Ingiusta detenzione: Risarcimenti e indennizzi, non sempre lo Stato paga
Il rigetto della Corte d’Appello di Firenze alla richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione avanzata da Raffaele Sollecito, mette nuovamente in luce un’emergenza latente, silenziosa, che colpisce ogni anno migliaia di cittadini innocenti. Si tratta di un fenomeno che riguarda troppi cittadini italiani arrestati e successivamente rilasciati ( dopo tempi più o meno lunghi) perché risultati innocenti. E non sempre vengono risarciti. Ogni anno settemila italiani vengono incarcerati o costretti ai domiciliari e poi assolti. Una parte di questi si rivale contro lo Stato, che mediamente riconosce l’indennizzo a una vittima su quattro. Dal 1992 il ministero dell’Economia e Finanze – dato aggiornato al 31 marzo dell’anno scorso – ha pagato 630 milioni di euro per indennizzare quasi 25 mila vittime di ingiusta detenzione, 36 milioni li ha versati nel 2015 e altri 11 nei primi tre mesi del 2016.
Nella sola Sardegna sono settanta le vittime di ingiusta detenzione dal 2012 a oggi e quasi 2 milioni di euro in risarcimenti versati dallo Stato nello stesso periodo. I dati sono stati presentati durante il convegno organizzato lo scorso 10 febbraio dall’Ordine degli Avvocati di Cagliari sul tema degli errori giudiziari: spunto iniziale di discussione, la proiezione del docufilm “Non voltarti indietro” ( prodotto da Errorigiudiziari. com per la regia di Francesco Del Grosso), la prima opera di questo tipo dedicata al grande tema degli innocenti in manette nel nostro Paese. All’evento hanno partecipato il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, Rita Dedòla, il presidente del Tribunale di Cagliari, Mauro Grandesso, il presidente della Camera Penale cittadina, Rodolfo Meloni, il Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Cagliari, Gilberto Ganassi e il giornalista Ottavio Olita. Ma ritorniamo agli elementi più significativi dell’analisi che Errorigiudiziari. com ha condotto sulle statistiche relativi alla Sardegna, partendo dai dati d’insieme. Tra il 2012 e il 2016, secondo l’analisi di Errorigiudiziari. com sui dati in Sardegna, Cagliari ha fatto registrare 36 casi riconosciuti di ingiusta detenzione; a Sassari lo stesso dato si è fermato a 34. Molto simili tra loro anche le somme riconosciute a titolo di indennizzo: 982.224,42 euro totali per i casi cagliaritani, 927.099,80 euro per quelli relativi al distretto di appello di Sassari. Un elemento che balza agli occhi l’anno appena concluso. Il 2016, infatti, ha fatto registrare un brusco calo di casi di ingiusta detenzione che sono stati indennizzati: ciascuno dei due distretti di appello della regione ha fatto registrare lo stesso numero di ordinanze ( 3), per un importo da liquidare sostanzialmente identico ( circa 35 mila euro). Ma si tratta di numeri decisamente inferiori a quelli degli anni precedenti: dal 2012 al 2015, infatti, si era sempre superata la soglia dei 400 mila euro di risarcimenti totali. Nei cinque anni considerati da Errorigiudiziari. com, lo Stato ha versato in tutto poco meno di due milioni di euro ( 1 milione e 909 mila euro) alle 70 vittime di ingiusta detenzione riconosciute tali nei due distretti di appello dell’Isola. In particolare, le 36 ordinanze di Cagliari hanno portato a indennizzi per 982.224,42 euro, mentre le 34 di Sassari hanno liquidato una somma pari a 927.099,80 euro. Gli an- ni con il maggior numero di casi di ingiusta detenzione ( 11) nel capoluogo sono stati a pari merito il 2012 e il 2013: 11 ordinanze. L’anno record per Sassari è stato invece il 2014, con 15 indennizzi autorizzati. Nel 2015 il boom di spesa per Cagliari: 323.193 euro versati a fronte di 7 casi di ingiusta detenzione; il 2014 è stato per Sassari un anno record anche dal punto di vista delle somme riconosciute ( oltre 608mila euro).
