Hanno manifestato da nord a sud per ripetere una cosa che tutti sanno, ma contro cui nessuno è disposto a fare nulla: gli immigrati italiani sono perseguitati dal rinnovo del permesso di soggiorno alle Poste. Una vera e propria rapina istituzionalizzata: 72 euro per ottenere un documento richiesto dallo Stato e che, oltretutto, continua ad arrivare in ritardo. A Rimini – dove la mobilitazione è stata organizzata dal Laboratorio Paz e dal collettivo studentesco – il meccanismo per rinnovare il permesso è stato ribattezzato «killer kit». Associazioni, comitati, antirazzisti sono scesi in piazza a Bologna, Padova, Milano, Brescia, Catania, Gorizia e in molte altre città. «Tutti oggi parlano di sicurezza e in un giorno il governo ha firmato il decreto sulle espulsioni, che rischia di produrre un´equazione costante tra migrante e criminale. I migranti però sanno bene cosa vuol dire insicurezza, perché sono esposti da anni agli effetti della legge Bossi-Fini che, collegando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, li consegna all´incertezza della precarietà», scrive il coordinamento migranti di Bologna e Provincia. A Verona diversi immigrati hanno deciso di incatenarsi davanti al Comune per protestare contro il razzismo del sindaco. La mobilitazione contro la rapina del rinnovo dei permessi, infatti, è stata un’occasione anche per ribadire altre questioni. Come scrivono da Milano: «La legge Bossi-Fini è ancora in vigore e questo governo non sembra avere la volontà di abrogarla, né di superarne gli aspetti più discriminatori che provocano il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei migranti».
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