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“Israele ha commesso e continua a commettere un genocidio a Gaza”. L’accusa di Amnesty International

Le ricerche di Amnesty International hanno trovato prove sufficienti per concludere che Israele ha commesso e continua a commettere un genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza occupata, ha dichiarato l’organizzazione in un nuovo emblematico rapporto pubblicato oggi.

di Amensty International (traduzione di Federica Riccardi)

Il rapporto, “Ti senti come se fossi subumano”: Il genocidio di Israele contro i palestinesi di Gaza, documenta come, durante l’offensiva militare lanciata a seguito degli attacchi letali condotti da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023, Israele abbia scatenato l’inferno e la distruzione sui palestinesi di Gaza in modo spregiudicato, continuo e nella più totale impunità.

“Il rapporto di Amnesty International dimostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul Genocidio, con l’intento specifico di distruggere i palestinesi di Gaza. Questi atti includono uccisioni, causare gravi danni fisici o mentali e infliggere deliberatamente ai palestinesi di Gaza condizioni di vita intese a provocare la loro distruzione fisica. Mese dopo mese, Israele ha trattato i palestinesi di Gaza come un gruppo subumano indegno dei diritti umani e della dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria Generale di Amnesty International.

“Le nostre conclusioni sconvolgenti devono servire da campanello d’allarme per la comunità internazionale: questo è un genocidio. Deve finire ora.

“Gli Stati che continuano a trasferire armi a Israele in questo momento devono sapere che stanno violando il loro obbligo di prevenire il genocidio e rischiano di diventare complici del genocidio. Tutti gli Stati che hanno influenza su Israele, in particolare i principali fornitori di armi come gli Stati Uniti e la Germania, ma anche altri Stati membri dell’Unione Europea, il Regno Unito e altri, devono agire ora per porre immediatamente fine alle atrocità di Israele contro i palestinesi di Gaza”.

Negli ultimi due mesi la crisi si è particolarmente acuita nel governatorato settentrionale di Gaza, dove una popolazione assediata sta affrontando la fame, lo sfollamento e l’annientamento tra bombardamenti incessanti e restrizioni soffocanti sugli aiuti umanitari salvavita.

“La nostra ricerca rivela che, per mesi, Israele ha continuato a commettere atti genocidari, pienamente consapevole del danno irreparabile che stava infliggendo ai palestinesi di Gaza. Ha continuato a farlo sfidando gli innumerevoli avvertimenti sulla catastrofica situazione umanitaria e le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) che ordinavano a Israele di adottare misure immediate per consentire la fornitura di assistenza umanitaria ai civili di Gaza”, ha dichiarato Callamard.

“Israele ha ripetutamente sostenuto che le sue azioni a Gaza sono legittime e possono essere giustificate dall’obiettivo militare di sradicare Hamas. Ma l’intenzione genocidaria può coesistere con gli obiettivi militari e non deve necessariamente essere l’unica intenzione di Israele”.

Amnesty International ha esaminato gli atti di Israele a Gaza da vicino e nella loro totalità, tenendo conto della loro ricorrenza e simultaneità, nonché del loro impatto immediato e delle loro conseguenze cumulative e reciprocamente rafforzanti. L’organizzazione ha considerato l’entità e la gravità delle vittime e delle distruzioni nel tempo. Ha anche analizzato le dichiarazioni pubbliche dei funzionari, riscontrando che gli atti proibiti erano spesso annunciati o richiesti in primo luogo da funzionari di alto livello responsabili degli sforzi bellici.

“Tenendo conto del contesto preesistente di espropriazione, apartheid e occupazione militare illegale in cui questi atti sono stati commessi, abbiamo potuto trovare solo una conclusione ragionevole: L’intento di Israele è la distruzione fisica dei palestinesi di Gaza, in parallelo o come mezzo per raggiungere l’obiettivo militare di distruggere Hamas”, ha dichiarato Agnès Callamard.

“I crimini di atrocità commessi il 7 ottobre 2023 da Hamas e da altri gruppi armati contro israeliani e vittime di altre nazionalità, comprese le uccisioni di massa deliberate e la presa di ostaggi, non potranno mai giustificare il genocidio di Israele contro i palestinesi di Gaza”.

La giurisprudenza internazionale riconosce che non è necessario che l’autore del crimine riesca nel suo tentativo di distruggere il gruppo protetto, in tutto o in parte, perché il genocidio sia stato commesso. È sufficiente la commissione di atti proibiti con l’intento di distruggere il gruppo in quanto tale.

