Gonnella, Corti e Corleone : “spiegassero a Ban Ki-Moon e al Papa perché sono contrari” . E dopo le dichiarazioni del ministro degli Interni, Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani del Senato, risponde ad Alfano: “Spesso si è creato un clima di connivenza nell’arma, che copriva l’agente responsabile di violenze, che mentiva e ometteva i dati”“
Il 26 giugno è la giornata internazionale contro la tortura è, in Italia, ad oltre 26 anni dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, il codice penale ancora non prevede questo reato.
Nelle ultime ore il Sap (Sindacato Autonomo di Polizia), vi si è scagliato contro, annunciando che oggi scenderà in piazza distribuendo appositi volantini. La motivazione sta nel fatto che favorirebbe estremisti e violenti, impedendo alle forze dell’ordine di svolgere il proprio lavoro.
“La posizione del Sap è fuori dalla comunità internazionale” dichiarano Patrizio Gonnella (Antigone), Massimo Corti (Acat) e Franco Corleone (coordinatore dei Garanti dei detenuti). “La polizia deve essere un corpo che protegge i diritti umani e non deve aver paura del reato di tortura. Va ricordato che la tortura è considerato dal diritto internazionale un crimine contro l’umanità tanto da essere fra quelli su cui può investigare e giudicare la Corte Penale Internazionale dell’Aia”.
“Affermare che il reato di tortura sarebbe un regalo agli estremisti e ai violenti è inaccettabile. Praticamente tutti i Paesi a democrazia avanzata dell’Europa hanno il reato nel loro Codice. Anche il Vaticano grazie a Papa Francesco ha codificato il crimine di tortura così come chiesto dall’Onu di Ban Ki-Moon”.
“Il Sap – proseguono – parla di reato ideologico, ma di ideologica c’è solo la loro opposizione. La previsione di questo crimine non è un capriccio italiano, né tantomeno di un presunto partito contro le forze dell’ordine, ma arriva direttamente dalle Nazioni Unite che, nel 1984, approvarono la Convenzione contro la tortura. La codificazione del crimine ci consente di dare valore al lavoro straordinario di tutti quei poliziotti che si muovono nel solco della legalità”.
“Va spiegato dunque al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon e al Papa perché sono contrari”.
Tra le varie questioni su cui il sindacato di polizia si scaglia c’è anche la dicitura “torture psichiche”, anch’esse previste nella Convenzione internazionale. Anche qui, con una posizione per nulla ancorata alla realtà, il Sap paragona questo genere di torture all’alzare la voce durante un interrogatorio, avvertendo con durezza l’indiziato sui rischi che corre. Le torture psichiche sono un dramma nella vita delle persone così come ci raccontano le organizzazioni internazionali: finte esecuzioni, la privazione costante e per giorni del sonno, l’obbligo di radersi per i prigionieri di fede musulmana, minacce di stupro, isolamento prolungato, deprivazione sensoriale. Alcune di queste furono inflitte a due detenuti del carcere di Asti, quando un giudice – nella sentenza di condanna di alcuni poliziotti penitenziari – scrisse che di torture si trattava, ma che i responsabili non potevano ricevere pene proporzionali alla gravità del fatto commesso per l’assenza dello specifico reato.
“È responsabilità anche del governo rispondere a questi muri che si costruiscono e obiezioni fittizie che vengono sollevate. Approvare la legge oggi è un obbligo per il nostro paese e, se qualcosa di ideologico c’è nel volere il crimine di tortura – dichiarano infine Patrizio Gonnella, Massimo Corti e Franco Corleone –, è il volersi ancorare alle democrazie avanzate europee e mondiali”.
Per domani Antigone ha organizzato una mobilitazione via twitter, invitando chi utilizza questo social network a scrivere questo tweet:
Reato di tortura, Manconi risponde ad Alfano: “La Diaz non è un capitolo chiuso”
Il ministro degli Interni Angelino Alfano lo ha detto con chiarezza, alla presenza del capo della polizia Alessandro Pansa: “Dobbiamo avere un reato contro la tortura in Italia ma non deve essere concepito come un reato contro le forze di polizia”.
