Nel suo rapporto annuale l’organizzazione per i diritti umani scatta una fotografia dello stato di salute del diritto internazionale e umanitario a livello globale, con la puntuale analisi della situazione di oltre 100 Paesi. Il ritratto dell’Italia è impietoso: destano preoccupazione le crescenti discriminazioni e le restrizioni dei diritti civili e sociali. Dal “Ddl sicurezza” alla violazione dei diritti delle persone in movimento
di Alessio Giordano da Altreconomia
“A livello globale nel 2024 abbiamo osservato due principali tendenze negative: il persistere di alcuni conflitti per i quali la risposta della comunità internazionale è stata insufficiente e la rinascita e il consolidamento di governi populisti contrari ai diritti umani, che con gradazioni diverse coinvolge vari Paesi”. Lo dice Federico Borello, vicedirettore esecutivo di Human Rights Watch, presentando il nuovo World Report 2025 pubblicato il 16 gennaio.
Rientra nel secondo gruppo l’Italia, che secondo Borello “ha confermato il trend rilevato lo scorso anno”. Come già nel 2023, infatti, anche nel 2024 il nostro Paese ha registrato un incremento delle discriminazioni razziali e della violenza di genere, la restrizione dei diritti delle donne, l’aumento della retorica ostile nei confronti delle persone Lgbtqia+ e una maggiore difficoltà di accesso ai diritti per comunità rom e richiedenti protezione internazionale.
Ad aprire le pagine del World Report 2025 dedicate all’Italia è proprio un’ampia panoramica sulle violazioni dei diritti delle persone migranti. In materia di ricerca e soccorso il report denuncia innanzitutto come “il governo italiano ha ostacolato le operazioni di soccorso delle organizzazioni non governative almeno 25 volte tra febbraio 2023 e settembre 2024” e ricorda che dallo scorso ottobre “le autorità hanno il potere di multare e trattenere gli aerei delle Ong”, utilizzati per monitorare dall’alto il Mediterraneo centrale e segnalare eventuali imbarcazioni in difficoltà.
Sotto accusa anche la “politica dei porti lontani” italiana, che “costringe le navi di soccorso a sbarcare nei porti delle città del Centro e del Nord del Paese e le ricorrenti detenzioni amministrative in atto sulle stesse imbarcazioni”.
Human Rights Watch, inoltre, condanna senza appello i respingimenti italiani e la cooperazione con Paesi che non rispettano i diritti umani. “Abbiamo assistito alla parziale débâcle dell’esternalizzazione delle frontiere -spiega Borello-, la cui legalità è stata messa in discussione dalla magistratura italiana”.
Nello specifico il report dell’organizzazione ricorda come i tribunali italiani abbiano stabilito che “i capitani delle navi mercantili non devono restituire alla Libia le persone soccorse in mare a causa del rischio di gravi violazioni dei diritti umani”. Va in questa direzione la sentenza con cui lo scorso febbraio la Corte di Cassazione ha confermato la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28, reo di aver riconsegnato alla guardia costiera libica 101 persone nel luglio 2018.
Infine, puntualizza Hrw, “il tribunale di Crotone ha stabilito che il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) e la guardia costiera libica non sono attori legittimi di ricerca e soccorso”. Il focus sulla migrazione si conclude ripercorrendo gli accordi che l’Italia ha sottoscritto con i governi di Tunisia e Albania. Nel primo caso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha descritto questa intesa, che prevede un sostegno finanziario e linee di credito per 105 milioni di euro in favore del Paese nordafricano, come “parte del piano dell’Italia per frenare la migrazione”. Nel secondo caso, invece, il rapporto ricorda che il momentaneo stop all’applicazione del protocollo d’intesa tra Italia e Albania è giunto quando “i giudici italiani hanno dichiarato illegittima la detenzione di due gruppi di uomini salvati in mare dall’Italia e inviati in Albania”.
Trend negativo anche sul fronte dei diritti civili e sociali, temi sui quali secondo il vicedirettore esecutivo Borello “da molti anni i nostri politici seguono alla perfezione la strategia populista: individuare nemici sulla base di criteri etnici, religiosi o legati all’orientamento sessuale e attaccarne i diritti”.
Preoccupano, in particolare, le discriminazioni nei confronti di persone nere e di etnia rom. Citando il rapporto 2024 degli esperti indipendenti sulle violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine nei confronti di persone di origine e discendenza africana a cura delle Nazioni Unite, Hrw denuncia il racial profiling e il razzismo sistemico attuato dalle forze di polizia italiane.
