Indagata la dottoressa del cpr di Ponte Galeria per la morte di Moustafa Fannane
“Era imbottito di psicofarmaci”. Il decesso del 38enne di origine marocchina risale al 19 dicembre 2022. L’accusa nei confronti della dottoressa del cpr di Ponte Galeria a Roma è di omicidio colposo e istigazione al suicidio
di Marco Carta da la Repubblica
Era venuto in Italia per garantire un futuro migliore alla sua famiglia. Ma è morto in mezzo alla strada, alla Marranella, poche settimane dopo l’uscita dal Cpr di Ponte Galeria. Un posto dove Moustafa Fannane, che soffriva di problemi psichiatrici, dove non sarebbe nemmeno dovuto entrare. «Andava curato e invece era imbottito di psicofarmaci».
Il decesso del 38enne di origine marocchina risale al 19 dicembre 2022 e per la sua morte ora la procura di Roma ha messo sotto indagine il medico del Cpr, che forse avrebbe sottovalutato le sue condizioni di salute. L’accusa nei confronti di Carla Narduzzi è quella di omicidio colposo e istigazione al suicidio.
Al centro dell’indagine, coordinata dal pm Stefano Pesci, ci sono le cartelle cliniche del marocchino ma anche le testimonianze delle persone con cui Moustafa si era sfogato: «Non sono ingrassato, sono ancora uguale a prima. Eppure quando mi vedrai non mi riconoscerai».
Quando il 28 novembre 2022 torna in libertà, Moustafa ha il viso e le caviglie gonfie. Così come i piedi, forse anche per l’uso sconsiderato di psicofarmaci. Vive in strada e la sua salute peggiora di giorno in giorno, fino a quando il 19 dicembre arriva l’epilogo: Moustafa viene trovato in terra, alla Marranella, privo di conoscenza. Poco dopo muore in ospedale per arresto cardiocircolatorio.
«Nel sangue di Moustafa – spiega l’avvocato della famiglia, Armida Decina – sarebbero state trovate tracce di numerosi farmaci antidepressivi. Soffriva di problemi psichiatrici certificati, quindi non doveva essere messo in un Cpr. Andava curato e aiutato come ogni persona nella sua situazione. Invece quando è uscito le sue condizioni di salute erano addirittura peggiorate».
L’uomo era arrivato in Italia nel 2007, lavorava come ambulante, alzandosi ogni mattina all’alba. Il suo calvario inizia nel 2014 quando perde il lavoro, la casa e infine la testa. Gli abitanti di Torpignattara lo iniziano a vedere sempre più spesso per le strade del quartiere. Si vede negare il permesso di soggiorno e nel 2015 viene raggiunto da un decreto di espulsione.
Quattro anni dopo è recluso per sei mesi nel Cpr di Roma. Il rimpatrio non scatta e Moustafa torna a Torpignattara, dove tutti lo conoscono. Il marocchino è esuberante e scherza con tutti. Spesso invadente. Ma tanti residenti si rendono conto che andrebbe aiutato. Il 15 settembre 2020 si siede sopra una macchina dei vigili e viene fermato dalla polizia.
L’ex presidente del V Municipio, Giovanni Boccuzzi, lo mette alla berlina su Facebook. «Il sig. “Mustafà” che contribuiva al degrado del quartiere anche con atti osceni e infastidiva con le sue azioni soprattutto le ragazze del quartiere». Tre giorni dopo finisce nel Cpr di Torino.
Quando esce, torna a Torpignattara. Nell’agosto 2022 viene fermato per aver minacciato un passante con un coltello. «Le sue condizioni psicofisiche erano compromesse e incompatibili con il Cpr», aggiunge l’avvocata Decina. Sul corpo di Moustafa sono evidenti i segni di autolesionismo, che evidenziano gli istinti suicidari. Ma finisce nuovamente al Cpr di Ponte Galeria. È l’ultima volta. Perché a dicembre, dopo tre settimane dall’uscita, muore.
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