Il rapporto di Amnesty International esamina in dettaglio le violazioni di Israele a Gaza nel corso di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio 2024. L’organizzazione ha intervistato 212 persone, tra cui vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza, operatori sanitari, ha condotto un lavoro sul campo e ha analizzato una vasta gamma di prove visive e digitali, comprese le immagini satellitari. Ha inoltre analizzato le dichiarazioni di alti funzionari governativi e militari israeliani e di organismi ufficiali israeliani. In più occasioni, l’organizzazione ha condiviso i suoi risultati con le autorità israeliane, ma al momento della pubblicazione non ha ricevuto alcuna risposta significativa.

Scala e magnitudine senza precedenti

Le azioni di Israele in seguito agli attacchi mortali di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno portato la popolazione di Gaza sull’orlo del collasso. La sua brutale offensiva militare ha ucciso più di 42.000 palestinesi, tra cui oltre 13.300 bambini, e ne ha feriti più di 97.000, entro il 7 ottobre 2024, molti dei quali in attacchi diretti o deliberatamente indiscriminati, spesso spazzando via intere famiglie multigenerazionali. Ha causato una distruzione senza precedenti, che secondo gli esperti si è verificata a un livello e a una velocità mai visti in nessun altro conflitto del XXI secolo, radendo al suolo intere città e distruggendo infrastrutture critiche, terreni agricoli e siti culturali e religiosi. Ha quindi reso inabitabili ampie zone di Gaza.

Mohammed, fuggito con la sua famiglia da Gaza City a Rafah nel marzo 2024 e nuovamente sfollato nel maggio 2024, ha descritto la loro lotta per la sopravvivenza in condizioni orribili:

“Qui a Deir al-Balah è come un’apocalisse… Devi proteggere i tuoi figli dagli insetti, dal caldo, e non c’è acqua pulita, né servizi igienici, mentre i bombardamenti non si fermano mai. Qui ci si sente subumani”.

Israele ha imposto condizioni di vita a Gaza che hanno creato una miscela mortale di malnutrizione, fame e malattie, esponendo i palestinesi a una morte lenta e calcolata. Israele ha anche sottoposto centinaia di palestinesi di Gaza a detenzione in isolamento, tortura e altri maltrattamenti.

Considerati isolatamente, alcuni degli atti indagati da Amnesty International costituiscono gravi violazioni del diritto umanitario internazionale o del diritto internazionale dei diritti umani. Ma se si considera il quadro più ampio della campagna militare di Israele e l’impatto cumulativo delle sue politiche e dei suoi atti, l’intenzione genocidaria è l’unica conclusione ragionevole.

Intenzione di distruggere

Per stabilire l’intenzione specifica di Israele di distruggere fisicamente i palestinesi di Gaza, in quanto tali, Amnesty International ha analizzato lo schema generale della condotta di Israele a Gaza, ha esaminato le dichiarazioni disumanizzanti e genocide dei funzionari governativi e militari israeliani, in particolare quelli ai più alti livelli, e ha considerato il contesto del sistema di apartheid di Israele, il suo disumano blocco di Gaza e l’ occupazione militare illegale del territorio palestinese che dura da 57 anni.

Prima di giungere alla sua conclusione, Amnesty International ha esaminato le affermazioni di Israele secondo cui i suoi militari avrebbero preso di mira legittimamente Hamas e altri gruppi armati in tutta Gaza, e che le distruzioni senza precedenti che ne sono derivate e la negazione degli aiuti sarebbero il risultato di una condotta illegale da parte di Hamas e di altri gruppi armati, come la localizzazione di combattenti tra la popolazione civile o il dirottamento degli aiuti. L’organizzazione ha concluso che queste affermazioni non sono credibili. La presenza di combattenti di Hamas vicino o all’interno di un’area densamente popolata non esime Israele dall’obbligo di prendere tutte le precauzioni possibili per risparmiare i civili ed evitare attacchi indiscriminati o sproporzionati. La ricerca ha rilevato che Israele ha ripetutamente omesso di farlo, commettendo molteplici crimini di diritto internazionale per i quali non può esserci alcuna giustificazione basata sulle azioni di Hamas. Amnesty International non ha inoltre trovato alcuna prova che il dirottamento degli aiuti possa spiegare le restrizioni estreme e deliberate di Israele sugli aiuti umanitari salvavita.

Nella sua analisi, l’organizzazione ha preso in considerazione anche argomentazioni alternative, come quella secondo cui Israele avrebbe agito in modo sconsiderato o avrebbe semplicemente voluto distruggere Hamas e non si sarebbe preoccupato di distruggere i palestinesi nel processo, dimostrando un insensibile disprezzo per le loro vite piuttosto che un’intezione genocidaria.

