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Il “Garage Olimpo” nei penitenziari italiani

Ismail Ltaief è un giovane uomo tunisino, ex detenuto nel carcere di Velletri. Lì Ismail faceva il cuoco. A un certo punto si accorge che gran parte delle derrate destinate ad alimentare la popolazione penitenziaria viene “sottratta” da secondini e funzionari.
Ai detenuti, da mangiare, davano pasta in bianco, sempre. Okkey, Ismail denuncia. Figurarsi, ai ladri st’iniziativa non piace per nulla. Lo prendono con le buone, all’inizio. Gli dicono: sta zitto e avrai la tua parte. Parla e ti parcheggiamo in un cubo di cemento. Ismail non ritratta.
E la “lezione” arriverà, puntuale. Pressioni psicologiche, piccole violenze. Poi, visto che il tunisino non cede, viene predisposto per lui il più radicale “metodo Cucchi”. Avete presente, no? Ecco, verrà massacrato, Ismail, ridotto in fin di vita. Ma ne esce vivo, come un miracolato. Ed è fortunato poi anche perché il magistrato di sorveglianza che si occupa del caso a seguito delle sue denunce indaga, comprende il pericolo di vita che corre il ragazzo, trova riscontri alle accuse e, a dispetto dell’omertosa intransigenza del fronte degli accusati – quelli che, in verità, dovrebbero rappresentare lo Stato, ovvero la legge – ebbene rinvia a processo gli agenti picchiatori e i funzionari ladri. Oggi la prima udienza.
Il caso di Ismail è stato reso noto dall’associazione radicale Il detenuto ignoto alla quale lo stesso tunisno si era rivolto, non appena uscito dal carecre, per chiedere supporto legale. Una storia di vergognosa gravità, la sua. Il pianeta penitenziario italiano, però quello è. Rita Bernardini, per dire, ha appena sollevato un’altra questione che la dice lunga su come funzioni là dentro. La società appaltatrice delle mense penitenziarie, ovvero quella che rifornisce tutte le carceri italiani grazie ad una gara vinta allo stra-ribasso (3 euro e 80 al giorno per i tre pasti – colazione, pranzo e cena), è la stessa che gestisce gli spacci interni. Orbene, con 3 euro e 80 al giorno, che vuoi che venga dato da mangiare ai reclusi, sbobba, no? Ecco, e visto che di sola sbobba non si campa, i detenuti sono costretti a comprarsi da mangiare allo spaccio, dove – toh – i prezzi degli alimenti sono da gastronomia extra-chic.
Ripetiamo: questo non è un problema dei detenuti. Nelle carceri si è ormai sviluppato un sistema criminale governato sotto le insegne di Stato. Esagera Pannella? Esagerano i penalisti, gli operatori penitenziari, Rita Bernardini, i 30.000 cittadini che con il vecchio lottatore non-violento si battono con la privazione del cibo per restituire un senso alla altrimenti così vuota definizione repubblicana di democrazia?