Due anni, otto mesi e due giorni trascorsi in carcere senza aver commesso alcun reato. Il tunisino Adel Ben Slimen, imbianchino, 34 anni, è detenuto dall’8 luglio nel Cie di Torino. In attesa di essere espulso, su proposta del questore di Asti (dov’era stato detenuto), convalidata da un giudice di pace della stessa città. La corte europea, dopo un ricorso del suo legale di fiducia, Pasquale Paolo Cutolo di Milano, ha immediatamente sospeso il provvedimento, poiché le persone accusate di reati connessi al terrorismo in Tunisia, vengono sottoposte a torture e a lunghe carcerazioni, come viene specificato da una sentenza della Cassazione, la 20514 del 28 aprile 2010.
Adel, diplomato nel suo Paese in economia aziendale, è arrivato in Italia nel 2002. A Sanremo lavora come imbianchino in un’azienda edile. Frequenta la moschea di Sanremo, insieme a connazionali , alcuni dei quali poi arrestati per presunto terrorismo. Gli inquirenti decidono di intercettare i suoi telefoni dal febbraio 2004 al gennaio 2005. Il suo calvario nasce dall’errata trascrizione di una sua telefonata con i familiari. Lui chiede “se la sua carta d’identità è pronta”. Le parole e le persone si incrociano. Chiede se “gli possono inviare anche dolci locali”, poi torna di nuovo la questione carta d’identità. Compare la parola “Vergina”.
Il traduttore la lega al documento. Adel avrebbe voluto dire: mandami delle carte di identità vergini, da compilare. Insomma, documenti falsi. Ma la “Vergina”, il cui termine, in arabo, non esiste, era un semplice riferimento a una nota bevanda locale, una specie di gassosa. Per i traduttori, quel “rumore confuso” non è altro che un codice misterioso, cioè: “Teeen, teen…”. Altro, come ha stabilito i giudici nella sentenza di piena assoluzione, in quelle carte, non c’è. Ma il 20 novembre 2007, due anni dopo la famosa telefonata, Adel viene arrestato.
Denuncia anche di “essere stato selvaggiamente picchiato” da una squadra di agenti della polizia penitenziaria di Benevento, nell’estate del 2009. “Portato in una stanza con un pretesto, buttato per terra e preso a calci e pugni, solo perchè avevo chiesto con troppa insistenza di fare la doccia durante il tempo previsto”.
Adel, diplomato nel suo Paese in economia aziendale, è arrivato in Italia nel 2002. A Sanremo lavora come imbianchino in un’azienda edile. Frequenta la moschea di Sanremo, insieme a connazionali , alcuni dei quali poi arrestati per presunto terrorismo. Gli inquirenti decidono di intercettare i suoi telefoni dal febbraio 2004 al gennaio 2005. Il suo calvario nasce dall’errata trascrizione di una sua telefonata con i familiari. Lui chiede “se la sua carta d’identità è pronta”. Le parole e le persone si incrociano. Chiede se “gli possono inviare anche dolci locali”, poi torna di nuovo la questione carta d’identità. Compare la parola “Vergina”.
Il traduttore la lega al documento. Adel avrebbe voluto dire: mandami delle carte di identità vergini, da compilare. Insomma, documenti falsi. Ma la “Vergina”, il cui termine, in arabo, non esiste, era un semplice riferimento a una nota bevanda locale, una specie di gassosa. Per i traduttori, quel “rumore confuso” non è altro che un codice misterioso, cioè: “Teeen, teen…”. Altro, come ha stabilito i giudici nella sentenza di piena assoluzione, in quelle carte, non c’è. Ma il 20 novembre 2007, due anni dopo la famosa telefonata, Adel viene arrestato.
Denuncia anche di “essere stato selvaggiamente picchiato” da una squadra di agenti della polizia penitenziaria di Benevento, nell’estate del 2009. “Portato in una stanza con un pretesto, buttato per terra e preso a calci e pugni, solo perchè avevo chiesto con troppa insistenza di fare la doccia durante il tempo previsto”.
fonte: InfoAut
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