La circolare del capo della polizia Franco Gabrielli punta a raddoppiare il numero dei rimpatri
Incrementare l’espulsione degli immigrati irregolari, apertura di nuovi centri di identificazione ed espulsione ( Cie), almeno uno in ogni regione. È il giro di vite del governo sull’immigrazione dettate tramite una circolare urgente del capo della polizia Franco Gabrielli scritta di concerto con il neo ministro degli interni Marco Minniti. Gli unici dati arrivano da Repubblica, che ha parlato con una «qualificata fonte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza», che commentando la circolare di Gabrielli e il nuovo approccio di Minniti ha detto: «Per il nostro Paese significherebbe far salire il numero delle espulsioni su base annua a 10mila unità, contro le 5mila attuali. Con l’obiettivo ambizioso, ma non irrealistico di arrivare a 20mila». L’apertura di almeno un Cie in ogni regione servirebbe – anche se non c’è ancora nulla di ufficiale ad aumentare materialmente il numero di espulsioni. Come ha spiegato il ministro dell’interno, nei Cie sono «trattenuti» gli stranieri «giunti in modo irregolare in Italia che non fanno richiesta di internazionale o non ne hanno i requisiti». Il tempo di permanenza massimo in un Cie è di 18 mesi. Eppure, secondo il senatore del Pd Luigi Manconi che aveva presieduto la commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, i Cie sono diventati inutili e dannosi «perché di fatto sono strutture dove la permanenza degli immigrati avviene in condizioni durissime e che viene prolungata per un tempo molto superiore rispetto a quello previsto dalla legge». Ma non solo. La svolta di Minniti va in controtendenza alle intenzioni dello scorso governo Renzi. Nel 2015 il Viminale stava meditando per il superamento dei centri di identificazione ed espulsione. A rivelarlo fu l’ex sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, rispondendo a un’interrogazione del Pd in aula alla Camera: «Si può meditare su una sostituzione con uno strumento che abbia lo stesso tipo di obiettivo e possa raggiungere lo stesso tipo di risultato» .
CHI SONO COLORO CHE SONO NEI CIE?
Secondo l’indagine istituzionale eseguita dalla commissione Manconi, all’interno dei Cie ci sono ex detenuti che hanno finito di scontare la pena e che passano direttamente dal carcere al Centro di identificazione prima di essere espulsi. Ma ci sono anche immigrati che risiedono da anni in Italia e non hanno potuto rinnovare il permesso di soggiorno in seguito alla perdita del lavoro. La casistica delle persone che è possibile incontrare nei Cie è molto ampia. Ci sono anche giovani stranieri che hanno sempre vissuto in Italia e che, al compimento dei 18 anni, non hanno potuto iscriversi a un corso di studi o firmare un contratto di lavoro. In base alla normativa attuale si trovano così in una condizione di ‘ irregolarità’ che li porta all’interno dei Cie. Raramente vengono espulsi, perché nel frattempo intervengono i familiari e gli avvocati. Ma vi transitano, ci restano per mesi, con ulteriori costi per lo Stato. Costi che vengono aggravati dalle spese sanitarie. Chi si trova improvvisamente recluso in un luogo che ha tutto l’aspetto di un carcere ( e infatti ci sono anche ex detenuti) vive situazioni drammatiche sul piano psicologico e fisico. Non è un caso che nei Cie si faccia un grandissimo uso ( e abuso) di psi- cofarmaci.
In definitiva – ha sostenuto il rapporto della Commissione diritti umani – se si escludono i casi delle persone effettivamente pericolose, ci sono molti altri strumenti diversi dai Cie, meno costosi, meno disumani, per affrontare i casi di irregolarità: «Basterebbe un obbligo di firma o di dimora, vincoli e limiti ai movimenti per verificare che lo straniero irregolare sia reperibile dalla forze di polizia ( misure peraltro già previste ma raramente applicate). E così i Cie sarebbero ridotti a pochi locali necessari a ospitare per qualche notte chi sia in attesa di un rimpatrio ormai esecutivo». Secondo un’articolata ricerca dell’Associazione Lunaria56 – i cui dati sono stati recepiti nel rapporto del Senato – dal 2005 al 2011 lo Stato ha impeprotezione gnato in media 143,8 milioni di euro l’anno per gestire, mantenere e ristrutturare l’insieme dei vari centri. Se poi si va ad analizzare la gestione fatta da alcuni degli enti gestori si apre un ulteriore, spesso inquietante, capitolo della triste storia dei cie italiani. Sul Dubbio abbiamo riportato un lungo dossier dell’organizzazione Lasciate-CIEntrare dove viene denunciata la cattiva gestione dei vari centri. L’unica dichiarazione ufficiale contro la stretta sugli immigrati voluta da Minniti arriva dal Riccardo Magi, segretario dei Radicali Italiani. «Affermare che occorre intensificare i controlli, aumentare le espulsioni e creare nuovi Cie, legittimando l’equazione ‘ clandestini uguale pericolo’ – spiega il leader dei Radicali Italiani -, significa soffiare sul fuoco dell’intolleranza e ignorare ciò che ormai dovrebbe essere evidente a chiunque». Magi spiega che i dati degli ultimi vent’anni infatti parlano chiaro: nella stragrande maggioranza dei casi, l’irregolarità è dovuta agli ostacoli legislativi, amministrativi e burocratici imposti dalla Bossi Fini, e non certo alla volontà di compiere atti criminali o terroristici. «L’unica soluzione – propone il segretario dei Radicali italiani – è quella di superare finalmente la Bossi Fini, favorendo in ogni modo la regolarizzazione di chi viene nel nostro Paese per lavorare onestamente, concentrando gli sforzi di polizia sui pochi pochissimi casi di effettivo pericolo».
Damiano Aliprandi da il dubbio