Matita rossa anche per il “Ddl 1660” approvato alla Camera lo scorso settembre. L’organizzazione evidenzia le criticità dell’articolo 15 del disegno di legge, che consente l’incarcerazione delle donne in stato di gravidanza e di quelle con bambini di età inferiore a un anno, e sottolinea come questa misura sia stata esplicitamente definita “anti-rom”, “dopo che il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha ripetutamente affermato che le donne rom che commettono reati eviterebbero il carcere rimanendo incinte”.
L’analisi prosegue rivelando che in Italia la forbice sociale tra ricchi e poveri si è allargata. Human Rights Watch ricorda che, secondo i dati Istat del 2024, circa il 10% della popolazione italiana viveva in condizioni di povertà nel 2023. Anche in questo ambito poi non mancano le discriminazioni. Il World Report 2025, infatti, rileva che “la Corte di giustizia dell’Ue, a luglio, ha stabilito che il requisito di residenza di dieci anni richiesto dall’Italia ai cittadini stranieri per accedere al ‛reddito di cittadinanza’ costituiva una discriminazione illegale”. A gennaio, il governo aveva già sostituito questo strumento con un sistema di aiuti che comprende, tra le altre cose, “assegni di inclusione” e formazione professionale e che “fornisce però un’assistenza più limitata ai cittadini stranieri rispetto a quella di cui beneficiano i cittadini italiani”.
Il rapporto si concentra poi sui fenomeni di violenza sessuale e di genere, che in Italia rappresentano un problema di drammatica attualità: “Le statistiche pubblicate a luglio dal governo hanno mostrato un aumento costante, dal 2021 al 2023, dei casi di violenza domestica contro le donne, di aggressione sessuale e di altri atti di violenza e molestie di genere”. Si segnala, inoltre, l’emendamento al disegno di legge 19/2024, approvato dal Parlamento lo scorso aprile, che riconosce legittimità all’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori. A questo proposito è bene ricordare -come fa il report di Human Rights Watch- che in Italia “l’interruzione di gravidanza è legale entro il primo trimestre, e anche dopo in alcune circostanze, ma le persone spesso affrontano ostacoli significativi a causa dell’elevato numero di operatori obiettori di coscienza che rifiutano di praticare l’intervento”.
“In tema di orientamento sessuale e identità di genere -riprende Borello- l’Italia è scivolata “dal 34esimo al 36esimo posto su 49 Paesi europei nella valutazione di Ilga Europe (International lesbian and gay association) sulle politiche e le leggi a tutela delle persone Lgbt”: sono ritenuti gravi i discorsi di odio e gli attacchi alle famiglie di genitori dello stesso sesso da parte di politici di primo piano e inadeguata la risposta dello Stato alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle persone Lgbt.
“In un sondaggio condotto dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali -scrive Hrw- il 60% degli intervistati in Italia ha dichiarato che negli ultimi cinque anni la violenza anti-Lgbt è aumentata, mentre il 68% ha affermato di aver subito atti di bullismo, insulti o minacce a scuola”.
Il World Report, inoltre, condanna il disegno di legge che ha reso la gestazione per altri (Gpa) un reato universale. Secondo Human Rights Watch questa misura “avrà un impatto sproporzionato sul diritto delle coppie omosessuali e sterili di creare una famiglia”.
A chiudere la panoramica sull’Italia è lo stato di salute dell’informazione e del diritto di protesta. Anche in questo caso le note positive sono poche: Human Rights Watch definisce “allarmanti” la mancanza di indipendenza dei media e l’uso di intimidazioni legali contro i giornalisti in Italia e, richiamando la Relazione sullo Stato di diritto a cura della Commissione europea, segnala “un aumento delle cause legali contro i giornalisti, un uso eccessivo dei decreti di emergenza da parte del governo e la restrizione dello spazio civico”. Per l’organizzazione andrebbero interpretati proprio in questo senso gli articoli del Ddl 1660 che prevedono un incremento di pena per alcuni reati commessi durante proteste e manifestazioni.
“Dalla democrazia italiana ci aspetteremmo che orientasse le proprie risposte basandosi sul diritto internazionale, eliminando la retorica verso le minoranze e tutelando maggiormente i diritti di tutti”, conclude Borello, che ritiene però che questo auspicio difficilmente si realizzerà “visto che il governo attualmente in carica ha una posizione di chiusura ideologica verso tutte le tematiche da noi prese in esame”.
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