Gli europei di calcio che si aprono il 10 giugno per il governo francese sono prima di tutto una questione di ordine pubblico: misure di «guerra», 90 mila uomini schierati e muri metallici a difesa del torneo. Hollande in caduta libera spera nella vittoria dei Bleues. Ma intanto punta sulla «sicurezza»
Alla fine i problemi maggiori potrebbero venire da un conflitto sociale tutto interno al paese: gli scioperi nei trasporti annunciati da Cgt e Force Ouvrière per proseguire la mobilitazione contro la loi travail, che potrebbero mettere in ginocchio la Francia proprio nei giorni di avvio della competizione.
Resta il fatto che la sfida principale di Euro 2016, gli europei di calcio che debutteranno il 10 giugno a Parigi per concludersi un mese più tardi, è per le autorità francesi prima di tutto questione di ordine pubblico.
L’eco degli attentati di novembre, compiuti anche allo Stade de France di Saint Denis, e la scoperta che i terroristi passati in azione a Bruxelles lo scorso 22 marzo volevano in un primo tempo colpire nuovamente la Francia proprio nei giorni delle gare, sta rendendo via via sempre più tesa questa vigilia. Se a questo si aggiungono le parole del capo dell’Europol, Rob Wainwright che guarda «con molta preoccupazione ai prossimi Europei perché sono un obiettivo attraente per i terroristi dell’Isis» e, anche se non specifico, l’allarme del Dipartimento di Stato Usa, si può comprendere quale sia lo stato d’animo dominante a Parigi.
Al punto che proprio i rischi connessi a Euro 2016 sono stati uno dei motivi addotti di recente dall’esecutivo socialista per proporre un prolungamento di quell’état d’urgence, decretato all’indomani degli attentati di Parigi. Secondo il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, la competizione rappresenta infatti «un rischio reale», di fronte al quale «non possiamo permetterci il lusso di sentirci al riparo, di considerare che il pericolo che ha giustificato la proclamazione dello stato di emergenza, sia davvero scomparso».
Con oltre 3 milioni di spettatori previsti negli stadi delle città coinvolte, oltre quello di Saint-Denis dove si giocheranno sia la partita d’apertura che la finalissima, quelli di Marsiglia, Lione, Lille, Bordeaux, Nizza, Saint-Etienne, Lens e Tolosa, e un pubblico televisivo dieci volte più numeroso, Euro 2016 rappresenterà però anche una straordinaria vetrina per la leadership del paese. Non a caso, come ha notato Le Monde, lo stesso François Hollande, da tempo in caduta libera quanto ad indici di popolarità, ha già annunciato che sarà presente, oltre che all’inaugurazione e alle finali, a numerosi incontri, comprese tutte la partite dei Bleues.
Hollande spera forse di ripetere l’exploit del 1998 quando la nazionale di Zizou Zidane si aggiudicò i mondiali, che si disputavano in Francia, e la politica, a cominciare dal presidente Jacques Chirac, cercò di trarre dal clima euforico del momento una sorta di indiretta legittimazione popolare. Qualcosa che a lui, che ha di fronte un paese demoralizzato e sempre più ostile, tornerebbe oggi piuttosto utile.
In attesa di un possibile rimbalzo politico di una vittoria della nazionale, è però l’immagine della sicurezza che le istituzioni intendono incarnare.
Impressionante l’apparato di uomini e mezzi messo in campo. Ben 90mila, tra agenti e soldati, gli effettivi schierati a protezione degli stadi e degli «obiettivi sensibili» disseminati nelle città che ospiteranno le gare. Uno sforzo che ha richiesto di concentrare una parte importante delle risorse degli Interni: oltre 30mila agenti normalmente utilizzati in strada o nei commissariati, più 10mila provenienti dalla sola prefettura di Parigi, 5000 dagli uffici di frontiere e dogane, 3000 «celerini» delle Crs, 3000 gendarmi. Questo, oltre a 15mila militari specializzati in esplosivi, armi chimiche e nel pronto intervento: in diverse città sono già state effettuate esercitazioni «miste» con la simulazione di attentati compiuti tra la folla dei tifosi.
Al vertice, non solo simbolico, di questa piramide di uomini in divisa c’è poi il Groupe d’intervention de la Gendarmerie nationale, Gign, le teste di cuoio delle forze dell’ordine. In questi giorni di addestramento intenso gli elicotteri del Gign sfrecciano nel cielo della capitale francese, mentre i mirini laser dei fucili di precisione degli agenti inseguono sagome immaginarie lungo i boulevard.
