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La curva come soggetto: il caso tarantino

Il libro Sul tifare il Taranto. Indagine etnosemiotica intorno a una disaffezione (Società editrice Esculapio, pp. 208) è il risultato della ricerca condotta da Michele Dentico e promossa dall’Università di Bologna sul fenomeno del tifo calcistico organizzato nella città pugliese

Sul tifare il Taranto. Indagine etnosemiotica intorno a una disaffezione è un’interessante ricerca di Michele Dentico promossa dalla facoltà di semiotica dell’Università di Bologna e pubblicata di recente. Proprio mentre il fenomeno ultras, tra l’omicidio di Fabrizio Piscitelli alias Diabolik e l’irrigidimento delle pene per reati da stadio introdotto dal Decreto sicurezza bis, è tornato agli onori delle cronache dei principali quotidiani nazionali. Lo studio apre importanti interrogativi e prova a fornire risposte, seppur parziali, sugli elementi che caratterizzano la fruizione del calcio e le sue rappresentazioni, su come le misure repressive incidano sul piacere di andare allo stadio e sugli effetti delle pratiche discorsive relative al tifo organizzato. L’attenzione si concentra su una singola città: Taranto.

L’autore del volume è un ricercatore indipendente i cui interessi spaziano dalle culture da stadio ai riti collettivi legati alla musica elettronica, dalle modalità di utilizzo dei social network alle manifestazioni politiche di piazza. La sua è una prospettiva interdisciplinare che contamina l’etnosemiotica con la sociologia e l’antropologia e assume una prospettiva che dà priorità ai soggetti protagonisti delle diverse pratiche sociali.

Nelle oltre duecento pagine della ricerca, Dentico descrive i numerosi sensi che vengono conferiti al tifare il Taranto, «nonostante la profonda disaffezione che pervade l’ambiente». Il suo è il primo studio della comunità dello Iacovone, dal cognome di Erasmo, centravanti rossoblù scomparso nel 1978 a soli 26 anni e unica vera bandiera della squadra, a cui è intitolato lo stadio.

Scrive l’autore, presentando un lavoro di analisi e studio durato due anni: «All’inizio della stagione 2016/17, quando questa ricerca era ancora in fase embrionale, il Taranto viene ripescato in Lega Pro e fa ritorno nel calcio professionistico, dopo ben quattro campionati disputati nei dilettanti». È in quel momento che lo stadio rivela la presenza un modello di organizzazione, l’esistenza di un corpo collettivo strutturato: la Curva Nord come soggetto. Una delle prove di questo fenomeno è il contenuto di un volantino distribuito all’epoca dal “direttivo Curva Nord Taranto” in vista della nuova stagione calcistica. Il testo comunica una sorta di codice comportamentale ultras, con diversi punti programmatici: boicottaggio della normativa sulla tessera del tifoso; invito a non usare telefoni cellulari durante la partita per la realizzazione di video e foto; divieto di comportamenti e cori razzisti e maschilisti e di «azioni ultras parallele».

È a simili fatti sociali, analizzati nel loro dispiegarsi, che Dentico pone attenzione. Al registro linguistico delle tifoserie che «prende ampiamente spunto dal registro bellico». Al simbolismo che richiama l’industria della guerra: l’utilizzo dei tamburi per motivare i militanti, le bandiere alzate al vento, la presenza di stendardi. Ciò che rende particolarmente interessante la ricerca, anche dal punto di vista politico-sociale oltre che da quello etnosemiotico, è l’analisi del calcio e soprattutto del tifo organizzato come un dispositivo: un insieme di relazioni, interessi e passioni.

Nel solco di Valerio Marchi

L’autore considera il gioco del calcio un fenomeno altamente complesso e caratterizzato da un sistema di regole condivise da una comunità ampissima, capace di «travalicare qualsiasi confine, genere e linguaggio parlato e la cui messa in pratica comporta la definizione di nuove territorialità all’interno di un frame culturale che si specchia nello schema tipico della battaglia». Ed è su questo piano che Michele Dentico colloca a pieno titolo la sua ricerca nell’ambito degli studi condotti negli anni passati dal sociologo romano Valerio Marchi, che nei primi anni del 2000 rilevava nel calcio «un sistema integrato di interessi e relazioni incentrate su una passione». In altri termini, ciò che Dentico si propone di fare attraverso le pagine di Sul tifare il Taranto non è (per sua stessa ammissione) spiegare un fenomeno complesso come il tifo negli stadi, né raccontare una delle subculture ultras esistenti in Italia e, neppure, come questa si manifesti nella specificità tarantina. Piuttosto, è interessato a «descriverne i movimenti e le funzioni semiotiche che gli attori empirici mettono in atto socialmente e intersoggettivamente all’interno di uno spazio denso». Detto in altre parole: come si muovono, parlano, interagiscono, singolarmente e collettivamente gli ultras e i tifosi del Taranto all’interno dello stadio e nella città.

Lo stadio Iacovone come polis

Il campo da gioco è considerato dall’autore «non tanto il tempio del tifo, cioè luogo del raccoglimento passivo, quanto una polis, dai confini chiari e dall’ethos forte». In sostanza, Dentico ritiene gli spalti tarantini una vera e propria agorà in cui una comunità, che secondo alcuni storici locali è «contraddistinta da un’atavica passività», dialoga, agisce, pratica conflitto e si esprime, trovando spazi semiotici di auto rappresentazione.

Qui è la cronaca più recente a dare un’altra conferma all’ipotesi suddetta. Domenica 18 agosto in occasione della partita amichevole con il Fasano, la Curva Nord tarantina ha dedicato un vero e proprio tripudio alla giornalista Nadia Toffa, ricordandone l’impegno nel raccontare (ma non solo) la drammatica vicenda sanitaria che attanaglia il territorio: la questione dell’Ilva.

Per Dentico «la pratica di tifo e fruizione dello Iacovone apre a nuove modalità di interiorizzazione ed espressione collettiva delle problematiche, come anche di dialogo, tra le varie anime che la vivono». Dunque, in una città in cui si fatica a trovare la sintesi tra le diverse rivendicazioni sociali, occupazionali, sanitarie, la curva appare l’unico soggetto unito nella sua dimensione collettiva.

Gaetano De Monte

da DinamoPress