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Iacona: “Il codice identificativo sulle divise dei poliziotti è necessario”

Dopo la puntata di Presa diretta sui morti di Stato, il giornalista Rai torna sulla proposta del codice alfanumerico per gli agenti travisati

«Andrebbe messa sul tavolo dal ministero dell’Interno», spiega Riccardo Iacona a Popoff all’indomani della puntata di Presa diretta sui Morti di Stato. È la questione del numero identificativo sulla giubba di chi opera travisato in ordine pubblico che il vicecapo della polizia di Stato, Alessandro Marangoni, ha frettolosamente archiviato nell’intervista rilasciata al giornalista del servizio pubblico, che è riuscito a portare in prima serata le storie della “malapolizia”, senza censure, e senza le autocensure tipiche del giornalismo mainstream.

Il vicecapo del Viminale s’è detto «contrario all’introduzione del numero identificativo sulle divise dei poliziotti, perchè se gli uomini delle forze dell’ordine dovessero essere identificati potrebbero essere oggetto di azioni dimostrative nei loro confronti e nei confronti delle loro famiglie». Iacona non ha remore a dirsi favorevole al “numeretto” come hanno appena rilanciato i legali dell’Aed, giuristi democratici europei (quelli con la pettorina nei cortei) e le varie associazioni che si battono contro gli abusi commessi da cittadini in divisa (dall’Osservatorio repressione ad Acad). «Bisognerebbe iniziare a parlare di tutti gli strumenti utili alla prevenzione – aggiunge il conduttore di Presa diretta – anche a tutela dei poliziotti stessi».

Il riferimento è all’uso delle telecamere nei commissariati e sulle divise dei poliziotti su cui Marangoni si è dichiarato d’accordo – «può essere sicuramente di grande aiuto» – annunciando una sperimentazione «in tempi accettabilmente brevi» nella sua veste di coordinatore di una commissione “buone pratiche comportamentali” che il nuovo capo della Polizia, il prefetto Pansa, «ha fortemente voluto». Le buone pratiche della Polizia che «saranno a garanzia prima di tutto dei poliziotti e poi anche dei cittadini», ha specificato il numero 2 della Ps: «Ad esempio, stiamo lavorando sull’uso dei mezzi di coazione, per insegnare ai nostri uomini fino a quando è necessario l’utilizzo della forza».

Insomma, Marangoni ha promesso spray al peperoncino e che la polizia sarà una «casa di cristallo» ma il numeretto ce lo sogniamo. «Eppure ce l’hanno in molti paesi d’Europa – ricorda Iacona – la riflessione su questi strumenti richiederebbe uno sforzo in più». Come richiederebbe uno sforzo in più il fronte delle procure al quale, in trasmissione, ha fatto cenno Fabio Anselmo, l’avvocato delle famiglie Aldrovandi, Cucchi, Rasman, Uva, Ferrulli, Diaz, Budroni. Una volta partite, le indagini rischiano di arenarsi per le coperture e i depistaggi «che spesso risalgono nella scala gerarchica» ripete Iacona dopo averlo chiesto a Marangoni in uno dei rari esempi di intervista “non sdraiata”.

La paura dei testimoni, ha ricordato Anselmo, rende questi contesti simili a quello dei processi di mafia. Un concetto che anche i pm del processo Diaz avevano spiegato nella loro lunga requisitoria: processare un poliziotto è come un processo a un boss (per l’omertà che scatta immediata) e anche come un processo per stupro per la tendenza alla criminalizzazione delle vittime.

Oggi su Twitter “#PresaDiretta” e “#mortidistato” sono i due temi principali di discussione, con tantissimi commenti indignati per il comportamento delle forze dell’ordine. La stranezza è che la Rai abbia avuto il coraggio di una trasmissione del genere in prima serata.

Checchino Antonini da popoff