IL GIP di Firenze archivia. Scende il silenzio forzato sulla morte di Niki Aprile Gatti
Di seguito la breve storia delle vicende che hanno portato Niki a morire per mano dello Stato
E’ stato il più grande scandalo economico e politico degli ultimi tempi. La vicenda Telecom Sparkle-Fastweb si è configurata da subito come una truffa dal respiro internazionale costruita attorno alle regole degli inganni e degli insabbiamenti di un tempo, viva espressione di questa imperitura liaison dangereuse che unisce in una sorta di gioco perverso mafia (le ‘ndrine di Isola Capo Rizzuto), politica (l’ex senatore del PDL Nicola Paolo Di Girolamo), compagnie telefoniche internazionali (Telecom e Fastweb), neofascisti legati all’alta finanza e alla criminalità organizzata (Gennaro Mokbel), ufficiali delle forze dell’ordine (Polizia di Stato e Guardia di Finanza) e alcuni commercialisti di fiducia.
Una storia di alta criminalità stile anni ’70 catapultata con forza ai giorni nostri.
L’articolato puzzle internazionale ruota attorno ad una serie innumerevoli di giganteschi flussi di denaro che appaiono e scompaiono tra San Marino e Londra, Hong Kong e Isole Cayman, per poi affluire come un torrente in piena in conti ben coperti nelle filiali degli istituti di credito italiani.
E’ proprio l’asse San Marino-Londra a spuntare in occasione di altre truffe telefoniche italo-europee: Phuncards-Broker, Eutelia e l’inchiesta Premium.
Ed è in quest’ultima che entra con un ruolo da “protagonista involontario” Niki Aprile Gatti, ragazzo di appena 26 anni, programmatore per una delle aziende incriminate (la Oscorp SpA), trovato morto nel carcere di massima sicurezza di Sollicciano (FI) dopo appena 4 giorni dal suo arresto.
Apparentemente è il più classico dei suicidi: Niki viene trovato impiccato ad una corda costruita con strisce di jeans e lacci di scarpe nel bagno della cella numero 10, IV sezione. Ma solo apparentemente, perché troppe cose lasciano pensare ad una mano estranea responsabile di una vita spezzata nel fiore degli anni. Una mano senza nome, ma che trasforma un ragazzo suicida in un ragazzo “suicidato”.
Oggi, con la decisione del GIP del Tribunale di Firenze di archiviare l’indagine sulla sua morte (nonostante la dura opposizione di sua madre, Ornella Gemini, spesso definita “madre-coraggio” per la straordinaria tenacia dimostrata durante questa durissima battaglia), Niki Aprile Gatti torna ad essere a tutti gli effetti, ma contro ogni logica, un “suicida”.
Il 19 giugno del 2008 Niki riceve la telefonata della madre del titolare/socio dell’azienda per cui lavora: lo informa che il figlio è stato arrestato e lo invita a recarsi dall’avvocato aziendale, Franco Marcolini, per avere spiegazioni.
Niki non ha ragioni per temere nulla e si rega dal legale dell’azienda. All’uscita, ore 14:30, viene tratto in arresto. L’accusa: frode informatica.
Non viene trasferito al carcere di Rimini così come avviene per gli altri 17 arrestati, ma, solo fra tutti, presso quello di massima sicurezza di Sollicciano. A differenza degli altri imputati non si avvale della facoltà di non rispondere. A domanda risponde. E cerca di aiutare i magistrati nella ricerca di possibili informazioni.
Al termine dell’interrogatorio di garanzia Niki è l’unico tra gli indagati ad aver collaborato. Ed è anche l’unico al quale viene confermata la custodia cautelare in carcere; per i “silenziosi” scatta invece il privilegio degli arresti domiciliari.
E’ il 23 giugno. Poche ore più tardi, nella mattinata di martedì 24 giugno 2008 Niki viene trovato morto dai suoi compagni di stanza.
E’ un suicidio. E’ questo ciò che affermano le autorità inquirenti sin dai primi istanti. E’ questo ciò che ha certificato ieri il GIP di Firenze. Lasciando decine di dubbi e questioni fondanti irrisolti.
