Il Kurdistan del sud tra incendi e guerra chimica (per opera della Turchia)
Un video diffuso recentemente sembra confermare quanto si vociferava da tempo. Ossia che l’esercito turco – oltre che di droni, aerei e bombe – fa uso di sostanze chimiche, gas proibiti dalla Convenzione di Ginevra.
Contro i curdi, ca va sans dire.
Non è una novità naturalmente. Ankara lo fa – impunemente – da qualche decennio. Ora – per la precisione dai primi di giugno – anche nel Kurdistan del Sud (nord dell’Iraq), soprattutto per colpire i tunnel scavati dai guerriglieri.
Le immagini del video realizzato da elementi delle HPG (Hêzên Parastina Gel – Forze di Difesa del Popolo, braccio armato del PKK) si riferiscono alla zona di Werxelê (regione di Avasin) e appunto mostrano in maniera evidente la fuoriuscita dei gas dai tunnel dove si riparano i combattenti curdi.
Da due mesi Ankara cerca – finora invano – di impadronirsi delle aree montagnose controllate dai guerriglieri. A quanto sembra per ottenere i suoi scopi non si fa scrupolo di commettere crimini di guerra. Stando ai dati forniti dalla resistenza curda, in questi due mesi i gas (di vario genere) sarebbero stati utilizzati decine di volte.
Quello dei gas è solo un elemento della guerra pressoché totale – praticamente di sterminio – condotta da Erdogan sia contro i curdi che contro la natura del Kurdistan.
Un’associazione ambientalista curda quantifica in più di un milione e trecentomila dunum (unità di misura corrispondente in genere a mille metri quadri, ma che in Iraq può corrispondere a 2500 metri quadri) le aree boschive incenerite dal fuoco. Praticamente il 35% delle foreste del Kurdistan del Sud.
Distruggere l’ambiente naturale, incendiare le foreste, bombardare le montagne… rientra a pieno titolo nelle pratiche criminali – propedeutiche al genocidio – adottate da Ankara per risolvere manu militari la questione curda.
Ricordiamo che dal 2015 al 2019 l’aviazione turca ha bombardato – devastandolo – il Kurdistan del Sud circa 700 volte. E nel solo 2020 già altre 300 volte.
Oltre a causare morti e feriti, gli attacchi hanno costretto migliaia di persone a fuggire altrove. Incalcolabili poi i danni subiti dall’agricoltura e dalla fauna locale.
per esempio i recenti bombardamenti sulla regione di Bencewin avevano innescato rovinosi incendi che hanno ridotto in cenere centinaia di campi con la produzione agricola indispensabile per la sopravvivenza delle persone.
Di fronte a questa aperta violazione della sovranità nazionale, il sostanziale silenzio adottato dalle autorità curde locali (sia del governo che del Parlamento del Kurdistan del Sud) appare quantomeno criticabile (se non addirittura vergognoso).
Gianni Sartori