Tuttavia, indipendentemente dal fatto che Israele consideri la distruzione dei palestinesi come strumentale alla distruzione di Hamas o come un sottoprodotto accettabile di questo obiettivo, questa visione dei palestinesi come oggetti e non degni di considerazione è di per sé prova di un’intezione genocidaria.

Molti degli atti illegali documentati da Amnesty International sono stati preceduti da funzionari che ne hanno sollecitato l’attuazione. L’organizzazione ha esaminato 102 dichiarazioni rilasciate da funzionari governativi e militari israeliani e da altri tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024 che disumanizzavano i palestinesi, invocavano o giustificavano atti di genocidio o altri crimini contro di loro.

Tra queste, Amnesty International ha identificato 22 dichiarazioni rilasciate da alti funzionari incaricati di gestire l’offensiva che sembravano invocare o giustificare atti genocidari, fornendo una prova diretta dell’intenzione genocidaria. Questo linguaggio è stato frequentemente replicato, anche dai soldati israeliani sul campo, come dimostrano i contenuti audiovisivi verificati da Amnesty International che mostrano soldati che lanciano appelli a “cancellare” Gaza o a renderla inabitabile e che celebrano la distruzione di case, moschee, scuole e università palestinesi.

Uccidere e causare gravi danni fisici o mentali

Amnesty International ha documentato gli atti di genocidio che hanno ucciso e causato gravi danni mentali e fisici ai palestinesi di Gaza, esaminando i risultati delle indagini condotte su 15 attacchi aerei tra il 7 ottobre 2023 e il 20 aprile 2024 che hanno ucciso almeno 334 civili, tra cui 141 bambini, e ferito centinaia di altri. Amnesty International non ha trovato alcuna prova che nessuno di questi attacchi fosse diretto a un obiettivo militare.

In un caso esemplificativo, il 20 aprile 2024, un attacco aereo israeliano ha distrutto la casa della famiglia Abdelal nel quartiere di Al-Jneinah, nella parte orientale di Rafah, uccidendo tre generazioni di palestinesi, tra cui 16 bambini, mentre stavano dormendo.

Sebbene questi rappresentino solo una frazione degli attacchi aerei di Israele, sono indicativi di un modello più ampio di ripetuti attacchi diretti contro civili e oggetti civili o di attacchi deliberatamente indiscriminati. Gli attacchi sono stati condotti in modo da causare un numero molto elevato di morti e feriti tra la popolazione civile.

Il rapporto documenta come Israele abbia deliberatamente inflitto ai palestinesi di Gaza condizioni di vita destinate a portare, nel tempo, alla loro distruzione. Queste condizioni sono state imposte attraverso tre schemi simultanei che hanno ripetutamente aggravato l’effetto degli impatti devastanti dell’uno e dell’altro: il danneggiamento e la distruzione delle infrastrutture vitali e di altri oggetti indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile; l’uso ripetuto di ordini di “evacuazione” di massa, generalizzati, arbitrari e confusi, per sfollare con la forza quasi tutta la popolazione di Gaza; la negazione e l’ostruzione della fornitura di servizi essenziali, dell’assistenza umanitaria e di altri rifornimenti salvavita a Gaza.

Dopo il 7 ottobre 2023, Israele ha imposto un assedio totale su Gaza, tagliando elettricità, acqua e carburante. Nei nove mesi esaminati per questo rapporto, Israele ha mantenuto un blocco illegale e soffocante, ha controllato strettamente l’accesso alle fonti di energia, non ha facilitato un accesso umanitario significativo all’interno di Gaza e ha ostacolato l’importazione e la consegna di beni salvavita e di aiuti umanitari, in particolare nelle aree a nord di Wadi Gaza. In questo modo hanno esacerbato una crisi umanitaria già esistente. Questo, unito agli ingenti danni alle case, agli ospedali, alle strutture idriche e igienico-sanitarie e ai terreni agricoli di Gaza e agli sfollamenti forzati di massa, ha causato livelli catastrofici di fame e ha portato alla diffusione di malattie a tassi allarmanti. L’impatto è stato particolarmente duro sui bambini piccoli e sulle donne incinte o che allattano, con prevedibili conseguenze a lungo termine per la loro salute.

