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Il carcere uccide

Il 5 gennaio 2011 muore nel carcere delle Sughere di Livorno Yuri Attinà, 28 anni, detenuto per furto, l’ultimo di una lunghissima lista di decessi per “cause naturali”.
Le versioni ufficiali che come sempre si rincorrono in questi casi, parlano prima d’infarto, poi di caduta dal letto e infine di morte per asfissia autoindotta con una bomboletta di gas per cucina.
Per noi la causa principale è l’istituzione carcere, lo Stato e le sue politiche repressive e securitarie che riempono le galere di proletari e sottoproletari; questa appare sempre di più una vera e propria guerra di classe, dove i “detenuti sociali” vengono ammassati in questa gigantesca discarica.
Quella stessa guerra che il 25 Agosto dello scorso anno si è presa la vita di Daniele Franceschi, detenuto nel carcere di Grasse per aver utilizzato una carta di credito clonata, deceduto per le solite “cause naturali”.
Carceri, C.I.E, istituzioni psichiatriche, caserme e, più in generale, la militarizzazione della società, sono sempre di più gli strumenti con i quali la “fortezza Europa” affronta la crisi economica, ecologica ed etica. Una vera e propria crisi di sistema che si manifesta anche attraverso le svariate politiche di negazione dei diritti e delle libertà e delle tutele individuali e collettive.
Con la costituzione dell’Unione Europea, si sono inasprite le normative in materia di sicurezza, controllo e circolazione dei cittadini. La crisi economica che trova il suo culmine ai giorni nostri, ha dato vita ad un nuovo ordine mondiale, ad uso e consumo delle grandi multinazionali, che prevede una situazione continua di guerra interna ed esterna. Parallelamente alle politiche securitarie, all’ombra delle tante missioni militari, fiorisce un regime di terrore e di criminalità al servizio dei paesi occupanti.
L’inasprirsi delle condizioni di vita di una sempre più vasta fascia della popolazione e le consistenti ondate migratorie hanno aperto tutta una serie di contraddizioni e conseguenti rivendicazioni che i padroni non possono e non vogliono tollerare. Per questo vengono represse le lotte per il lavoro, per la casa, per la salute ecc.
La cosiddetta “guerra al terrorismo” e le varie guerre “umanitarie” sono in realtà delle sfacciate guerre imperialiste; sul fronte interno si utilizza ad arte la politica della paura per produrre un clima di sospetto e di insicurezza, clima che, anche grazie al supporto dei mass media, ha creato i presupposti per l’emanazione di leggi e decreti che restringono ulteriormente le libertà criminalizzando ogni marginalità.
Il carcere, i C.I.E., l’istituzione psichiatrica oltre al loro ruolo repressivo e di violento “ammortizzatore sociale”, sono soprattutto, per i soliti noti, un business. La prossima frontiera da superare, e si sta già lavorando in questo senso, è quella della privatizzazione del sistema repressivo. Anche lo sterile tam-tam mediatico sull’emergenza carceri va in questa direzione. Nei disegni, nelle proposte e nei “sussurri” di legge, che affrontano il sistema carcere, c’è un unico obiettivo che vorrebbe portare alla creazione di una specie di “amministrazione carceraria s.p.a.” e si attende solo che le varie lobbies interessate si mettano d’accordo trovando il Bertolaso di turno.
Che ci vogliano uno o dieci anni non importa: il sistema ha molta pazienza e il tempo dalla sua parte: nonostante le condizioni nelle carceri italiane siano ormai prossime al collasso e vicine ad una vera e propria esplosione.
Nel carcere, così come sul lavoro, si muore per il profitto e per le politiche speculative e di controllo sociale dei governi. Gli psicofarmaci soprattutto ansiolitici che rappresentano l’80 per cento dei medicinali prescritti nelle patrie galere, alimentando un cospicuo giro d’affari, rispondono alla necessità di sedare ogni conflittualità o rivendicazione di diritti.
Quasi la totalità di coloro che muoiono nelle strutture restrittive per le cosiddette cause naturali in realtà muoiono per la negligenza, l’incuria dovuta alla sovrappopolazione carceraria, e a volte il sadismo di quanti vi lavorano, in ogni caso a prevalere è la violenza e l’insensibilità delle istituzioni.
Il rispetto della salute della persona detenuta è spesso calpestato, determinando il letale peggioramento di patologie altrimenti curabili. Oltre all’HIV, massicciamente presente nelle carceri italiane, oggi ricompare persino la tubercolosi, per non parlare delle periodiche epidemie di salmonella, scabbia…dovute all’assenza di prevenzione, cura e rispetto per le norme igenico sanitarie.
L’anno 2010 si è chiuso con quasi 70.000 persone detenute in celle sovraffollate, con carenze igenico-sanitarie e prive di ogni tipo di assistenza. Un terzo di questi dannati della democrazia sono tra l’altro in attesa di giudizio, cioè potrebbero anche essere innocenti. Le sole leggi Bossi-Fini sull’immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe ci “forniscono” circa il cinquanta per cento delle 100.000 persone che ogni anno passano, anche solo per pochi giorni, dalle carceri nostrane.
Immigrati, tossicodipendenti, disagiati sociali ed economici che ricevono come unica risposta alla contraddizione che portano in essere, la carcerazione, l’abbandono nella cosiddetta discarica sociale che sono oggi i reparti psichiatrici i C.I.E e le galere.
Se si divide la popolazione carceraria per classi si aprono scenari inquietanti: circa il settanta per cento dei detenuti appartiene a quello che un tempo si chiamava sottoproletariato ( marginali, precari, disoccupati, migranti) il quindici per cento alla classe lavoratrice, il tredici per cento alla piccola e media borghesia e solo il due per cento circa può essere assimilato alla classe borghese dominante. Anche perché per i ricchi, che possono permettersi collegi di avvocati, è oltremodo semplice arrivare alla prescrizione; per tutti gli altri l’inferno carcerario.
A poco o nulla servono, con buona pace dei giustizialisti alla Travaglio, i vari decreti demagogici “svuota carceri” che la propaganda securitaria bipartizan ci propina come risolutori, gli istituti penali rimangono una realtà altamente esplosiva e la possibilità delle misure alternative alla detenzione è esclusa alla maggioranza dei detenuti.
Il nostro intento è quello di mantenere viva la questione carceraria e repressiva più in generale, per cercare il più possibile di ampliare un dibattito largo e trasversale alle varie realtà politiche e di movimento e suscitare indignazione e lotta. Il nostro contributo va al miglioramento delle condizioni di detenzione, all’abrogazione delle leggi vergogna che hanno riempito le galere italiane e che costituiscono un vero e proprio crimine perpetrato dalla nostra classe politica. Lavorando al contempo al superamento del sistema carcerario stesso e della società che lo genera.

A S S E M B L E A SABATO 22 ore 18 via dei CONCIATORI FIRENZE promossa da:
Zone del silenzio (Pisa), Coordinamento Anticapitalista Versiliese-CAV, Archivio Germinal – Carrara, Comitato verità per Yuri – Livorno.

Comments ( 1 )

  • si è vero , questa è la destra , finche’ ci sono gli ignoranti, che votano silvio, che ammassa tutti in carcere peggio che i cani e lui invece per lui si fa’ le leggi che puo’ fare quello che li pare , intanto qui’ ce’ gente che tra un po’ muore di fame..mentre sempre lui in una delle sue lussuriose ville festeggia con 25 ragazze tre uomini, orchestra , samhagn.. e noi paghiamo!