Il motivo del brusco calo di indennizzi nel 2016 non va attribuito allo Stato più virtuoso o a meno innocenti in carcere. Il motivo è spiegato dagli stessi esperti del ministero dell’Economia e delle Finanze: le diminuzioni degli imriguarda porti corrisposti a titolo di Rid ( Riparazione per Ingiusta Detenzione) soprattutto negli ultimi anni non sono conseguenza di una riduzione delle ordinanze, bensì della disponibilità finanziaria sui capitoli di bilancio non adeguata. Bisogna distinguere i casi di riparazione per ingiusta detenzione dagli errori giudiziari. Nel primo caso si fa riferimento alla detenzione subita in via preventiva prima dello svolgimento del processo e quindi prima della condanna eventuale, mentre nel secondo si presuppone invece una condanna a cui sia stata data esecuzione e un successivo giudizio di revisione del processo in base a nuove prove o alla dimostrazione che la condanna è stata pronunciata in conseguenza della falsità in atti. Nel caso di ingiusta detenzione, l’indennizzo consiste nel pagamento di una somma di denaro che non può eccedere l’importo di 516.456 euro. La riparazione non ha carattere risarcitorio ma di indennizzo. Nel caso dell’errore giudiziario, invece, c’è un vero e proprio risarcimento. Il caso più eclatante di risarcimento è avvenuto un mese fa. Si tratta del più alto risarcimento per un errore giudiziario riconosciuto in Italia. Sei milioni e mezzo per ripagare 22 anni di carcere da innocente e circa 40 anni vissuti con una spada di Damocle sulla propria esistenza, tra galera e attesa delle decisioni dei giudici. Parliamo di Giuseppe Gulotta che era stato accusato, quando aveva 18 anni, dell’omicidio di due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, trucidati il 26 gennaio 1976 ad Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Arrestato, è stato costretto sotto tortura a confessare un reato mai commesso. Al processo di primo grado è stato assolto per insufficienza di prove, ma dopo vari gradi di giudizio è stato definitivamente condannato all’ergastolo nel 1990. Con lui furono accusati degli omicidi altri quattro ragazzi. Due fuggirono in Brasile per scampare al verdetto, uno venne ritrovato impiccato in cella, un altro ancora morì di tumore in carcere, privato delle cure in ospedale perché ritenuto un pericoloso ergastolano. Dopo 36 anni, di cui 25 trascorsi dietro le sbarre, Gulotta ha ottenuto la revisione del processo grazie alla confessione di un carabiniere. È stato assolto – come gli altri dei quali due sono morti e altri due fuggiti definitivamente nel 2012. Dopo il riconoscimento della sua innocenza e del diritto al risarcimento nel 2016, un mese fa è arrivato il momento del pagamento da parte dello Stato.
La battaglia di Giulio Petrilli
Raffaele Sollecito assolto, dopo quattro anni di carcere, dall’accusa di aver ucciso Meredith Kercher, dopo l’assoluzione ha fatto richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione.
Ma la Corte d’appello di Firenze ha negato il risarcimento per ‘ dolo e colpa grave’, la motivazione del diniego è che sarebbe stato poco chiaro nel primo interrogatorio e avrebbe tratto in inganno gli inquirenti.
Quella di Sollecito ricorda molto da vicino la storia di Giulio Petrilli, arrestato il 23 dicembre del 1980 con l’accusa di partecipazione a banda armata per un presunto coinvolgimento nell’organizzazione terroristica Prima Linea.
Petrilli faveva all’epoca 21 anni. L’allora pm Armando Spataro, che emise il mandato di cattura, sosteneva che Petrilli fosse coinvolto nell’organizzazione terroristica Prima Linea e chiese una condanna a undici anni. Scontò cinque anni e otto mesi di carcere duro, che prevedeva anche la detenzione in strutture speciali e sotto il regime dell’articolo 90, più duro del 41 bis. Fu rilasciato nel 1986, dopo l’assoluzione in appello presso il Tribunale di Milano. La sentenza definitiva di assoluzione arrivò dalla Cassazione nel luglio 1989. Dopo quegli anni di duro isolamento, la salute di Giulio Petrilli e le sue condizioni psico fisiche, acclarate da numerosi certificati medici, ne hanno risentito.
Da anni Petrilli si sta battendo per ottenere un risarcimento danni a causa dell’errore giudiziario che lo ha portato all’ingiusta detenzione. L’istanza di risarcimento è stata rigettata, tuttavia, sia dalla Corte d’Appello di Milano sia dalla Cassazione, in virtù dell’art.
314 del codice di procedura penale, primo comma, dove si afferma che la riparazione per ingiusta detenzione non viene concessa nel caso di dolo o colpa grave. Nel caso di Petrilli, la Corte ha ritenuto che le sue frequentazioni avrebbero tratto in inganno gli inquirenti.
Damiano Aliprandi
da il dubbio