al totale dei migranti avvistati dall’agenzia in quell’anno. Non si sa cosa sia successo a queste persone, quante siano state salvate, quante siano sbarcate in Italia o riportate in Libia. Quante siano morte. Frontex, infatti, nella risposta all’interrogazione dell’europarlamentare tedesca Özlem Demirel, che fa parte del gruppo di sinistra The Left , ha spiegato di avere «informazioni limitate sul numero di operazioni di ricerca e salvataggio effettivamente avviate a seguito della trasmissione di casi potenziali di ricerca e salvataggio ai Centri di coordinamento dei soccorsi competenti e responsabili».
Nello studio Airborne Complicity: Frontex Aerial Surveillance Enables Abuse, condotto nel 2022 da Human Rights Watch e Border Forensics, la sorveglianza aerea delle frontiere operata da Frontex è considerata uno strumento per implementare la strategia dell’Ue «che mira ad impedire a migranti e richiedenti asilo di raggiungere l’Europa via mare, e consente all’Ue di sottrarsi spazialmente, fisicamente e legalmente alle proprie responsabilità».
Con la crescita della presenza in cielo, le autorità europee «hanno progressivamente ritirato le loro navi di soccorso dall’area – prosegue il report – cedendo la responsabilità alle forze libiche e ostacolando i gruppi di soccorso non governativi nel loro essenziale lavoro di salvataggio». Lo studio stabilisce «una correlazione moderata e statisticamente significativa tra la presenza dei velivoli di Frontex e il numero di intercettazioni effettuate dalla guardia costiera libica: nei giorni in cui i velivoli sorvolano per più ore la loro area di operazione, la guardia costiera libica tende a intercettare più imbarcazioni»
Liminal, un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna sulla violenza di confine, ha individuato 473 casi in cui delle imbarcazioni di migranti sono state scoperte dalla sorveglianza aerea di Frontex e poi riportate in Libia o in Tunisia dai rispettivi guardiacoste. In totale, tra 2019 e 2023, fanno 27.288 persone respinte in luoghi dove c’è il forte rischio di trattamenti inumani e degradanti. Solo tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 informazioni di droni di Frontex sono state passate a una milizia dell’Est della Libia – la Tariq Bin Ziyad (TBZ), coinvolta in numerosi traffici – riporta un’inchiesta di Lighthouse Reports.
Per quanto le agenzie delle guardie di frontiera, sia Frontex o la guardia di finanza, possano presentare i droni come «un aiuto per salvare vite umane», ritiene Chris Jones, direttore esecutivo dell’ong Statewatch, la realtà dei fatti è diversa: «Sappiamo che fermare le persone in movimento verso l’Italia è una priorità sia dell’Italia sia dell’Ue e sappiamo che un modo per farlo è usare i droni per avvistare le persone e poi farle riportare in Tunisia e, soprattutto, Libia». Timori che sta a Frontex e Gdf smentire.
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