Più volte Israele ha avuto la possibilità di migliorare la situazione umanitaria a Gaza, ma per oltre un anno si è ripetutamente rifiutato di prendere provvedimenti che erano palesemente in suo potere, come l’apertura di sufficienti punti di accesso a Gaza o l’abolizione delle rigide restrizioni su ciò che poteva entrare nella Striscia o l’ostruzione delle consegne di aiuti all’interno di Gaza, mentre la situazione è progressivamente peggiorata.

Attraverso i suoi ripetuti ordini di “evacuazione”, Israele ha sfollato quasi 1,9 milioni di palestinesi – il 90% della popolazione di Gaza – , alcuni dei quali fino a 10 volte, in sacche di terra sempre più ristrette e insicure, in condizioni disumane. Queste molteplici ondate di sfollamento forzato hanno lasciato molti senza lavoro e profondamente traumatizzati, soprattutto perché circa il 70% dei residenti di Gaza sono rifugiati o discendenti di rifugiati le cui città e villaggi sono stati ripuliti etnicamente da Israele durante la Nakba del 1948.

Nonostante le condizioni siano diventate rapidamente inadatte alla vita umana, le autorità israeliane si sono rifiutate di prendere in considerazione misure che avrebbero protetto i civili sfollati e garantito il soddisfacimento dei loro bisogni primari, dimostrando che le loro azioni erano deliberate.

Si sono rifiutate di permettere agli sfollati di tornare alle loro case nel nord di Gaza o di trasferirsi temporaneamente in altre parti dei Territori palestinesi occupati o in Israele, continuando a negare a molti palestinesi il diritto di tornare, secondo il diritto internazionale, nelle aree da cui erano stati sfollati nel 1948. Lo hanno fatto sapendo che per i palestinesi di Gaza non c’era alcun luogo sicuro in cui fuggire.

Responsabilità per il genocidio

“Il vergognoso fallimento della comunità internazionale per oltre un anno nel fare pressione su Israele per porre fine alle sue atrocità a Gaza, prima ritardando gli appelli per un cessate il fuoco e poi continuando i trasferimenti di armi, è e rimarrà una macchia sulla nostra coscienza collettiva”, ha dichiarato Agnès Callamard.

“I governi devono smettere di fingere di essere impotenti a porre fine a questo genocidio, reso possibile da decenni di impunità per le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele. Gli Stati devono andare oltre le semplici espressioni di rammarico o sgomento e intraprendere un’azione internazionale forte e sostenuta, per quanto scomoda possa essere la constatazione di un genocidio per alcuni alleati di Israele”.

“I mandati di arresto emessi il mese scorso dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) nei confronti del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dell’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità offrono una speranza concreta di ottenere una giustizia a lungo attesa per le vittime. Gli Stati devono dimostrare il loro rispetto per la decisione della Corte e per i principi universali del diritto internazionale arrestando e consegnando i ricercati dalla CPI.

“Chiediamo all’Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) di prendere urgentemente in considerazione l’aggiunta del genocidio all’elenco dei crimini su cui sta indagando e a tutti gli Stati di utilizzare ogni via legale per assicurare i responsabili alla giustizia. A nessuno dovrebbe essere permesso di commettere un genocidio e rimanere impunito”.

Amnesty International chiede inoltre che tutti gli ostaggi civili siano rilasciati senza condizioni e che Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi responsabili dei crimini commessi il 7 ottobre siano chiamati a risponderne.

L’organizzazione chiede inoltre che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite imponga sanzioni mirate contro i funzionari israeliani e di Hamas maggiormente implicati in crimini di diritto internazionale.

Il contesto

Il 7 ottobre 2023 Hamas e altri gruppi armati hanno lanciato indiscriminatamente razzi nel sud di Israele e vi hanno compiuto deliberatamente uccisioni di massa e prese di ostaggi, uccidendo 1.200 persone, tra cui oltre 800 civili, e rapendo 223 civili e catturando 27 soldati. I crimini perpetrati da Hamas e da altri gruppi armati durante questo attacco saranno al centro di un prossimo rapporto di Amnesty International.

Dall’ottobre 2023, Amnesty International ha condotto indagini approfondite sulle molteplici violazioni e crimini di diritto internazionale commessi dalle forze israeliane, tra cui attacchi diretti contro civili e oggetti civili e attacchi deliberatamente indiscriminati che hanno ucciso centinaia di civili, oltre ad altri attacchi illegali e punizioni collettive contro la popolazione civile. L’organizzazione ha chiesto all’Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale di accelerare le indagini sulla situazione nello Stato di Palestina e si batte per un immediato cessate il fuoco.

L’intervista di Radio Onda d’Urto a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia Ascolta o scarica

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