Resta senza motivazioni la scelta di condurre un incensurato di 26 anni accusato di un reato lieve (frode informatica), solo tra tutti gli altri arrestati, in un carcere di massima sicurezza.
Non si hanno chiare spiegazioni sul perché alla madre di Niki, Ornella, fu riferito della sua detenzione presso il carcere di Rimini (nel quale, invece, Niki non mise in realtà mai piede).
Si conclude con un punto interrogativo la presunta telefonata di rito che Niki avrebbe fatto a sua madre dal carcere ma che in realtà non venne mai ricevuta.
Non si comprende sulla base di quali informazioni le agenzie di stampa uscite immediatamente dopo gli arresti definivano Niki Aprile Gatti titolare della Oscorp (come a volerne accentuare la presunta colpevolezza), quando in realtà questi deteneva appena il 9% del pacchetto azionario.
Rappresenta una profonda anomalia la scelta di Niki di recarsi presso l’avvocato dell’azienda, incontrando l’inevitabile arresto, anziché fuggire come avrebbe fatto chiunque sapesse di essere colpevole di qualcosa.
La procura di Firenze non spiega come sia stato possibile che alle ore 20:58 del 20 giugno venisse recapitato a Niki (che allora si trovava in carcere) un telegramma proveniente dalla sua stessa abitazione (che per logica avrebbe dovuto essere sotto sequestro) che gli ordinava di nominare un nuovo avvocato.
30 giorni dopo l’arresto, il marito di Ornella trovava l’appartamento di Niki a San Marino completamente svaligiato. La Procura di San Marino dopo diversi mesi archivia la denuncia di furto attribuendo ogni responsabilità dell’espoliazione all’ex ragazza di Niki. Eppure non si hanno tracce del pc di Niki, così come non emergono ragioni valide a dimostrare come ciò sia potuto avvenire nella casa di un ragazzo indagato per truffa e successivamente ritrovato morto.
In seguito anche la sede della Oscorp SpA venne ritrovata dal commissario liquidatore privata di ogni bene. La sua denuncia di “smarrimento” venne archiviata come la precedente sulla base di 2 fatture che dimostrerebbero la vendita di tutti i beni dell’azienda. Eppure tali fatture risultano emesse prima del 18 giugno, data in cui Niki era ancora regolarmente a lavoro con il suo pc e con tutti i beni ancora in possesso dell’azienda.
Il verbale del carcere attesta un sereno dialogo tra Niki ed un agente (non meglio identificato) alle ore 10 del 24 giugno, stessa ora e data in cui la perizia data la morte di Niki.
Continua a destare sospetti di non poco conto il fatto che la morte sia avvenuta durante o subito dopo l’ora d’aria in cui c’è piena libertà di movimento nel carcere. Così come li desta la misteriosa sparizione della prima richiesta di opposizione all’archiviazione presentata da Ornella Gemini, madre di Niki Aprile Gatti.
Le testimonianze dei suoi due compagni di stanza, fondamentali nel confermare il suicidio, non collimano.
Restano al loro posto, come macigni abbandonati, le testimonianze dei tanti che hanno visto Niki negli ultimi giorni di vita in carcere che ne attestano la totale serenità di spirito e la sua decisione di collaborare liberamente con gli inquirenti.
Non trova risposta il dubbio sul fatto che lacci di scarpe e strisce di tessuto jeans possano sorreggere il peso di un uomo di 92 chilogrammi, così come non la trovano la questione sulla legittima presenza di lacci di scarpe in un carcere di massima sicurezza o la capacità per un detenuto di creare a mano strisce di tessuto jeans.
Numerosi dubbi nei quasi due anni che ci separano dalla morte di Niki Aprile Gatti non hanno ancora trovato chiare risposte. E ad essi i giudici competenti non hanno finora ritenuto di doverne dare. Inserendo Niki, la sua storia e la sua morte in quel vastissimo spazio che così pesso chiamiamo “Misteri d’Italia”.