Ma non si è fermato qui, definendo i fatti della scuola Diaz un “capitolo chiuso”. A quelle dichiarazioni adesso risponde il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi, nonché autore del disegno di legge che vuole introdurre nel nostro codice penale questo tipo di reato.
Alfano dice che nel suo disegno di legge il reato di tortura non deve essere concepito come un reato contro la polizia. Il suo ddl ha questa impostazione?“Alfano ha ragione nel senso che non bisogna fare un ddl contro le forze di polizia. Il mio era fatto per tutelare il corpo dai propri membri ‘infedeli’. Solo una legge che sia molto rigorosa nei confronti di quegli appartenenti alle forze di polizia (polizia di stato, penitenziaria, carabinieri e guardia di finanza) che sanzioni con rigore e severità gli atti di violenza, di illegalità, gli abusi, i comportamenti e i maltrattamenti inumani e degradanti, solo una norma così severa può impedire che il disonore in cui incorrono gli agenti che commettano simili violenze ricada sull’intero corpo. Non conosco mezzo più efficace, più intelligente di questo per salvare l’onore della divisa”
Il ministro degli Interni ha anche affermato che “non risultano casi di impunità in polizia o che il dipartimento polizia si sia messo a coprire”. Secondo lei è così?
“La legge prevede che quando si dà luogo a un’azione giudiziaria l’inchiesta amministrativa si sospenda. Perché il giudizio del tribunale è più significativo, più forte della giustizia amministrativa interna. Dopodichè spesso è accaduto, posso fare un esempio, che una sentenza molto importante che ha condannato in via definitiva i responsabili della morte di Federico Aldrovandi non sia stata seguita a livello amministrativo da una sanzione altrettanto severa. Su questo il ministro ha proprio torto. Tuttavia non è questo il punto. A me interessa che i responsabili dei corpi di polizia siano i primi a volere indagini più penetranti e attente, cosa che non accade. Vorrei che quando si individua la possibilità che, per esempio, un carabiniere sia coinvolto in un atto di violenza, non scatti immediatamente il riflesso incondizionato per cui l’arma ‘si serra come un sol’uomo attorno a quel collega’. Lo si difenda certo, con tutte le garanzie previste in Italia per i cittadini che sono indagati. La difesa ‘come un sol’uomo’ spesso diventa un messaggio di omertà all’interno del corpo. Per questo prima ancora della sanzione disciplinare mi interessa il comportamento, che dai gradi più alti fino ai compagni di azione, si trasmette. Abbiamo avuto mille circostanze in cui davvero si è creato un clima di connivenza, che copriva quell’individuo responsabile di un atto di violenza, che mentiva e ometteva i dati, che si rifiutava di rispondere. Questo è accaduto davvero decine e decine di volte”
Infine quello della scuola Diaz è un capitolo chiuso?
“E’ tutt’altro che un capitolo chiuso. Non è un mistero che la Corte europea dei diritti umani emetterà altre sentenze simili a quella di pochi mesi fa a carico di componenti delle forze dell’ordine, responsabili di abusi, illegalità e violenze. Nei prossimi mesi e anni dovremo misurarci ancora con quel retaggio sanguinoso e doloroso del passato che è stato il G8 di Genova e che la classe politica italiana non ha voluto affrontare con radicalità, non realizzando una commissione d’inchiesta politica che indicasse le responsabilità e chiudesse quel capitolo. Lo abbiamo lasciato aperto dolorosamente e scandalosamente. Il risultato è che l’Europa ci richiama giustamente ai nostri doveri” (da ToDay)
Come Osservatorio sulla Repressione abbiamo espresso un parere negativo sul testo della legge in discussione in parlamento. La legge sulla tortura, così come uscita dalla Camera il 9 aprile scorso, è sbagliata perché è concepita e formulata in modo che non “coprirebbe” fattispecie come quelle, ad esempio, della Diaz e altre avvenute in questi anni e perché esclude almeno 8 delle 27 tecniche di tortura censite da Amnesty International. Ma riteniano che le posizioni e i giudizi espressi dal Sap, siano l’ennesima dimostrazione della volontà di settori delle forze dell’ordine, con la complicità di larghissima parte del mondo della politica, di continuare ad essere garantiti ed impuniti nel commettere abusi e torture.