“In una democrazia silente come la nostra, il confine dell’emergenza viene spostato sempre più avanti”. Intervista all’avvocato Francesco Romeo
Francesco Romeo, avvocato penalista romano, è da sempre in prima linea per difendere la libertà di espressione e di dissenso in una società che ormai sembra imprigionata da un lato da un pensiero liberista che non sembra conoscere crisi; e dall’altra da una emergenza continua, che soprattutto in Italia è stata di fatto senza soluzione di continuità passando dunque dagli anni di piombo e della strategia della tensione a quelli del terrorismo islamico, lasciando poi sempre presente sullo sfondo la questione mafiosa mai risolta.
Uno scenario che lascia aperta sempre la strada alla possibilità di introdurre nuove e più gravi limitazioni alla libertà personale. “Proprio qualche giorno fa nella trasmissione ‘In mezz’ora’ di Lucia Annunziata il procuratore nazionale antiterrorismo Franco Roberti ha detto che dobbiamo essere pronti a cedere porzioni della nostra libertà – dice il giurista all’inizio della nostra conversazione – proprio a pochi giorni di distanza da una affermazione diversa rilasciata nel corso di un’altra trasmissione, Otto e mezzo, dove invece sottolineava la non necessità di introdurre nuove leggi”.
Un atteggiamento schizofrenico avvocato?
Sicuramente il procuratore non può dire che bisogna essere pronti a sacrificare le nostre libertà personali e poi però sostenere in un’altra occasione che le cose vanno bene così. Con questo voglio dire che è giusto tenere traccia di tutto quello che dicono queste persone perché fanno un passo avanti e poi tornano indietro su argomenti così delicati. Mi sembra dunque corretto almeno evidenziare che in una circostanza ha detto una cosa salvo poi dirne un’altra di segno completamente diverso.
D. Detto questo registriamo una situazione di continua emergenza in Italia, dettata nel passato da ragioni diverse che però determinano poi decisioni che vanno sempre nella stessa direzione.
Che cosa ne pensa?
Fin dagli anni ’70 in Italia si è creata una legislazione emergenziale tanto è vero che anche nella letteratura accademica si usava questa espressione che descriveva ‘un Paese in perenne emergenza’. Perché prima c’è stata la legislazione antiterrorismo. Poi quella antimafia, sulla criminalità organizzata. Le norme emergenziali sono dunque già ben presenti nel nostro ordinamento giuridico. Per di più, come dicevamo prima, è dagli anni ’70 che in Italia c’è una produzione continua di leggi di questo tipo.
Ci fermeremo?
Non si può dire questo perché l’emergenza è un mostro onnivoro e bulimico. E non si ferma davanti a niente. C’è sempre, secondo questa logica, appunto una nuova emergenza da fronteggiare e la necessità di conseguenza di stringere un po’ di più la vite della libertà. Io credo che se se ne presenterà l’occasione ci proporranno delle leggi ancor più restrittive che forse sono già allo studio.
In Francia Hollande già pensa ad una modifica della Costituzione….
L’ha già proposta ed è un tema centrale nel dibattito parlamentare. Non possiamo dire se sarà approvata o meno. E poi dipende da molte altre variabili. Se facciamo un paragone con l’Italia da questo punto di vista dobbiamo dire che tutte le leggi di stampo emergenziale sono sempre state approvate. Se guardiamo all’indietro, a quel periodo relativo al 2001, subito dopo gli attentati di New York, quando vennero proposte delle leggi ulteriormente restrittive delle norme penali e di controllo, queste vennero approvate dal Parlamento dal 90% dei deputati e dei senatori. Questo per dire che quando ci sono situazioni di questo tipo non c’è opposizione parlamentare che tenga. L’opposizione appunto si liquefà di fronte a simili scenari. Almeno è quello che ci dice il passato a noi più prossimo e mi riferisco appunto al 2001. Allora solo Rifondazione comunista votò contro quelle norme. Erano norme molto repressive anche se adesso ci sembra manchi questa repressione. Ed è questo il nostro problema soprattutto di fronte a certi eventi: che di repressione sembra sempre essercene troppo poca.
Invece c’è eccome….
Sempre per fare un paragone con la situazione francese lì molti poteri sono stati affidati ai prefetti. Ma anche da noi qualche anno fa è stata introdotta una norma che consente ai prefetti di impiegare in determinate situazioni un contingente dell’esercito di tremila uomini. C’è insomma tutto un sistema normativo ma questo non significa che sia definitivo. La frontiera dell’emergenza è sempre mobile e si sposta sempre in avanti.
Quali rischi concreti corriamo?
Sempre Roberti quando faceva riferimento con quella frase alla necessità che ciascuno di noi rinunciasse ad una porzione della sua libertà si riferiva alle comunicazioni telematiche e telefoniche in particolare. Quindi sicuramente dobbiamo aspettarci dei provvedimenti che aggiungano ulteriori restrizioni ed anzi amplino i poteri di controllo delle nostre comunicazioni, di tutti i tipi, e delle disposizioni che modifichino in qualche modo il nostro diritto alla libertà di movimento con maggiori controlli. Questo è quello che si può prevedere senza però conoscere qual è il reale dibattito o qual è la reale discussione che è in corso in questo momento tra i vari ministeri. Oppure all’interno della maggioranza di governo.
Ora faccio un po’ l’avvocato del diavolo. Non crede che una situazione indubbiamente particolare come quella che stiamo vivendo in questa fase non possa portare comunque inevitabilmente a delle restrizioni? I francesi per esempio sono disposti, in maggioranza, ad accettare queste scelte. Oppure, al contrario, qualsiasi misura di questo tipo va osteggiata perché fatalmente poi lo Stato estende questo controllo ben al di là del contesto necessario?
Una volta che le norme vengono introdotte non sono utilizzate settorialmente. E noi abbiamo avuto già qualche piccolo assaggio di cosa può accadere: alcuni giorni fa se non sbaglio il questore di Roma ha detto che una manifestazione di protesta degli studenti era a rischio per gli eventi di Parigi. E dunque successivamente, per l’eterogenesi dei fini, vengono approvate norme ed introdotte leggi che servono in apparenza oppure dichiaratamente a prevenire e a reprimere fenomeni terroristici o quant’altro, ma poi vengono usate per limitare le libertà costituzionali dei cittadini.
Ma non si potrebbe all’interno di certe norme introdurre dei distinguo, mettere i puntini sulle i proprio per evitare che si vada al di là degli obiettivi dichiarati e dichiarando che non si intendono limitare certi diritti come quello di manifestare?
No, questo giuridicamente non è proprio possibile.
Proprio sulla necessità di esprimere un conflitto l’Italia sembra un Paese anestetizzato…
Siamo una democrazia silente nel senso che siamo una democrazia del consenso e non della discussione. E si sa che anche la varietà delle opinioni porta al dibattito democratico. Siamo una democrazia unidirezionale, monotematica, in cui non c’è né opposizione sociale, né opposizione istituzionale.
Che cosa pensa invece della posizione assunta da Papa Francesco che ha affermato di non volere chiese blindate e dunque nessuna emergenza?
Va fatto a riguardo un discorso un po’ diverso. Il Papa sicuramente ha grande incidenza al di fuori del discorso politico. Se interviene sui temi etici è sicuramente ascoltato e ha un peso. Su tutto il resto qualunque cosa il Papa dica conta zero nel discorso pubblico italiano. Diciamo che il suo peso è più nella società che nel mondo istituzionale e politico.
Vittorio Bonanni da controlacrisi