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Il leader del Pdk va in Turchia per incontrare Erdogan

Dopo i risultati dubbi delle elezioni del 2018, le prossime legislative nella regione autonoma curda passano sotto la supervisione del Consiglio elettorale supremo iracheno (a scanso di brogli). Mentre il leader del PDK si reca dall’amico Erdogan.

di Gianni Sartori

Il 16 ottobre, a soli quattro giorni dalle elezioni per l’elezione del Parlamento federale nella regione autonoma curda (previste per il 20 ottobre), Nechirvan Barzani, attuale leader del PDK (Partito Democratico del Kurdistan), non ha trovato di meglio da fare che recarsi in Turchia.

Oggi (17 ottobre) dovrebbe incontrare il presidente Recep Tayyip Erdogan per discutere in merito alle “relazioni della Turchia con l’Irak e la regione del Kurdistan e sui recenti sviluppi nell’intera regione”,

Quelle previste sono le prime elezioni tenute nel Sud Kurdistan (Bashur, entro i confini iracheni) dal settembre 2018. Un momento critico, soprattutto per il clan dominante Barzani, in quanto sulla scadenza aleggia il cronico sospetto di possibili frodi elettorali.

Nelle ultime elezioni – a bassa affluenza e contestate con 1045 ricorsi durante lo spoglio – il PDK (con 688.070 voti) aveva conquistato 45 seggi al Parlamento regionale, mentre l’UPK (Unione Patriottica del Kurdistan) ne aveva ottenuti 21 (con 319.219) voti.

Al Movimento per il Cambiamento (Gorran, le cui sedi nel 2017 venivano incendiate dai militanti del PDK) erano andati dodici seggi, a “Nuova Generazione” otto, sette al Partito della società islamica, cinque all’Unione islamica del Kurdistan (Yekgirtu, fautore della non-violenza) e al Movimento islamico, un seggio ciascuno al Partito comunista del Kurdistan e a quello socialista.

Significativo che a oltre un mese di distanza, sia i commissari contrari all’approvazione (quattro contro cinque), sia le opposizioni si rifiutassero di sottoscrivere l’esito del voto arrivando a minacciare il non riconoscimento del Parlamento regionale.

Va anche ricordato che all’epoca pesava ancora il referendum dell’anno prima il cui risultato (oltre il 97% a favore dell’indipendenza) non era stato riconosciuto dal governo di Bagdad. Forse una delle cause delle successive dimissioni di Mas’ud Barzani (ottobre 2017) da presidente della provincia autonoma (carica che ricopriva dal 2005). Fermo restando che queste erano dovute principalmente alla perdita di territori rivendicati dai curdi (strappati all’Isis, in particolare Kirkuk) a vantaggio dello Stato centrale.

E intanto, nel corso di una accesa campagna elettorale, dal leader dell’UPK, Bafel Talabani sono arrivate autentiche bordate contro Nechirvan Barzani. Accusato di collaborazionismo (con Ankara ovviamente) in quanto “nella sola regione di Behdinan più di quattrocento villaggi curdi erano stati evacuati a causa del sostegno di Barzani all’invasione turca”.

Per dovere di cronaca va anche riportato che a sua volta il PDK in varie occasioni ha accusato l’UPK di “collaborazionismo” nei confronti di Teheran e di favorire presunti piani dell’Iran a danno dell’indipendenza del Kurdistan iracheno.

La novità di quest’anno è che le elezioni non saranno organizzate da una commissione elettorale regionale, ma dal Consiglio elettorale supremo iracheno. Un decisione derivata dal sospetto (peraltro assai fondato) che nel 2018 ci siano state corpose, massicce frodi elettorali. A vantaggio – ca va sans dire – del PDK, già coinvolto in altre irregolarità. Come l’endemica corruzione, il contrabbando di petrolio, lo sfacciato nepotismo, gli eccessivi ritardi nel pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, la brutale privatizzazione del sistema sanitario, il “dirottamento” di ingenti risorse a scapito dei servizi. Oltre al già citato collaborazionismo con la Turchia.

Dimostrando tutta la propria inadeguatezza nel risolvere i problemi sociali in una regione con un tasso di disoccupazione superiore al 20% e il 30% della popolazione sotto la soglia di povertà. Mentre sarebbero almeno novemila gli affaristi, imprenditori, politici, trafficanti che possiedono almeno un milione di dollari.

Con l’intervento del Consiglio superiore della magistratura irachena è stato modificato il sistema elettorale (giudicato troppo favorevole al PDK) dividendo la regione autonoma in quattro circoscrizioni elettorali (Sulaymaniyah, Hewlêr-Erbil, Halabja e Duhok).

Inoltre le elezioni vengono poste sotto l’autorità dell’Alta commissione elettorale irachena. In precedenza (giugno 2024) il PDK aveva minacciato di boicottarle a causa della mancata assegnazione di sei seggi ai Turcomanni. La soluzione è stata trovata attribuendo cinque seggi oltre che ai turcomanni anche agli armeni e ai cristiani.

 

 

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