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India: Attivisti arrestati, per New Delhi è «terrore maoista»

Perquisizioni e arresti di attivisti per i diritti umani delle comunità dalit e adivasi, una campagna di lungo corso che etichetta come terrorista chi si batte per gli emarginati

Ieri mattina la polizia di Pune, città nello Stato del Maharashtra, ha disposto una serie di raid nelle abitazioni di diversi attivisti per i diritti umani indiani impegnati nella difesa delle comunità dalit e adivasi (i «tribali» autoctoni del subcontinente).

Perquisizione e arresti hanno interessato le case dell’attivista e giornalista Gautam Navlakha (Delhi), dello scrittore e attivista P Varavara Rao (Hyderabad), dell’avvocatessa per i diritti umani Sudha Bhardwaj (Faridabad), degli attivisti Vernon Gonzalves e Arun Ferreira (Mumbai), dell’attivista Stan Swamy (Ranchi) e dell’attivista Anand Teltumbde (Goa). Mentre scriviamo, almeno cinque di loro sono già in stato d’arresto.

Lo scorso 6 giugno, in una simile operazione di polizia, erano stati arrestati e condotti in carcere a Pune altri cinque attivisti: Surendra Gadling, Shoma Sen, Mahesh Raut (Nagpur), Sudhir Dhawale (Mumbai) e Rona Wilson (Delhi). Gli arresti e le perquisizioni, secondo le autorità di Pune, sono scattate per effetto delle indagini aperte all’inizio dell’anno intorno alla manifestazione di «Elgaar Parishad».

Lo scorso 31 dicembre, a pochi km da Pune, migliaia di dalit e adivasi si sono riuniti per celebrare il duecentesimo anniversario della battaglia di Bhima Koregaon, episodio simbolo per la comunità dalit locale. Dopo le provocazioni di un gruppo di ultrahindu, che malmenarono a decine di dalit che stavano raggiungendo la manifestazione, tra il primo e il 3 gennaio 2018 decine di migliaia di dalit marciarono per le strade di Pune e Mumbai, ingaggiando scontri con la polizia locale.

Aperte le indagini sulle violenze intercomunitarie nel Maharashtra, le autorità hanno presto abbandonato la pista dell’incitazione all’odio contro le organizzazioni ultrahindu locali – «il fatto non sussiste» – rivolgendo l’attenzione agli organizzatori e ai sostenitori della manifestazione dalit del 31 dicembre.

I mandati di perquisizione e arresto, riporta la stampa locale, citano articoli della legge antiterrorismo indiana, della legge per la prevenzione di attività illegali e del codice penale indiano relativo all’istigazione all’odio intercomunitario. Diversi attivisti sono accusati di simpatie maoiste e naxalite: il movimento maoista a difesa delle classi subalterne dell’India rurale è considerato organizzazione terroristica.

Gli ambienti progressisti della società civile indiana hanno protestato: in un comunicato diramato ieri, firmato da una decina tra professori, attivisti delle organizzazioni studentesche, scrittori e giornalisti, gli arresti sono descritti come un tentativo di «incutere terrore tra chi sta lottando per gli emarginati». I firmatari accusano il governo del Bharatiya Janata Party di etichettare come «maoista» chiunque dissenta dalle politiche dell’esecutivo di Narendra Modi: «Il reale intento [di perquisizioni e arresti] è criminalizzare l’attività democratica di questi attivisti, perseguitarli e assicurare loro una carcerazione prolungata»

Matteo Miavaldi

da il manifesto