Il quotidiano sportivo L’Equipe ha sintetizzato il ruolo determinante affidato a questa unità d’élite con una copertina che mostra un agente con il caratteristico passamontagna nero mentre prende la mira da un elicottero in volo sullo Stade de France e il titolo «Face à la menace». Quasi un’evocazione dello scenario peggiore: quello di un attacco terroristico in piena regola. Eppure, la sfida con cui misurarsi potrebbe essere di tutt’altra natura.
Malgrado la minaccia jihadista non vada presa alla leggera, con il passare dei giorni e l’avvicinarsi dell’inizio delle partite, molti esperti sottolineano infatti come a fronte di queste misure di «guerra», poco e male si sia invece fatto per prevenire quello che è un rischio già annunciato: il ritorno sulla scena degli hooligans.
Tra i 24 paesi in gara ve ne sono alcuni che si segnalano da tempo per l’estrema violenza di una parte dei loro supporter, spesso legati anche a movimenti xenofobi, neonazisti o ultranazionalisti. È il caso di Russia, Polonia, Ucraina, Croazia, Ungheria e Turchia, ma non si deve sottovalutare anche la recrudescenza del fenomeno in paesi anch’essi presenti al campionato europeo a partire da Gran Bretagna, Germania e Belgio.
I segnali di pericolo arrivati negli ultimi tempi sono in questo senso evidenti. Limitata e fortemente repressa, soprattutto a Ovest, nelle competizioni locali principali, la violenza, spesso a sfondo razzista, ha fatto la sua ricomparsa in occasione dei match internazionali o nelle “coppe” ritenute meno significative. È il caso dell’Europa League che solo lo scorso anno ha fatto registrare una lunga serie di aggressioni e di atti di razzismo di cui si sono resi protagonisti i tifosi della Dynamo Kiev, Feyenoord di Rotterdam, Standard Liegi, Legia Varsavia, Dynamo Mosca. In alcuni casi però anche nella più blasonata Champions i supporter del Chelsea di Londra piuttosto che del Cska di Mosca si sono fatti notare per le proprie azioni a carattere razzista.
Se la situazione dei paesi dell’Europa centro-orientale resta da questo punto di vista la più inquietante, con morti e feriti praticamente a ogni campionato, cresce la politicizzazione a destra e in senso anti-musulmano anche a occidente, con la recente nascita tra Germania e Olanda del cosiddetto circuito degli «hooligans contro i salafiti», fenomeno di cui si è avuto traccia di recente anche a Bruxelles con la marcia dei Casuals Against Terrorism che hanno cercato di attaccare una manifestazione antirazzista. Non solo. Alla vigilia delle gare francesi, il tabloid britannico Daily Mail ha dà voce a gruppi di hooligans che annunciano propositi bellicosi. Ipercontrollati in patria, i tifosi più violenti della Gran Bretagna sono soliti rifarsi nelle trasferte all’estero: proprio nei mondiali del 1998 furono all’origine di una serie di aggressioni razziste a Marsiglia.
Così, mentre le preoccupazioni generali si concentrano soprattutto sulle cosiddette fan-zones, le aree esterne agli stadi dove i supporter potranno seguire le partite su schermi giganti, a Parigi nella zona del Campo di Marte a due passi della Tour Eiffel, il ricercatore dell’università di Manchester Geoff Pearson avverte: «Il rischio di violenze serie è reale. Il pericolo legato a una reazione eccessiva della polizia o al moltplicarsi di atti di razzismo che conducano a un’escalation di scontri, fa parte delle possibilità. Esattamente come i pericoli derivanti dal terrorismo, anche il numero di supporter a rischio è aumentato con il passare degli anni». E, da questo punto di vista, le misure assunte fino a questo momento sembrano addirittura controproducenti.
Il «muro» di barriere metalliche alte poco meno di tre metri costruito per ridurre i varchi d’accesso e favorire il controllo di ogni singono spettatore da parte della polizia, inaugurato il 21 maggio allo Stade de France in occasione della finale della Coppa di Francia tra Paris-Saint-Germain e Olympique di Marsiglia, in quella che doveva essere una sorta di «prova generale» delle misure di sicurezza, è apparso tutt’altro che efficace. Non ha comunque evitato gli scontri diretti tra tifoserie, né che allo stadio entrassero bombe carta, fumogeni e qualche arma impropria, mentre ha bloccato centinaia di spettatori, stretti in una calca pericolosa e con il vento dei lacrimogeni a sfavore. Più che un calcio d’inizio si è trattato di una vera e propria bagarre.
da il manifesto