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Kanaky: il fuoco resta acceso

Mentre in Nuova-Caledonia la situazione rimane tesa, qualche timido segnale di solidarietà con i nativi arriva anche dall’Esagono

di Gianni Sartori

Al rientro dal suo breve soggiorno in Nuova-Caledonia (un giorno) il presidente francese aveva colto l’occasione per rallegrarsi di come venivagestito il controllo delle proteste contro la riforma elettorale (perniciosa per i nativi) scoppiate il 13 maggio. Sottolineando il fatto che “i nostri gendarmi e poliziotti non hanno ucciso nessuno”. Ma i fatti, già il giorno dopo, purtroppo lo smentivano.

A Dumbéa un manifestante veniva ucciso dalle forze dell’ordine.

Chissà? Forse dall’aereo che lo riportava a Parigi, Macron aveva potuto anche scorgere gli incendi scoppiati nel quartiere di Kaméré (Nouméa) mentre una quarantina di persone venivano evacuate via mare. Inoltre, almeno nellearee dove il movimento indipendentista è più presente, le principali strade rimanevano bloccate.

Presumibilmente l’oltre mezza dozzina di vittime accertate dei giorni precedenti erano la conseguenza degli scontri tra una sorta di nuovi barbouzes, i “lealisti” filofrancesi, discendenti dei coloni (inevitabile un’analogia con le milizie paramilitari protestanti dell’Irlanda del Nord) e i gruppi indipendentisti nativi.

Per un portavoce dei manifestanti, il numero delle persone che hanno perso la vita dal 13 maggio sarebbe comunque superiore a quanto dichiarato da Louis Le Franc (alto- commissario in Nuova-Caledonia).

Anche se le mobilitazioni in Francia riguardano soprattutto la questione palestinese, non sono mancate iniziative di solidarietà con i Kanak.

La settimana scorsa (per la precisione il 22 maggio) a Marsiglia un centinaio di giovani riuniti nel Coordinamento della gioventù del sud per la Palestina, assieme agli studenti di Aix-Marseille-Université (AMU), avevano occupato l’anfiteatro della facoltà Saint-Charles. A sostegno, come avevano rivendicato, sia della Palestina che dei Kanak.

Il giorno dopo, i circa cinquanta manifestanti rimasti all’interno dell’edificio (dopo essere stati a lungo “osservati e filmati”) venivano circondati da un centinaio di poliziotti. Placcati, sbattuti a terra, talvolta calpestati sulle mani, (oltre che insultati, malmenati, identificati e interrogati, stando a quanto riportava un comunicato studentesco). Ponendo quindi termine alla breve occupazione.

 

 

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