Dopo i recenti “disordini” in Nuova Caledonia, la destra di origine coloniale propone un modello “separatista” dal sapore vagamente sudafricano.
di Gianni Sartori
Ovviamente qualcuno lo ha immediatamente paragonato alla logica dello “sviluppo separato” degli afrikaner (l’apartheid). Volendo si poteva evocare anche un fumoso progetto dei “lealisti” protestanti (UDA, UVF…) che – nel secolo scorso – ipotizzavano l’indipendenza delle Sei contee (impropriamente denominate “Ulster” visto che delle nove originarie tre erano andate alla Repubblica irlandese). O anche Santa Cruz in Bolivia, il Katanga in Congo…
Insomma il separatismo dei benestanti diretti discendenti dei colonizzatori (o comunque al loro servizio, v. Ciombé in Katanga). Per cui quella di Sonia Backés (ex secrétaire d’État à la Citoyenneté dal 2022 al 2023) e attuale Presidente della provincia Sud) appare più che altro una provocazione politica, a scopo propagandistico. Per galvanizzare la sua base elettorale. In genere piuttosto oltranzista nei confronti della popolazione indigena (diciamo pure radicalmente di destra).
Il 14 luglio (riprendendo quanto già affermato in una intervista a Le Monde) Sonia Backès ha ribadito che “il progetto di una Nuova Caledonia istituzionalmente unita e fondata sul vivere insieme, gli uni con gli altri (indigeni e originari dell’Esagono nda) è finito”.
E calcando la mano: “Così come l’olio e l’acqua non si mescolano, devo constatare che tra il mondo kanak e quello occidentale, nonostante più di 170 anni di vita in comune, persistono antagonismi non superabili”.
Proseguiva criticando le modalità della vita sociale dei kanak e in particolare il loro rapporto con le donne. Senza peraltro entrare più di tanto nel merito delle contraddizioni in cui viene fatalmente a precipitare una comunità colonizzata e oppressa (quelle dei kanak ovviamente). Definisce i loro “sistemi politici” come “feudali” (sta forse per “primitivi” ?) Mentre quello dei bianchi sarebbe “democratico” (e te pareva?!?).
Pur riconoscendo – bontà sua – che “i due campi contrapposti sono entrambi persuasi di difendere legittimamente i loro valori”.
Arrivando quindi alla scontata conclusione: l’autonomisation di ciascuna delle tre province della Nouvelle-Calédonie.
Attualmente Sonia Backès presiede la provincia del Sud, quella abitata in prevalenza dai caldoches, i discendenti dei colonizzatori europei (compresi i deportati).
Il progetto, secondo la Backès, costituirebbe “una opportunità per la costruzione di diverse entità distinte per quanto complementari (intende forse che ai nativi sarebbe comunque garantito un ruolo di forza lavoro subalterna ? nda)così che ciascun popolo possa infine fiorire (tocco poetico nda) secondo le proprie aspirazioni”.
Va sottolineato che perfino un “lealista moderato” come Philippe Gomés l’ha apertamente contestata evocando lo spettro dell’apartheid sudafricano del secolo scorso.
Nel frattempo, dopo gli scontri di mesi scorsi, la situazione appare stagnante, quella di una “calma apparente”. Con l’arcipelago immerso in una evidente crisi sia economica che politica e sociale.
Nonostante il progetto di riforma costituzionale del governo francese sia stato – almeno per ora – sospeso, il 10 luglio si è registrata un’altra vittima.
Un ricercato per la recente ribellione, Rock Victorin Wamytan (38 anni), parente di un leader kanak, è stato ucciso dal fuoco della polizia.
Rimangono ancora in carcere cinque militanti indipendentisti dei sette trasferiti nelle prigioni del Continente. Tra cui Christian Tein, esponente della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT) ritenuto uno dei maggiori fomentatori dei “disordini” e rinchiuso in cella d’isolamento nel carcere di Mulhouse-Lutterbach.
Invece Frédérique Muliava (già a capo del gabinetto del presidente del Congrès de Nouvelle-Calédonie) e Brenda Wanabo-Ipeze, rinchiuse rispettivamente a Riom e a Dijon, sono uscite dal carcere (rimanendo agli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico) il 10 luglio.
Mentre ufficialmente le barricate erano state tutte demolite liberando le strade sull’intero territorio, in realtà alcune sarebbero state già ripristinate più di una volta. Anche in questi ultimi giorni, in particolare nel nord.
È quindi probabile che rimangano in vigore il copri-fuoco e la proibizione di vendita di armi e alcolici.
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