In Iran la rivolta non si ferma. 82 manifestanti uccisi in un giorno
La denuncia di Amnesty: «Venerdì nero» nella regione sunnita del Balucistan con aspirazioni autonomiste. Domani nuovi scioperi degli studenti
di Farian Sabahi
Al di là di simbolici tagli di ciocche sui social, il primo gesto concreto di solidarietà nei confronti degli iraniani che protestano giunge dalla ministra tedesca dell’Interno.
RIVOLGENDOSI agli stati federali tedeschi, a cui spettano le decisioni di questo tipo, la socialdemocratica Nancy Faeser ha dichiarato che «i rimpatri verso l’Iran sono irresponsabili di fronte all’attuale situazione disastrosa dei diritti umani» e quindi «il divieto di espulsione è il passo giusto su cui i Laender dovrebbe decidere al più presto».
La Bassa Sassonia ha già temporaneamente sospeso la possibilità di rimpatriare persone verso l’Iran e il ministro dell’Interno del Land, il socialdemocratico Boris Pistorius, ha annunciato che alla prossima conferenza dei ministri dell’Interno dei Laender presenterà una risoluzione per un divieto generale di rimpatri verso l’Iran. Da parte sua, Nancy Faeser potrebbe fare un passo ulteriore e fermare i rimpatri direttamente su base nazionale.
Dal vertice di Arrajolos a Malta ha parlato ieri il presidente della Repubblica italiana. Sergio Mattarella ha dichiarato che «la forza dei valori europei a difesa dei diritti, della libertà e della democrazia è inarrestabile come dimostra la situazione in Iran».
Il Parlamento europeo chiede sanzioni ed esprime forte sostegno e «condanna fermamente l’uso diffuso, intenzionale e sproporzionato della forza». Gli eurodeputati chiedono di «rilasciare immediatamente e incondizionatamente i difensori dei diritti umani, e di ritirare le accuse» e domandano al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite di avviare un’indagine.
INTANTO, SONO almeno 82 le persone – tra cui minori – uccise venerdì scorso a Zahedan, il capoluogo del Sistan e Balucistan nel sudest, dove si era diffusa la notizia dello stupro di una quindicenne da parte del capo della polizia nella località portuale di Chabahar.
Una zona povera, al confine con Pakistan e Afghanistan, dove i pasdaran intervengono militarmente per colpire i contrabbandieri locali. La popolazione è di etnia baluci e di fede musulmana sunnita.
Si tratta di una minoranza al tempo stesso etnica e religiosa, caratterizzati da un tasso di crescita demografica più alto rispetto al resto del paese. Qui, le proteste hanno riacceso le rivendicazioni di autonomia.
LE IRANIANE e gli iraniani scendono in strada, nonostante i rischi, e non solo affinché il velo sia una libera scelta. Contestano la mala gestione della cosa pubblica ed esprimono preoccupazione per la disoccupazione e l’inflazione galoppante.
In alcune province le proteste assumono un carattere locale, con rivendicazioni di autonomia e sulle questioni climatiche come a Urmia, il capoluogo della provincia iraniana dell’Azerbaigian occidentale, dove manca l’acqua.
In prima linea ci sono i giovani, anche adolescenti: non vedono prospettive, i loro sogni verranno spenti dal clero sciita al potere che impone il diritto islamico, e dai pasdaran che hanno preso le redini del potere. Un peso reso ancora più gravoso dall’embargo internazionale e dalle sanzioni economiche.
Agli iraniani, in Iran, poco importa dell’accordo nucleare e di ciò che sta a cuore alla diplomazia internazionale. Protestano, e muoiono. Il 20 settembre la sedicenne Nika Shahkarami aveva partecipato alle proteste. Secondo un documento ottenuto dalla Bbc Persian, sarebbe deceduta per «ferite multiple causate da percosse con un oggetto duro».
LA FAMIGLIA AVREBBE voluto seppellirla nella città natale di Khorramabad, nell’Iran occidentale, ma le autorità lo hanno impedito e sono passati alle minacce.
Un attimo prima di essere arrestata, la zia aveva dichiarato alla Bbc Persian che i pasdaran le avevano detto di avere tenuto la nipote in custodia per cinque giorni per poi consegnarla alle autorità carcerarie. Minacciata, la zia è stata costretta a dichiarare in televisione che la nipote sarebbe «caduta da un edificio».
Di fronte alla repressione, che cosa c’è da aspettarsi? Mentre stiamo per entrare nella quarta settimana di proteste, l’impressione è che, di fronte alla mano pesante del regime, siano sempre più numerosi gli iraniani che scendono in strada.
Oggi, venerdì, è un giorno festivo. Domani, a partire dalle 12, ci saranno proteste e scioperi dentro le scuole e nelle università: gli studenti andranno in aula ma, in segno di dissenso, non ascolteranno gli insegnanti.