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La “certificazione” del crollo dell’agire pubblico/politico in Italia. I dati dell’osservatorio sulla sicurezza

Ecco come Ilvo Diamanti racconta la “certificazione” del crollo dell’agire pubblico/politico in Italia. Ovviamente i risultati del sondaggio possono essere considerati discutibili, ma sostanzialmente è evidente che a forza di lockdown e gestione poliziesca-militare della pandemia la vita pubblica e politica s’è abbondantemente rarefatta … questo era di fatto l’intento di tale gestione della pandemia, obiettivo riuscito …Ma questo non perché come scrive Diamanti saremmo approdati a una società “sicuramente insicura” a una “società senza storia”. Perché “il passato è passato e il futuro non si vede” … una “società sospesa”. Se è certo che il governo poliziesco-militare della pandemia ha realizzato il suo scopo questo non esclude per nulla che la maggioranza della popolazione non vede l’ora di riconquistare SOCIALITA’ e quindi riprendere la vita pubblica e politica (come si vede non appena c’è apertura di movimento…)

 

I dati dell’osservatorio sulla sicurezza

Più soli con il Covid, crolla l’impegno in politica e volontariato

Secondo l’Osservatorio sulla Sicurezza tutti i dati sulla partecipazione in attività “sociali” sono in calo a partire da inizio 2020 con la pandemia. Solo un italiano su dieci ha aderito a impegni di partito, uno su quattro alla vita associativa. Ridotte le iniziative di protesta sul territorio: hanno interessato solo il 20% dei cittadini

Tutti sperano che la pandemia finisca presto. Ma siamo consapevoli, al tempo stesso, che lascerà conseguenze profonde non solo sulla nostra salute e sul sistema sanitario. Ma sulla nostra vita. Personale e pubblica. Sulla realtà politica, sulla democrazia, come abbiamo già osservato. E sulla società. Perché la società è un tessuto di “relazioni inter-personali“ e di “azioni personali”. Molti di noi, in tempi normali, dedicano una parte del loro tempo a iniziative ed esperienze di partecipazione. Di impegno civile, comunitario. Di espressione e ricreazione. Si tratta di pratiche necessarie a costruire e riprodurre la società. Perché “partecipare” significa “prendere parte”.

Senza partecipazione non c’è società, ma solo una somma di individui. Racchiusi, talora: chiusi e perfino rinchiusi, nel loro ambiente “privato”. Insieme ai familiari e a pochi amici. Per questo occorre prestare attenzione al declino della partecipazione. E, con velocità crescente, dall’inizio del 2020. Cioè, dall’avvento del Covid.

I dati dell’Osservatorio sulla Sicurezza, curato da Demos per la Fondazione Unipolis, offrono un profilo chiaro – e inquietante – di questa tendenza. Tutte le principali forme di partecipazione appaiono in calo, soprattutto dopo il biennio elettorale 2018-19. Questo fenomeno, però, non riguarda solo – e soltanto – le iniziative “politiche”. Si allarga, invece, a tutti i settori. A partire dal volontariato. E coinvolgono le organizzazioni che operano in ambito culturale, sportivo e ricreativo. Le esperienze più “partecipate”, che accompagnano tutti i contesti. E tutte le età. Nell’ultimo anno e mezzo, cioè: dalla fine del 2019, la partecipazione è crollata. In ambito politico: risulta sparita. Infatti, “ammette” di averla praticata, anche una sola volta nel corso dell’anno, meno del 10% degli italiani (intervistati).

Lo stesso orientamento emerge per le “manifestazioni pubbliche di protesta”. Ciò non significa che non vi siano più mobilitazioni. Di certo non mobilitano le “masse”. E per ottenere visibilità sui media e sui social, adottano azioni e “parole” appariscenti. Anche la partecipazione a iniziative collegate ai problemi locali e del territorio, nell’ultimo anno e mezzo, si è ridotta sensibilmente. Praticamente, dimezzata: da 38% al 20%. Com’è avvenuto nel “volontariato sociale”, che vede la partecipazione scendere dal 44% al 24%. Oggi, nel sondaggio dell’Osservatorio sulla Sicurezza di Demos-Fondazione Unipolis, quasi 6 italiani su 10 (il 57%) afferma di non aver partecipato ad alcuna attività pubblica e sociale.

È una dinamica che appare particolarmente “dinamica”, in rapida accelerazione, negli ultimi mesi. Dunque, nel 2021. Una dinamica che rende più “statica” la società. Ovviamente, si tratta di un orientamento tutt’altro che in-giustificato e in-comprensibile. Al contrario. Visto che quasi 9 italiani su 10 (oggi: l’85%) si dicono (abbastanza o molto) preoccupati dalla diffusione del Covid. D’altronde, l’andamento del contagio e dei decessi resta molto elevato, come sottolineano i “bollettini” che si susseguono, ogni giorno. Senza sosta. Perché la paura non fa solo paura. Ma anche spettacolo. Comunque: ascolti elevati.

Tuttavia, non possiamo sottovalutare il significato – ed effetti – di questa tendenza sul piano sociale. Perché la paura del Covid può indebolire e di erodere le basi stesse della società. Il sistema di relazioni fra le persone. L’impegno nella vita pubblica. I legami di solidarietà. Più semplicemente, i rapporti con gli altri.

E “confonde” la nostra identità, che si forma con-vivendo, vivendo insieme, con-dividendo: valori, esperienze. Le stesse paure. Si tratta di un percorso insidioso per tutti, che procede in modo particolarmente veloce al crescere dell’età. Fra i più giovani gli indici di partecipazione sono calati, ma in misura molto ridotta rispetto agli adulti e agli anziani. I settori maggiormente colpiti dalla pandemia, fino a qualche mese fa. Prima che il Covid si diffondesse anche fra i giovani.

Fra coloro che superano i 65 anni, la vita associativa e sociale appare “rarefatta”. Comprensibilmente, perché la prudenza si somma ai problemi e ai timori imposti dall’età. Tuttavia, nella società italiana, demograficamente, la più “vecchia” in ambito europeo, il sondaggio di Demos-Fondazione Unipolis disegna una cornice “sicuramente insicura”. Racconta la storia di una società “ancorata al presente”. Anzi, “all’immediato”. Tratteggia, dunque, una “società senza storia”. Perché “il passato è passato e il futuro non si vede”.

Così, viviamo, in un “tempo sospeso”. In una “società sospesa”. Per questo è importante osservare e contrastare l’impatto del Covid, sotto il profilo sanitario e della salute. Ma senza trascurare le conseguenze sulla vita pubblica. Sulle relazioni interpersonali. Per non ritrovarci, in un futuro (speriamo) prossimo, liberi dal Virus. Ma soli. Senza società. E senza futuro.

Ilvo Diamanti

Da “la Repubblica” 9 Maggio 2021